tratto da: Beniamino Benjio Rocchetto
6 luglio 2021 11:43
Mentre alti funzionari dell’Autorità Palestinese. comprendono il danno politico causato dall’uccisione di Nizar Banat, Fatah mette in discussione la lealtà dei manifestanti, particolarmente prendendo di mira le giornaliste.
Di Amira Hass – 3 luglio 2021
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Una dimensione chiaramente sessista, attaccando e molestando le donne, ha accompagnato la repressione delle manifestazioni a Ramallah per la morte dell’attivista politico Nizar Banat, deceduto mentre era detenuto dagli uomini della sicurezza dell’Autorità Palestinese (AP).
Giornaliste e altre donne palestinesi che hanno scattato foto delle proteste con i loro telefoni sono state un obiettivo immediato; i loro telefoni sono stati sequestrati. E’ una delle cose rilevate in un comunicato stampa della conferenza delle organizzazioni non governative palestinesi nella lotta per fermare la violenza contro le donne.
In seguito si è scoperto che i telefoni sono stati violati e che i dettagli personali e le foto reali, o inventate, erano state pubblicate su una pagina Facebook speciale. La pagina è stata poi rimossa, ma alcuni temono che sia riuscita nel sul intento di creare l’impressione che le donne che hanno preso parte alle manifestazioni fossero “promiscue”, secondo gli standard conservatori-patriarcali, un’impressione che dovrebbe attenuare lo shock della repressione delle manifestazioni.
Mercoledì, cinque giornaliste palestinesi hanno testimoniato che membri delle forze di sicurezza palestinesi in abiti civili, o membri di Fatah, le hanno aggredite. Era impossibile confondere l’identità dei giornalisti durante le manifestazioni, sia per il loro abbigliamento che per i tesserini identificativi, ha detto Najla Zeitoun di Quds News Network in una conferenza stampa tenuta negli uffici del gruppo per i diritti di Al-Haq.
Zeitoun e le altre quattro giornaliste hanno detto che i loro telefoni non sono ancora stati restituiti. Due di loro furono ferite; una alla spalla dal lancio di pietre, l’altra sul viso da una granata lacrimogena e una mano fratturata dalle percosse. Un altro giornalista ha raccontato come le manifestanti e le giornaliste siano state perquisite anche all’interno di un edificio in cui si erano riparate per sfuggire dai gas lacrimogeni, mentre un altra giornalista ha parlato delle volgari osservazioni degli uomini in abiti civili.
La giornalista Fatin Alwan ha affermato che dopo la manifestazione ha scoperto di essere nella “lista della vergogna” della pagina Facebook dei “membri del movimento Fatah” ed è stata accusata di avere legami con gli Stati Uniti. Inoltre, persone sconosciute le stavano telefonando e le chiedevano “con che parte fosse schierata”, mettendo così in dubbio la sua lealtà nazionale.
Per ora, il caso dell’uccisione di Banat è stato trasferito alla Procura Militare Palestinese; Il Ministro della Giustizia Mohammed al-Shalaldeh ha annunciato giovedì quello che tutti sapevano fin dall’inizio: Le circostanze della morte di Banat non erano naturali; è morto per un trauma causato da colpi su tutto il corpo.
Subito dopo l’autopsia di sabato, alla presenza di un medico in rappresentanza della famiglia e dei gruppi per i diritti dei palestinesi, si è detto che Banat sarebbe morto a quanto pare affogato nel suo sangue per un’emorragia interna.
Shalaldeh era a capo di una commissione d’inchiesta governativa che è stata istituita immediatamente, ma per quanto è noto non ha interrogato il personale che ha effettuato l’arresto e, come dicono i testimoni, ha picchiato a morte Banat. Alcuni esperti legali palestinesi affermano che trasferire il caso alla Procura Militare, nella speranza che svolga le proprie indagini e presenti le incriminazioni, è il passo ovvio che avrebbe dovuto essere fatto fin dall’inizio.
È troppo presto per dire se l’opinione pubblica perderà interesse per il crimine della morte di Banat e fino a che punto la dirigenza dell’Autorità Palestinese riuscirà a prendere le distanze dall’uccisione. I leader dell’AP si rendono conto che l’omicidio ha danneggiato i rapporti con i paesi occidentali. Come riportato dall’emittente pubblica israeliana Kan, martedì 20 diplomatici europei hanno incontrato il capo dei Servizi di Sicurezza palestinesi Majed Faraj e hanno chiesto chiarimenti.
Potrebbe essere che l’affermazione di Shalaldeh secondo cui la morte non è avvenuta in circostanze naturali sia un segnale che il governo palestinese si rende conto che questa volta non può eludere la responsabilità, almeno indirettamente, punendo alcuni membri delle forze di sicurezza.
“Il Presidente Mahmoud Abbas, Il Primo Ministro Mohammed Shtayyeh e le due figure più vicine ad Abbas, il Ministro degli Affari Civili Hussein al-Sheikh, che collabora con il COGAT, e il capo dei Servizi di Sicurezza Majed Faraj, che opera a stretto contatto con il servizio di sicurezza Shin Bet di Israele e la CIA, sono furiosi per la vicenda, perché comprendono il danno politico e diplomatico che ha causato”, ha detto ad Haaretz una fonte legale palestinese indipendente. In particolare, Abbas teme che la vicenda danneggi i suoi sforzi per avvicinarsi all’amministrazione Biden.
