dopo Saviano non vorremmo proprio che anche Vendola…
Al Congresso nazionale delle Associazioni Italia-Israele di Bari sembra che tutti siano concordi: basta guardare ad Israele nell’ottica dell’occupazione, della colonizzazione e dell’apartheid! E’ tempo di cambiare gli occhiali e di “ guardare alla realtà dell’unica democrazia del medioriente in modo più complessivo ed organico”.(La Stampa 21 ottobre 2010). Ha pienamente concordato con questa dichiarazione del presidente nazionale l’assessore al Mediterraneo, Cultura e Turismo della Regione Puglia, Silvia Godelli.
La “chiarezza” dell’impostazione di questo Congresso di Bari era espressa fin dal tema del Congresso: “CON ISRAELE, CON LA RAGIONE”.
E per confermare il proposito del giornale “La Stampa” che ha sostenuto il Congresso proponendosi di “trattare le notizie con equilibrio e razionalità”, sappiate chi erano i relatori: Claudio Pagliara, corrispondente Rai da Gerusalemme, che “ha messo a fuoco scenari concreti” (sigh!), così come hanno fatto Marco Reis, “esperto di manipolazioni dell’informazione” (chissà a chi si riferiva…), Angelo Pezzana, ideatore del sito “Informazione corretta” (il sito che ha lanciato la campagna contro il Sinodo dei Vescovi, “ostaggio degli arabi e antiebraico”) e –dulcis in fundo– Fiamma Nirenstein, vice presidente della Commissione Esteri della Camera. Come poi siamo tristemente abituati, ci pensa la sinistra italiana a lavorare per rafforzare il regime di apartheid: Giacomo Filibeck del dipartimento Esteri del Partito Democratico ha avuto “il compito di tratteggiare prospettive future”.
Ed infine… infine vorremmo davvero avere la possibilità di incontrare Nichi Vendola, questo grande uomo che si sta davvero lasciando ‘torchiare’ dalla questione della pace e della giustizia. Vorremmo camminare con lui nei getsemani di oggi, in tutti quei luoghi della Palestina occupata che davvero racchiudono la sofferenza, la solitudine e la paura dei tanti innocenti che si trascinano addosso una vita disumana a causa di quell’occupazione militare che Nichi, pur così attento a entrare empaticamente nelle vicende ‘intricate’ del conflitto israelo-palestinese, ha purtroppo evitato anche di pronunciare nel discorso introduttivo e in quello finale del Sel:
“Tra i nodi appesi di questo mondo carico di incognite c’è ancora quello che abbiamo di fronte a noi, nel cuore di questo mediterraneo, tra quegli uliveti meravigliosi, vicino ai luoghi del nostro immaginario, della nostra spiritualità, vicino ai Getsemani; là intorno ancora oggi vivono due tragedie: la tragedia del popolo palestinese, la tragedia di un popolo che cerca disperatamente di affermare il proprio diritto ad avere una terra, una patria, e noi non possiamo mai dimenticare, e mai abbandonare alla propria solitudine, quel meraviglioso popolo: dobbiamo sempre sentirci accanto! ma di fronte, di fronte a quella questione irrisolta, c’è un’altra questione, che dobbiamo guardare con un’attenzione assoluta, con un’attenzione profonda, capaci di ascoltare, che è: l’angoscia che Israele, i suoi cittadini, che il suo popolo vive, della distruzione – badate: la distruzione di Israele non è un’invenzione propagandistica, è percepita dentro quella realtà e anche dentro le diaspore ebraiche in giro per il mondo, come una minaccia concreta – allora non si tratta minimamente di essere equidistanti, si tratta di costruire un incastro tra beni fondamentali: il bene del diritto di Israele alla sicurezza ed il bene del popolo palestinese ad avere uno Stato. Lo dico… anche qui compagni, se posso: perché mi sono soffermato molto? Non solo per l’importanza della questione, ma perché c’è un fatto metodologico, che è poi una questione di sostanza: ché, diciamo, io non penso che la cosa più utile per chi sia militante di sinistra, per chi voglia cambiare il mondo, è (sic) vivere come un tifoso dentro i conflitti; vivere non dentro i conflitti – perché noi siamo fuori da quei conflitti: li vediamo da lontano – ma collocarci idealmente dentro quei conflitti come dei tifosi; ma insomma: noi non abbiamo il compito di definire in una storia che dura da decenni, che ha attraversato tutto il Novecento, di fare qui la conta ideologica dei torti e delle ragioni; noi abbiamo il compito di definire la nascita di un percorso di pace e di dialogo, noi abbiamo un compito politico, che è più importante.”
“Ci sono due beni che vanno messi in equilibrio e su cui bisogna costruire la nostra battaglia: il diritto alla sicurezza per Israele e il diritto a una patria per il popolo palestinese. Guai a sbagliare la misura, guai a sbagliare le parole, compagni! Perché siamo nei dintorni di un vocabolario che evoca storie che riguardano il buco nero che ha inghiottito l’Europa e il Novecento; e non possiamo mai confonderci, quando critichiamo le scelte di un governo sbagliando le parole! le scelte di un governo non sono le scelte di un popolo, non sono le scelte di una religione: dobbiamo criticare le scelte di un governo e usare le parole precise, perché dentro la scelta delle parole si consumano grandi sentimenti, e la capacità nostra di rispettare la vita e i diritti degli altri; non per come noi li reinterpretiamo, ma per come essi si pongono sulla scena del mondo. E allora ho detto questo perché noi siamo talvolta convocati a un atteggiamento… ad avere, ad assumere, un atteggiamento referendario di fronte a cose complesse “.
Davvero, Caro Nichi, le cose laggiù non sono così tanto ‘complesse’ da impedire a chiunque, israeliano, palestinese o internazionale, di capire che non si tratta di tagliare con il coltello le ragioni degli uni e i torti degli altri, ma di denunciare a una sola voce le ingiustizie del potente, del prepotente di oggi: lo stato d’Israele. E “le parole precise” non vanno più taciute, caro Nichi. Non aver paura di nominare l’occupazione, la colonizzazione, l’apartheid. E fa presto. Perchè “oggi e non domani è il Kairos della giustizia per il popolo palestinese” (Patriarca Twal). Domani non ci sarà più tempo per alcun “atteggiamento referendario”, pro/contro torto/ragione.
Imparalo anche tu con noi, tra gli altri, anche dai tanti amici israeliani che lottano insieme ai palestinesi per una pace giusta.
BoccheScucite
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