… E il giorno dopo, a pochi metri dagli stessi ulivi…

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guardate il VIDEO con gli arresti e i ferimenti della gente

di Dario Gentili
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Prosegue la costruzione del muro che circonderà l’intero villaggio di Al Walaja, a nord di Betlemme, e proseguono i tentativi degli abitanti del villaggio di opporsi allo scempio delle loro terre ed alla loro stessa reclusione. Ieri mattina alcuni abitanti si sono recati presso il cantiere del muro di separazione che corre appena al di sotto delle ultime abitazioni del villaggio, per impedire con la propria presenza l’utilizzo di cariche esplosive per ampliare il tracciato su cui sorgerà la barriera.

Per disperdere il gruppo di manifestanti, composto da palestinesi, osservatori ed attivisti internazionali, i militari sono ricorsi alla violenza spintonando e colpendo indistintamente con le mani e il calcio del fucile. Un abitante del villaggio, che si è rifiutato di indietreggiare, è stato trattenuto dai soldati ed in seguito rilasciato in cambio di un allontanamento del gruppo dall’area del cantiere.
Nonostante il ritiro di alcune persone, i militari hanno utilizzato spray urticanti a distanza ravvicinata contro il volto di alcuni manifestanti. Shereen Al Araj, portavoce dei comitati di resistenza nonviolenta del villaggio, è stata a sua volta colpita e si è allontanata mentre un’altra donna è svenuta ed è stata assistita dai medici della Mezzaluna Rossa.

Durante l’azione almeno quattro persone sono state ferite e due arrestate. Tra queste il Dr. Mazin Qumsiyeh, medico con cittadinanza palestinese-americana ed attivista, che stava riprendendo con la sua videocamera l’arresto di un altro abitante del villaggio, Mustafa Odeh.
Mazin è stato rilasciato nella notte mentre Mustafa non è ancora stato liberato.
L’azione dei manifestanti, tuttavia, non è riuscita a prevenire l’utilizzo delle cariche disposte lungo il tracciato della barriera. Non appena l’area è stata sgomberata l’esplosione ha letteralmente sgretolato un tratto della collina su cui sorge il villaggio, distruggendo anche una parte degli olivi che sarebbero rimasti nel lato palestinese.
Non è la prima volta che vengono utilizzate cariche di dinamite: quelle di oggi, a quanto pare, avevano un potenziale ridotto. Tuttavia la rabbia degli abitanti del villaggio è esplosa a causa di una dichiarazione del DCO, l’ufficio di coordinamento distrettuale israeliano che si occupa dell’amministrazione civile nella West Bank. Dieci giorni fa, infatti, dopo un’esplosione ben più potente – la quarta di una serie – i rappresentanti del DCO avevano assicurato gli abitanti del villaggio che non ce ne sarebbero state di nuove.
Il ricorso agli esplosivi è semplicemente dovuto a ragioni pratiche, poiché rende il lavoro delle ruspe più agevole e rapido. Tuttavia provoca danni irreparabili non solo ai terreni ed alle colture circostanti, ma anche alle abitazioni che sorgono nelle vicinanze. L’esplosione infatti si propaga come un terremoto, danneggiando gravemente le strutture.
A ciò si aggiunge il pericolo rappresentato dalle pietre che vengono scagliate in aria e che ricadono in tutta l’area circostante. Un masso scagliato dopo l’esplosione di dieci giorni fa aveva rischiato di colpire alcune donne intente nella raccolta delle olive.
In questo punto la Linea Verde, il confine tra Israele e Territori Palestinesi tracciato nel 1967, è distante poco meno di un chilometro dal villaggio. Oltre duecento alberi di olivo sono stati abbattuti o espropriati per lasciare spazio alla strada militare che costeggerà il muro. Altri rimarranno al di là della linea di separazione e saranno irraggiungibili dai contadini palestinesi.
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