D’altra parte, il movimento Fatah interpreta le manifestazioni come una minaccia all’interesse nazionale, presentandosi come unico rappresentante del popolo palestinese. Durante la scorsa settimana il movimento ha continuato a mostrare i muscoli organizzando manifestazioni in varie città (e persino nel campo profughi di El Buss in Libano), a sostegno di Abbas e delle agenzie di sicurezza palestinesi.
Il vice di Abbas a Fatah, Mahmoud al-Aloul, ha detto mercoledì durante una manifestazione a Nablus che ogni volta che il movimento Fatah viene provocato, si pone a “difesa del sogno dei martiri e del progetto nazionale palestinese”. Senza commentare ciò che ha scatenato l’attuale protesta, il pestaggio a morte di un cittadino palestinese, Aloul ha lasciato intendere che si stavano svolgendo manifestazioni per bloccare lo slancio della resistenza popolare a Gerusalemme e in Cisgiordania.
Nel suo discorso, ha cercato di creare l’impressione che i membri di Fatah sostenessero la resistenza popolare. Allo stesso raduno, il governatore di Nablus Ibrahim Ramadan ha espresso dolore per la morte di Banat, ma allo stesso tempo, e in un denso accenno, si è anche chiesto “chi avesse l’interesse di cavalcare l’onda”, cioè, per “sfruttare” la morte di Banat per attaccare Fatah e l’AP.
INCITAMENTO CONTRO GLI ATTIVISTI
Il militante Tanzim, la “base” di Fatah, ha un ruolo importante nel peggioramento della scorsa settimana, ha detto ad Haaretz la fonte legale indipendente. Ogni arresto di un attivista politico che ha criticato l’Ap sui social è stato preceduto dall’incitamento contro di lui da parte di attivisti di Fatah, che sono anche quelli che hanno spinto le forze di sicurezza a compiere l’arresto.
Tale incitamento porta risultati perché il confine tra l’attivismo in Fatah e l’occupazione nelle agenzie di sicurezza è molto sottile. È quello che è successo al fondatore del gruppo Gioventù Contro gli Insediamenti (Youth Against the Settlements), Issa Amro di Hebron, che è stato processato in un tribunale militare israeliano per le sue attività non violente. Per molto tempo ha subito diffamazioni infondate da parte dei membri di Fatah, e lo stesso è successo a Banat, ha detto la fonte legale. L’incitamento contro Banat ha portato all’omicidio.
Tuttavia, tra le città in cui si sono svolte grandi manifestazioni per l’uccisione di Banat, Hebron, Betlemme e Ramallah, solo a Ramallah sono state disperse con grande violenza. “A Betlemme è stata lanciata una bottiglia molotov contro gli uomini della sicurezza palestinese, e non hanno fatto nulla”, ha detto la fonte legale.
A Hebron le manifestazioni sono state tenute dalle grandi famiglie e da Hizb al-Tahrir, un movimento fondamentalista che predica per la restaurazione del califfato islamico, e non sono state disperse con la violenza di quelle di Ramallah, anche se hanno pronunciato slogan più duri contro l’AP e Abbas.
La spiegazione è che a Hebron e Betlemme il potere delle grandi famiglie è un fattore politico importante, non solo sociale. Danneggiare un appartenente al clan Hamula potrebbe creare una valanga di scontri, certamente se c’è il sospetto di molestie sessuali. Questo è il motivo per cui le forze di sicurezza e Fatah sono state attente lì.
Ramallah, in confronto, è diventata una città di “migranti”, persone che si sono trasferite da altre città, villaggi e campi profughi in Cisgiordania. Gli studenti dell’Università di Birzeit, uomini e donne, si sono distinti durante le manifestazioni. Non hanno alcun sostegno tribale.
Gli attivisti di Fatah sono considerati i principali soppressori delle proteste, ritraendo i manifestanti come persone che servono “organizzazioni straniere”. La discussione pubblica sugli attacchi alle donne ha rafforzato l’immagine dei membri di Fatah come criminali molesti. Indubbiamente, ci sono attivisti di Fatah che rifiutano questo collegamento e criticano i metodi dei loro colleghi per reprimere la protesta, ma la loro presa di posizione non ha guadagnato consensi tra i cittadini.
Non sorprende che l’unico leader anziano di Fatah che si è dichiarato pubblicamente contro la repressione delle manifestazioni sia Nasser al-Kidwa, che Abbas ha cacciato dal Comitato Centrale perché aveva fondato una lista separata che prevedeva di candidarsi alle elezioni generali poi annullate.
Amira Hass è corrispondente di Haaretz per i territori occupati. Nata a Gerusalemme nel 1956, Amira Hass è entrata a far parte di Haaretz nel 1989, e ricopre la sua posizione attuale dal 1993. In qualità di corrispondente per i territori, ha vissuto tre anni a Gaza, esperienza che ha ispirato il suo acclamato libro “Bere il mare di Gaza”. Dal 1997 vive nella città di Ramallah in Cisgiordania. Amira Hass è anche autrice di altri due libri, entrambi i quali sono raccolte dei suoi articoli.



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