(da: http://www.nena-news.com/?p=8042 )
Quella che avrebbe dovuto rappresentare la “giornata della riconciliazione” ha confermato le profonde divisioni che attanagliano la società e la politica in Palestina.
Ramallah, 16 marzo 2011, Nena News Circa tremila persone hanno risposto all’appello lanciato da varie associazioni giovanili e ieri sono scese in piazza a Ramallah per chiamare all’unità il popolo palestinese. La “giornata della riconciliazione” ha avuto come obiettivo primo quello di richiedere la fine delle divisioni insieme alla creazione di un nuovo modello elettorale per l’insediamento di un governo democratico. Lo svolgimento della manifestazione ha tuttavia confermato i timori della vigilia che gli stessi organizzatori avevano paventato nel comunicato. Al-Fatah, l’attuale partito di governo in Cisgiordania, ha infatti preso il controllo della dimostrazione monopolizzando la piazza centrale di al-Manara dove inizialmente si è faticato ad identificare i gruppi di giovani promotori dell’evento. La chiamata all’unità si è paradossalmente trasformata in una conferma delle divisioni interne: i sostenitori del partito di Abu Mazen armati di potenti amplificatori hanno praticamente impedito quello che avrebbe dovuto rappresentare il momento più interessante della giornata: le rivendicazioni dei giovani contro l’attuale classe politica e la richiesta di nuove elezioni. I gruppi promotori del “15 marzo” non si sono però fatti intimidire e, sedendosi nel mezzo nella piazza, hanno “fisicamente” marcato la divisione ideologica che li separava dai fedeli al rais.
La manifestazione ufficiale, che avrebbe dovuto concludersi alle 14 del pomeriggio, si è inaspettatamente prolungata per tutta la giornata fino a sera, attraversando diversi momenti. A circa tre ore dall’inizio, quando i sostenitori di al-Fatah sono lentamente scemati, i ragazzi e le ragazze organizzatori dell’evento, composti in buona parte da studenti universitari, hanno preso possesso della piazza, questa volta scandendo ben chiare le loro rivendicazioni. Se il disappunto era tangibile nei volti di molti di essi – la cui immagine e voglia di cambiamento è stata per l’ennesima volta sfruttata dal partito di governo – la reazione alle prime ore della giornata è stata però ben decisa: rimanere in piazza e discutere dei prossimi passi da compiere, fino a notte.
Finalmente gli slogan che non avevano avuto voce nel primo pomeriggio sono riecheggiati a gran voce: con particolare veemenza è stata invocata la scarcerazione di tutti i prigionieri politici detenuti in Cisgiordania e Gaza e la richiesta dell’apertura di un dialogo ufficiale da parte di Mahmoud Abbas e Ismail Haniyeh. Verso le sette di sera al-Manara era ancora occupata da circa duecento persone mentre la polizia dell’autorità controllava l’evolvere degli eventi cercando di riaprire al traffico una piazza che non aveva nessuna intenzione di sgomberare. Al contrario, seguendo l’esempio di Tahrir, anche i ragazzi palestinesi avevano con sé una grande tenda, che dimostrava chiaramente le loro intenzioni per la notte.
La manifestazione che si è prolungata ben oltre il crepuscolo è stata decisamente più interessante di quella “ufficiale” ed è salita d’intensità col passare delle ore soprattutto quando gruppi di al-Fatah sono tornati sui propri passi. Sono seguiti alcuni momenti di tensione a risultato delle provocazioni di questi e da parte di alcuni poliziotti infiltrati. Persino la guardia presidenziale ha fatto il suo ingresso nella piazza distribuendo panini di felafel e bibite: un gesto che nascondeva più di una sottile ironia dal momento che tra il gruppo promotore della manifestazione vi erano ragazzi in sciopero della fame da diversi giorni. Un altro momento di tensione si è registrato quando alcuni poliziotti strappato e portato via la grande tenda provocando più di un tafferuglio tra i dimostranti.
Notizie di particolare rilievo sono giunte anche da altre città palestinesi della Cisgiordania e da Gaza. A Betlemme circa 1.500 dimostranti hanno marciato fino alla Chiesa della Natività; un folto gruppo costituito da studenti universitari ma anche da donne e uomini anziani insieme a una delegazione di palestinesi feriti dalle forze di occupazione israeliana.
A Gaza decine di migliaia di manifestanti hanno sfilato chiedendo unità e sfidando l’autorità di Hamas. Il governo della Striscia ha dapprima cercato di controllare lo svolgimento della manifestazione per poi intervenire disperdendo e reprimendo i dimostranti. Le notizie che arrivano da Gaza non sono delle migliori e ancora una volta le autorità non hanno esitato a usare la violenza pestando i giovani manifestanti.
Durante lo svolgimento delle manifestazioni Ismail Haniyeh ha colto l’occasione per lanciare un appello ad Abu Mazen per un “incontro urgente” in modo di “affrontare i problemi con urgenza e superare le divisioni esistenti”. Haniyeh che pure non ha accolto l’ipotesi di nuove elezioni, ha invece evocato l’importanza delle “rivoluzioni popolari” che hanno infiammato il mondo arabo come possibile motore di rilancio di un dialogo interpalestinese.
Quella che avrebbe dovuto rappresentare la “giornata della riconciliazione” ha dunque confermato le profonde divisioni che attanagliano la società palestinese. Tuttavia, se da un lato si è registrata la prepotenza e l’arroganza messa in campo dalla politica ufficiale – che cerca di arginare, camuffare o reprimere con violenza ogni momento di protesta – dall’altro c’è anche la consapevolezza e l’ostinazione dei giovani dimostranti che sembrano essere ben coscienti delle loro rivendicazioni senza scendere a compromessi con la politica ufficiale e, incoraggiati dai moti popolari che hanno sconvolto i paesi arabi vicini, non esitano a sfidare le rispettive autorità.
DI DOUD AL AHMAR
Nena News
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