Friday, 10 February 2012 08:33 Shir Hever per l’Alternative Information Center
Il Centro Peres per la Pace a Jaffa, nella foto, è solo uno dei molti progetti di normalizzazione
Il dibattito sulla normalizzazione e sui modi con cui essa mina la lotta contro l’occupazione avvieni essenzialmente in luoghi come riunioni, conferenze, campi giovanili per israeliani e palestinesi e in altre attività dette di “coesistenza”.
Ma molto poco è stato detto e scritto sull’aspetto economico o sui guadagni derivanti dalla normalizzazione.
Da quando sono iniziati i negoziati di Oslo, è emerso un nuovo settore economico in Israele – un gruppo di persone che fa soldi dai progetti di normalizzazione, finanziati dai donatori in Europa e negli Stati Uniti. Questi israeliani, ed un numero più piccolo di palestinesi, ripetono il solito rituale di organizzare attività congiunte per israeliani e palestinesi, creando l’illusione che tali eventi contribuiscano a calmare il conflitto, e trascurando le reali cause del conflitto. Molti donatori sono felici di contribuire a questi progetti, perché possono vantarsi di aver appoggiato il “processo di pace”. Le persone che organizzano questi progetti hanno fatto carriera grazie a questi progetti e continuano a farlo ancora oggi, molto tempo dopo il fallimento del vero e proprio “processo di pace”. while steering clear of controversial issues. The people who organize these projects have made a career out of them and continue to do so today, long after the actual “peace process” has sputtered.
Il Centro Peres per la Pace, una ONG israeliana che ha preso il nome dal presidente israeliano Shimon Peres, è uno delle più note ONG che promuovono la normalizzazione. L’opulento edificio nella città di Jaffa, una zona che è stata unilateralmente annessa dal Comune di Tel Aviv, è un esempio di ciò che l’organizzazione rappresenta. La gigante e scintillante struttura, finanziata dall’estero è circondata da palestinesi sfrattati ed impoveriti – che l’organizzazione fa finta di “aiutare” e coinvolgere come “uguali”, ignorando il passato di ingiustizia che ha dato vita alla situazione attuale sia in Israele che nei Territori palestinesi occupati.
Il governo israeliano è pronto a trarre profitti dai progetti di normalizzazione, citandoli nelle relazioni del Ministero degli Affari Esteri al Quartetto e come parte della propria strategia di “hasbara” (propaganda).
Tuttavia, il reale significato economico di questo “carrieristi del processo di pace” è trascurabile. La normalizzazione economica comprende interessi economici più profondi ed importanti, che possono influenzare il futuro economico dell’intera regione.
Il miglior esempio è il piano del “Corridoio di Pace”. Questo progetto ha molte componenti, e nel momento in cui i negoziati proseguono non è chiaro quali componenti saranno realizzate e quali invece no. Queste idee comprendono lo scavo di un canale per collegare il Mar Rosso al Mar Morto, per innalzare il livello delle acque del Mar Morto mentre si produce energia idroelettrica, utilizzata principalmente per desalinizzare l’acqua. Un’altra parte del progetto è una ferrovia per portare le materie prime dalla Giordania, da costruire nella zona di Jenin nei Territori Palestinesi Occupati utilizzando manodopera locale palestinese. Le materie prime verranno poi spedite al porto di Haifa in Israele per essere esportate in Europa. Altri piani del progetto comprendono attrazioni turistiche e lo sviluppo dell’agricoltura lungo il confine tra Israele e la Giordania.
Il progetto viene promosso come un’iniziativa congiunta israeliana-giordano-palestinese. La Giordania viene coinvolta per gli investimenti internazionali, Israele perchè spera di ottenere un maggior impulso per le sue esportazioni in Europa (di nuovo, con investimenti stranieri), e i rappresentanti palestinesi sarebbero trattati, almeno per gli scopi di questo progetto, come rappresentanti di uno Stato. Israele inoltre spera di ottenere un altro vantaggio – progetti come questo consentono alle aziende israeliane di entrare nei mercati arabi che altrimenti sarebbero chiusi a loro (come gli Stati del Golfo), perché in questo modo i prodotti avranno delle etichette “made in Giordania” o “made in Palestina “, anche se le società israeliane prenderanno una quota dei profitti.
Non è un caso che il Centro Peres per la Pace stia lavorando sodo per promuovere questo progetto. L’agenzia di cooperazione internazionale giapponese (JICA), un’organizzazione non governativa giapponese, si è già impegnata a mettere dei fondi per il progetto nonostante le recenti tragedie del Giappone. Alcuni miliardari israeliani come Yitzhak Tshuva si sono dimostrati interessati al progetto.
Molti degli aspetti del progetto “Corridoio di Pace” potrebbero avere un senso economico, e devono essere tenuti in considerazione. Tuttavia, le diseguali relazioni di potere nei negoziati rendono altamente improbabile che i palestinesi possano ricevere la loro giusta quota di profitto dal progetto. Fino a quando i palestinesi non riusciranno a negoziare da una posizione di forza, tutti questi accordi – che sono forgiati con l’illusione di normali relazioni tra palestinesi e israeliani, sorvolando le disparità dovute all’espropriazione e all’occupazione – potrebbero creare danni a lungo termine per l’economia palestinese, danni che i palestinesi non sarebbero in grado di evitare. Questo, naturalmente, si lega al problema centrale che è sempre presente in tutte le forme di normalizzazione, compreso il progetto del Centro Peres per la Pace che ignora le diseguali relazioni di potere e crea la parvenza che ci sia stato un negoziato tra la parti. Di conseguenza, tutto ciò nuoce agli interessi dei palestinesi, minando la loro capacità di forgiare il proprio destino.
Shir Hever è l’autore di L’economia politica di occupazione di Israele
Tradotto in italiano da Marta Fortunato per l’Alternative Information Center
Quest'opera viene distribuita con Licenza Creative Commons. Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia.