Due sono le vie per raggiungere la fattoria Tent of Nations della famiglia cristiana palestinese Nassar, situata sulla collina vicino al villaggio Nahalin, a sud di Betlemme: la più lunga, passando per Bet Jala, Har Gilo, Battir, attraversando un check point che costeggia il muro di separazione, e poi ancora le strade secondarie palestinesi, piene di buche, trafficate e chiassose; la più breve, scorrendo la Hebron road, lungo la strada 60, e fermandosi nei pressi di Neve Daniel, la principale colonia della zona.
A maggio 2016, ai piedi della collina su cui è situato l’insediamento Neve Daniel, iniziavano i lavori di spianamento del terreno: era l’albore della costruzione di una scuola religiosa ebraica.
A maggio 2017, l’avanzamento dei lavori ha trasformato il paesaggio e la viabilità!
Ora non c’è più il viottolo in mezzo ai frutteti dei contadini della zona, solitamente popolato da anziani in groppa al mulo appesantito da sacchi pieni e da pastori con il loro gregge.
Il primo tratto del sentiero palestinese non esiste più! Parti di terreno dei campi limitrofi sono stati espropriati.
Il cantiere dei coloni ha occupato la parte di connessione tra la strada 60 e il sentiero che porta prima a Tent of Nations e poi al vicino villaggio Nahalin.
Per attraversare, ora si deve entrare nel cantiere aggirando camion, scavatrici, tubi per le fognature e montagne di terra… ma quando i lavori termineranno, il passaggio sarà chiuso a tutti.
Questo significa, per fare un esempio, che se un abitante di Nahalin, infermiere all’ospedale di Hebron, è solito raggiungere il posto di lavoro in 20 minuti, camminando lungo quel sentiero e prendendo un bus alla fermata della strada 60, quando saranno finiti i lavori, quel bus diventerà irraggiungibile.
I palestinesi dovranno trovare un’alternativa per aggirare la viabilità ostruita, scendendo a compromessi, accettando maggiori disagi, investendo molto più tempo per i soli spostamenti. E quei 20 minuti, probabilmente, diventeranno 1 ora o più.
È scioccante vedere con i propri occhi il nuovo scenario, capendo, semplicemente guardando, cosa significa colonizzazione che rende legittima l’ingiustizia e trasforma il creato in cemento.
È in questo contesto che, durante la prima settimana di maggio, a Tent of Nations si è tenuto il “Celebrations 101” (101 anni di esistenza della fattoria): 4 giorni in cui un numeroso gruppo di internazionali ha vissuto in fattoria, in modo semplice e festoso, tra lavori, workshop di approfondimento e di condivisione e celebrazioni inneggianti alla gratitudine per la pace possibile e per le relazioni.
Convivere con lo stillicidio dell’occupazione non è facile, ma rende chi la subisce più creativo e determinato a trovare modalità di sopravvivenza dignitose. Questo ci insegnano Daoud Nassar e la sua famiglia.
Sicuramente, quando il cantiere dei coloni concluderà i lavori, i palestinesi del luogo troveranno la soluzione alternativa per raggiungere la strada principale, i posti di lavoro, i parenti e gli amici residenti in altri villaggi, ma sarà sempre una situazione molto precaria e destinata a nuove enormi fatiche.
Ma, in tutto questo, non ci sono solo gli israeliani e i palestinesi.
Due tra gli atteggiamenti più vili che l’uomo possa attuare con il proprio agire sono l’abbandono e l’indifferenza.
Oltre ai 2 popoli in lotta tra loro, ci siamo soprattutto noi internazionali e siamo chiamati a non rispondere alle violazioni dei diritti umani con l’abbandono e l’indifferenza: essi uccidono in egual misura, perché deturpano l’anima e umiliano l’amor proprio della persona.
Daoud Nassar lo sa benissimo: il suo costante invito a fermarsi in fattoria, ad ascoltare la sua testimonianza e a collaborare con lui, è rivolto anche per chiedere a tutti i visitatori e a coloro che sono a conoscenza di situazioni in cui libertà e dignità umana vengono calpestate, di farsi ambasciatori di messaggi di pace e testimoni di realtà concrete di accoglienza e di cura dove c’è incuria.
Dall’ 1 al 4 maggio hanno convissuto presso Tent of Nations internazionali provenienti dalla Germania, Italia, Olanda, Stati Unti e Svizzera, rispondendo così all’appello di Daoud di coinvolgersi, facendosi ponte per chi non ha voce, e di fare esperienza in prima persona del significato delle relazioni costruttive, in un contesto di oppressione.
Sopportare l’abbandono e subire l’indifferenza sono estranee a Tent of Nations: la constante presenza di persone che collaborano in fattoria è fondamentale: da quando volontari si fermano, per un periodo di tempo, ad aiutare nelle attività e pellegrini visitano la realtà dei Nassar, gli attacchi alla famiglia e alla loro fattoria sono sensibilmente diminuiti.
Gli internazionali sono scudo umano, danno voce alle bellezze nascoste in Palestina, sono megafono mediatico di giustizia e di relazione umana.
Le mattine dei “101 Celebrations” days sono trascorsi tra i lavori nei campi e le sistemazioni delle strutture comuni dei volontari; nei pomeriggi si sono svolti workshop nei quali Daoud invitata a riflettere assieme ogni giorno su temi diversi. Per citarne alcuni:
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“come affrontare i momenti di frustrazione nella propria vita, trasformarli in risorse e trarne forza da essi per reagire”
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“cosa significa trovare soluzioni creative nella propria vita, quando tutto attorno è oppressione e ostilità”.
Grazie a questi workshop, si ascoltavano le esperienze di ciascuno, scoprendo che i diversi vissuti non erano così estranee dai propri e i modi di approcciarsi alle difficoltà di persone di paesi diversi e lontani dal proprio diventavano familiari e simili a quelli personali.
Durante i lavori in fattoria, tra la sistemazione di un muretto a secco e la bonifica del terreno, i volontari si aiutavano e si conoscevano. Persone che da Milwaukee o da Berlino erano arrivate fino a Tent of Nations per zappare, condividere e ascoltare, raccontavano di quanto trovavano edificante, per la propria vita, ogni singolo momento di queste semplici e faticose giornate trascorse assieme alla famiglia Nassar, così speciale e preziosa.
Questa è la metodologia di Daoud Nassar: proporre ai suoi ospiti di dialogare e di aprire la propria mente verso l’accoglienza dell’estraneo, chiunque esso sia. Scardinando così abbandono e indifferenza.. lasciando entrare -disarmati- solo fede, amore e speranza, proprio a casa sua: una fattoria senza elettricità e acqua corrente, accerchiata da insediamenti e da cantieri che chiuderanno la viabilità.
I partecipanti alle giornate internazionali in fattoria sono ritornati a casa.
Ognuno ha ripreso la propria quotidianità familiare e lavorativa, ma tutti sanno che la settimana trascorsa rimarrà indelebile nella memoria, resa ancor più forte proprio dallo shock per i lavori del cantiere che circondano sempre di più la collina di Tent of Nations.
La famiglia Nassar lavora ogni giorno nel suo Cantiere di Relazioni: resiste rifiutandosi di essere nemici e continua ad accogliere festosamente chiunque li vada a trovare in mezzo alla loro precarietà contraddittoria, eppur piena di speranza.
LM
Tent of Nations Italia
Per info: qeshet.tonitalia@gmail.com
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