Emma Mancini giovedì 16 agosto 2012 11:21
I membri dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica
di Emma Mancini
Roma, 16 agosto 2012, Nena News – Damasco è rimasta sola. Anche il mondo musulmano abbandona la Siria. È di oggi la notizia dellasospensione del Paese dall’OCI, Organizzazione per la Cooperazione Islamica. Una decisione quasi all’unanimità: soltanto l’Iran – tra i 57 Paesi presenti al vertice della Mecca – ha rifiutato di votare contro il regime di Bashar Al-Assad.
Secondo quanto spiegato dal segretario generale Ekmeleddin Ihsanoglu, obiettivo dell’OCI – rappresentante di circa un miliardo e mezzo di musulmani in tutto il mondo – è isolare definitivamente il presidente Assad, considerato colpevole di massacrare il suo stesso popolo “con aerei, carri armati e artiglieria pesante”.
“La conferenza decide di sospendere la membership della Repubblica Araba Siriana all’OCI – si legge nella dichiarazione finale – e tutti i suoi organi sussidiari e le sue istituzioni specializzate”. Un voto preannunciato dal meeting preliminare di lunedì scorso tra i ministri degli Esteri dei 57 Paesi membri e che il segretario Ihsanoglu ha definito “un messaggio alla comunità internazionale da parte di quella islamica che lavora per una soluzione pacifica e per la fine dello spargimento di sangue”.
Il governo di Damasco minimizza. Secondo Khaled Aboud, segretario del Parlamento siriano, la sospensione non avrà impatti negativi sul Paese, né in termini economici e politici né militari, aggiungendo che la decisione non può che essere partita da Stati Uniti e Arabia Saudita: “Alla luce della campagna elettorale negli USA, qualcuno trae beneficio dall’innalzamento della tensione e la destabilizzazione della Siria”.
E infatti è giunto subito il plauso statunitense. Washington ha definito la sospensione un duro messaggio per il regime di Assad, “sempre più isolato dal sostegno globale al popolo siriano e alla sua battaglia per uno Stato democratico”.
E proprio durante il vertice OCI alla Mecca, l’inviato speciale americano Rashad Hussain ha incontrato numerosi presidenti di Stati musulmani per discutere non solo di Siria, ma anche del ruolo delle comunità musulmane nella Primavera Araba. Comunità che in molti Paesi arabi hanno occupato i più alti scranni, tanto da attirare l’attenzione dell’amministrazione USA che non ha perso tempo a farne i nuovi alleati privilegiati. Sul fronte siriano, si muove anche l’ONU. Dopo il fallimento della missione guidata dall’inviato speciale Kofi Annan, che ha rassegnato le dimissioni due settimane fa, le Nazioni Unite intendono aprire un nuovo ufficio in Siria. Prevista per oggi la riunione del Consiglio di Sicurezza per discutere l’estensione della missione dei 300 osservatori oltre il 19 agosto (data di “scadenza” del mandato ONU). Secondo diverse fonti, il Consiglio intenderebbe porre due condizioni alla continuazione della missione: la fine dell’utilizzo da parte dell’esercito governativo di armi pesanti e il minore ricorso alla violenza da parte sia che delle forze di sicurezza di Bashar che dei gruppi di opposizione.
Armi pesanti e bombardamenti che, secondo la responsabile umanitaria dell’ONU, Valerie Amos, hanno colpito in maniera diretta e indiretta 2,5 milioni di persone. Tra loro un migliaio di famiglie palestinesi residenti nei campi profughi del Paese. Questa mattina una bambina di 10 anni, Hanin, e suo padre, Jamal Anu al-Haija, sono stati uccisi nel campo palestinese di Yarmouk a Damasco dai bombardamenti delle forze governative siriane.Secondo le organizzazioni presenti, il campo di Yarmouk è target delle violenze perché abitato sia da palestinesi che da siriani.
Difficile prevedere se l’escalation di violenza verrà bloccata, visto il fallimento del piano a sei punti di Kofi Annan, che non è mai riuscito ad imporre un cessate il fuoco effettivo. Intanto, si prepara ai blocchi di partenza anche il sostituto dell’ex segretario generale delle Nazioni Unite: a ricoprire il ruolo di inviato speciale di ONU e Lega Araba potrebbe essere il noto diplomatico algerino Lakhdar Brahimi, seppur ancora il diretto interessato non abbia confermato.
Le Nazioni Unite sperano ancora in una soluzione diplomatica ad una guerra civile che sta insanguinando la Siria da 18 mesi. È di ieri l’ultimo rapporto dell’UNHRC – il Consiglio per di Diritti Umani dell’ONU – secondo il quale le forze governative guidate da Assad hanno commesso crimini contro l’umanità e crimini di guerra contro la popolazione siriana.
Il rapporto – che fornisce dettagli sulle atrocità commesse – punta il dito contro le forze di sicurezza, colpevoli di “omicidi, torture, crimini di guerra, gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, arresti e detenzioni arbitrari, stupri, distruzione di proprietà private”.
Crimini che, secondo il rapporto dell’UNHRC, macchiano anche le forze armate dei gruppi di opposizione e che mostrano ancora una volta l’incapacità della comunità internazionale a porre fine alla crisi, finora affrontata tentando di fare della Siria la nuova Libia e cercando di spezzare le gambe ad uno dei regimi leader del mondo arabo.
Una soluzione per ora arenatasi a causa dei veti incrociati al Consiglio di Sicurezza, dove ogni Stato membro lavora esclusivamente per tutelare i propri interessi strategici ed economici. Ma una caduta nella Siria in mani occidentali romperebbe per sempre la potenziale compattezza della regione, lasciandola in mano agli interessi dei Paesi del Golfo e degli Stati Uniti d’America, che sono già saltati sul carro dei vincitori in Nord Africa. Nena News
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