Apri gli occhi, First Lady! La visita ufficiale di Gianna Fregonara

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“Come Michelle Obama, la first lady per antonomasia. Come Carla Bruni, l’ ex première dame. In Israele e Palestina, ieri, Gianna Fregonara ha “abbandonato” il marito agli impegni di Stato e si è ritagliata un programma personale. Due tappe dedicate alle donne: il marchio di fabbrica delle first ladies. «È stata un’ esperienza interessante. La prospettiva cambia – racconta – . Ma ho avuto modo di vedere da vicino il bellissimo lavoro fatto sul campo dagli italiani”.
Pur non essendo dediti al gossip, potremmo gioire di questa notizia, pensando alla First lady del nostro Paese impegnata a solidarizzare in Terra santa con una delle innumerevoli esperienze di resistenza nonviolenta che vedono protagoniste le donne, oppure immaginandola ad At Twani o a Bil’in mentre prepara un pezzo, da giornalista professionista, per denunciare le conseguenze dell’occupazione sulla vita quotidiana di un intero popolo.

Purtroppo non è accaduto niente di tutto questo.
Evidentemente la scelta politica che altri avranno forse fatto al suo posto, doveva essere in linea con la ricetta che fa dell’attuale nostro governo un riconosciuto successo: la pacificazione!

Ecco allora in azione la first lady nella città fantasma di Hebron, palese esempio del livello raggiunto dal sistema di colonizzazione e occupazione israeliana, ma con l’intento di evitare ogni riferimento alla responsabilità di Israele. Davvero strano che nessuno l’abbia informata di come sia ridotta oggi una delle più grandi città palestinesi dei Territori Occupati. Sentite come scrive La Repubblica (3 luglio 2013):

“A Hebron, una città dove la minuscola comunità ebrea e il grosso della popolazione palestinese faticano a trovare una convivenza pacifica, la missione TIP si interpone fra i “litiganti”

Il prof. Giorgio Gallo, dell’Università di Pisa, ha così commentato per BoccheScucite:
“Questa descrizione di Hebron, dove la first lady ha visitato i carabinieri che vi operano nell’ambito della missione di interposizione europea TIP, è esemplare del modo con cui troppo spesso nella stampa italiana viene presentato il conflitto israelo-palestinese. Per chi non ha alcuna idea di ciò che succede a Hebron, l’immagine che emerge è quella di una città in cui vivono due popolazioni che non riescono a convivere e “litigano”. Se c’è una asimmetria è a sfavore della piccola popolazione ebraica che deve confrontarsi con “il grosso della popolazione”, quella palestinese – ritorna il mito di “David contro Golia” -. In questa situazione la comunità internazionale deve intervenire con forze di interposizione per mantenere la pace.
La realtà è radicalmente diversa. La piccola comunità ebraica è formata da alcune centinaia di coloni nazionalisti religiosi, fortemente motivati sul piano ideologico e fortemente aggressivi che, da quando, dopo la conquista della città nel 1967, si sono insediati nel cuore della città, hanno progressivamente allargato l’area da loro controllata, escludendone spesso con la violenza i palestinesi. Come denunciato anche dall’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem http://www.btselem.org/hebron , la violenza dei coloni, con la complicità e spesso la collaborazione diretta dell’esercito e della polizia, ha reso spesso impossibile la vita dei palestinesi, costringendo molti di loro a lasciare la città. Israele impone in Hebron “un regime intenzionalmente e apertamente basato sul “principio di separazione”, che porta a una segregazione legale e fisica fra i coloni israeliani e la maggioranza palestinese. Questa politica ha portato a un collasso economico del centro di Hebron con la chiusura di moltissime attività commerciali. Spesso è lo stesso esercito che con la scusa della sicurezza dei coloni costringe i palestinesi a chiudere i loro negozi o ad abbandonare le loro case. Tutto questo avviene in completa violazione della legge internazionale che vieta gli insediamenti nei territori occupati.
Ma di tutto questo nell’articolo non c’è traccia. Una politica di oppressione, segregazione e progressiva espulsione di una maggioranza da parte di una minoranza diventa nulla più che un “litigio” espressione della incapacità di due popolazioni di convivere pacificamente!”

BoccheScucite
LR-6913

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