15 marzo. Tocca ai palestinesi

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admin | March 15th, 2011 – 10:28 am

Non è un “giorno della rabbia”, come lo è stato in altri paesi arabi. Il giorno delle manifestazioni, per i palestinesi, ha un’altra caratura. Unità, fine delle divisioni. E, programmaticamente, la  “giornata dell’unità” è stata programmata dai ragazzi. Sono loro a essersi riuniti, nelle scorse settimane. Sono loro ad aver stilato documenti su documenti. Sono loro ad aver deciso di fare lo sciopero della fame (la foto, scattata a piazza al Manara, a Ramallah, dai manifestanti, ritrae coloro che stanno facendo lo sciopero della fame e che sono rimasti a dormire per strada). Sono loro ad aver organizzato sit-in e manifestazioni, partite ieri sera da Gaza.

Ci riusciranno, a premere sulle èlite politiche palestinesi che non sono riuscite – tutte quante, nessuna esclusa, Hamas e Fatah – ha uscire dal pantano dell’esclusione, e a condividere finalmente il potere nel periodo post-Arafat? Riusciranno a far terminare l’impasse politica in cui sono stretti i palestinesi, e a indicare altre linee possibili? Questa nuova generazione di palestinesi, usciti dalle ‘ceneri’ della seconda intifada, ha già dato un’indicazione: all’occupazione israeliana si risponde con la nonviolenza, e con pratiche di pressione, come il boicottaggio, usate soprattutto in Occidente. Sono i ragazzi delle manifestazioni settimanali nei paesi minacciati dall’espansione delle colonie e del Muro di separazione, per esempio. Salmiya, anche tra i palestinesi. Nonviolenza.

A proposito di violenza. Sulla strage di Itamar, in cui sono stati uccisi cinque dei componenti della famiglia Fogel, compresi due bambini e un neonato, ho scritto la cronaca per i giornali locali del gruppo Espresso-Repubblica (omaggiata, anche questa volta, dal solito attacco senza senso…). Non ci sono ancora sospetti, ma in compenso ci sono decine di palestinesi arrestati e un nuovo avamposto dei coloni israeliani costruito in un battibaleno sulle terre del villaggio palestinese di Awarta. Non ci sono novità nelle indagini, perché la polizia ha ordinato il segreto sull’inchiesta in corso. In questi due giorni, però, ci sono state due notizie che occorre riportare. Per la prima volta, ed è un unicum nella storia delle fazioni armate palestinesi, Jihad Islamica, Hamas e il braccio armato di Fatah hanno detto che con il massacro di Itamar non c’entrano niente. Non lo hanno rivendicato e ne hanno anzi preso le distanze. Il portavoce del governo di Hamas a Gaza è andato oltre, dicendo che non capisce come mai non si battono altre piste, e si esclude che la mano non sia stata palestinese. Ieri, poi, Ma’an News ha riportato la notizia che i lavoratori thailandesi impiegati nella colonia di Itamar, una delle più radicali in Cisgiordania, sono stati tutti interrogati dalla polizia. Sui siti palestinesi si riporta la testimonianza di una famiglia, che dice che il nome dell’autore è noto, e sarebbe quello di un lavoratore asiatico, fuggito poi dalla colonia. Questo spiegherebbe come mai Itamar, una delle colonie più protette, con rete di rencinzione e allarme elettronico, avrebbe subito uno smacco così importante nelle misure di difesa. Le indagini, dunque, sono ancora in corso. Prima di accusare, penso che occorrerà attendere la conclusione dell’inchiesta.

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