Fiesole, Sabato 27 Novembre 2010 : Giornata ONU per i diritti del popolo palestinese.

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Carissima, carissimo lettore di BoccheScucite,

Ibrahim, da Beit Jala, aspetta il tuo parere sulla denuncia di Kairos dell’apartheid che fa della sua Betlemme una prigione. Scrivilo qui! Abdallah, da Gerusalemme, non capisce perchè l’Italia, sempre solidale con i palestinesi, ha una politica così schierata con lo stato occupante. E poi Violette, da Nablus, vorrebbe che il Documento Kairos Palestina fosse letto e discusso anche da noi… IN QUESTO SPAZIO prova a spiegarlo tu. SCRIVIAMO QUI LA NOSTRA RISPOSTA AGLI INTERROGATIVI che Kairos Palestina ci rivolge, “in questo punto morto della tragedia del popolo palestinese”.

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7 Commenti

  1. La parola di Dio non può essere usata come strumento di oppressione e di ingiustizia e non si può trovare giustificazione alla situazione attuale nella Parola. La parola di Dio va letta nella storia che la illumina. Nella storia dell’uomo momento per momento. Se la speranza viene da Dio, in questa situazione di grande sofferenza Dio ha bisogno degli uomini, anche di noi, per superare l’ingiustizia. Noi non siamo esenti.

  2. Penso che se le parole hanno ancora un senso, si dovrebbero usare tutte quelle di tutti i vocabolari conosciuti. Da quelle più dolci a quelle più amare, i poeti dovrebbero usare tutte le poesie del mondo, i caritatevoli tutta la Carità che può contenere il mare e forse non basterebbe neppure questo per aprire, scardinare il cuore di uomini duri, accecati che non sanno mai ascoltare i fievoli lamenti degli ultimi tra gli ultimi, i bambini e i malati che sono costretti a vivere in quella terra martoriata chiamata Palestina.
    Chi scrive è una persona disabile che cerca di compenetrarsi in quelle drammatiche situazioni, Se per un disabile la vita è comunque precaria, immagino quale possa essere l’esistenza di queste persone in un contesto tragico.
    Cordiali saluti
    Donatella

  3. Ho letto il documento Kairos Palestina. Verità è la parola che mi sembra riassumere il senso di questo messaggio, le attese di chi l’ha scritto e il dovere di chi lo ascolta. Si sa che la verità non piace al potere. Per questa ragione dirla può costare caro. Gli oppressori hanno terrore della verità. Ma anche le vittime possono temerla: la sua proclamazione innesca normalmente rappresaglie di ogni tipo. La violenza e la sofferenza prolungate, soprattutto se abbandonate a se stesse, producono nella vittima rassegnazione e talvolta persino il coinvincimento che non c’è alternativa. Invece ecco il miracolo: i cristiani aprono la bocca, rinnovano la loro speranza, elencano con franchezza e obiettività i soprusi, denunciano lo scandalo del male e invocano giustizia. Infine si affidano a Dio e ai loro fratelli perchè prendano posizione. Dio la sua parte la fa, la sua parola denuncia ancora oggi con forza la violenza dell’oppressore. Egli parla ad esempio attraverso le grida dei bambini uccisi e rimasti orfani a Gaza. Siamo noi a tacere, ad essere deboli, poco convinti, disinformati ma soprattutto indifferenti. E’ la nostra denuncia ad essere intermittente e troppo spesso impercettibile. Sono le nostre Chiese ad essere tiepide. Il male cerca di disumanizzare i palestinesi per portare a termine con più efficacia e senza sensi di colpa la propria opera. Per fare questo ha bisogno del nostro letargo, dei nostri sofismi, della nostra rassegnazione. Per distruggere l’umanità dei palestinesi ha bisogno che noi ci voltiamo dall’altra parte. Grazie fratelli cristiani di Palestina perchè scrivendo questo documento è la mia umanità che state cercando di salvare, la mia e di quelli come me che credono di essere nel giusto solo perchè sono al sicuro. Grazie.

  4. Cari fratelli nell’umanità e nella fede: ci siete diventati cari. Non possiamo rimanere uomini e cristiani senza di voi. La vostra resistenza ci è necessaria come l’ossigeno. La vostra non-violenza ci è di conforto come la luna. Il vostro grido ci sveglia dal letargo. La vostra unità ci commuove e ci da forza. E’ molto il bene che ci regalate. Semplicemente vorremmo ricambiare. Per questo ci impegnamo a fare tutto quanto sarà nelle nostre possibilità perchè cessi l’ingiustizia. Un gruppo di giovani di Bergamo.
    Paola, Battista, Fabio, Francesca, Miriam, Dario, Manuel, Chiara, Emanuele

  5. Io voglio accogliere, non senza fatica e timore, il vostro grido. Ormai risuona dentro me.
    Voltare le spalle, girare la testa sarebbe l’ennesima ingiustizia nei vostri confronti.
    Nei miei limiti voglio unirmi a voi, aggrappandomi anche io a quella speranza, molto fioca, ma che ancora mi da e ci da forza e che, essendo cristiani, non dobbiamo mai perdere.
    Ringrazio voi per la vostra sete di giustizia e per l’amore e la fiducia che ancora avete verso l’umanità, anche quella del nemico.
    Voglio credere che la vostra, la nostra “resistenza creativa” riuscirà a portare giustizia e riconciliazione.
    Grazie,
    Paola

  6. Il messaggio che i cristiani palestinesi lanciano a tutto il mondo, e che si ripropongono di vivere in prima persona, risuona forte e chiaro. E’ tempo di agire, è tempo di fare…non dobbiamo tacere, non dobbiamo guardare altrove perchè ciò che stà accadendo ci riguarda sia come cristiani che come fratelli.
    Questo documento rappresenta un’altra denuncia e richiesta d’aiuto alla tragedia che sta devastando ormai da 60 anni il popolo palestinese e la sua terra. Ammiro davvero il coraggio che traspare da quelle parole, la volontà di collaborazione e rispetto per il popolo che li perseguita, la speranza e la fede che ripongono in Dio e che ogni giorno li aiuta ad andare avanti.
    Dopo aver ascoltato una richiesta d’aiuto così forte non posso restare indifferente, nessuno dovrebbe ma purtroppo ancora oggi questo dramma resta sconosciuto a tantissime persone. Per questo motivo con il mio gruppo di amici abbiamo deciso di incontrarci, informarci, capire per poi diffondere questo messaggio di speranza e rendere visibile a tutti la sofferenza che colpisce il popolo palestinese.
    Con questo voglio dimostrare la mia solidarietà, perchè anche nel mio piccolo possa essere strumento di pace e verità.

    Grazie, Miriam.

  7. “Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle,
    e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian.
    Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando
    e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.
    Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio.” (Is 9, 3-5)

    A tutte le figlie e i i figli che in Palestina scelgono la dignità, la fermezza e l’amore,
    a tutte le figlie e i figli che in Israele e in Italia scelgono la verità, l’impegno, l’azione nonviolenta.
    Buon anno di speranza e liberazione nel Signore a tutte e tutti.

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