Bandiera (italiana) con vista

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(da http://invisiblearabs.com/?p=2924)

Non ci si dimentica dei 150 anni dell’unità d’Italia quando si è all’estero. E’ tanto chiaro che anche sull’Altare della Patria, a Roma, c’è un braciere dedicato alla patria da chi se ne sta fuori dai confini d’Italia. Così, me ne sono andata qui a Gerusalemme a comprare una bandiera italiana, che non possedevo da molti decenni, da quando – bambina – la si esponeva sul balcone per le partite della nazionale. Il bastone di una scopa, una bandiera, e sullo sfondo – la vedete? – la Cupola dorata della Roccia, sulla Spianata delle Moschee. Più in là, ancora più in là, le montagne della Giordania, oltre la depressione del Mar Morto.

Bandiera italiana con vista, insomma. Perché è a questo punto indispensabile far capire da che parte si sta. Dalla parte della Costituzione Italiana, frutto di un incontro felice tra minoranze illuminate, come ama ripetere spesso il procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato. Dalla parte della Costituzione, che ho fatto leggere a mio figlio nella versione per bambini di Gherardo Colombo, e che mi sono anche ripassata in questi giorni, tanti anni dopo – quarant’anni dopo – averla lettera per la prima volta, grazie a un maestro elementare, Gioacchino Alonzi, cattolico fervente, morto ad appena trentacinque anni. Dalla parte della Costituzione che, in un suo articolo, definisce anche la forma della bandiera italiana, simbolo dell’unità nazionale.

A guardare quest’Italia scomposta e senza bussola, a distanza, la tristezza si mescola all’indignazione. E’ per questo che, pur appartenendo a una generazione che ha tolto ai segni patriottici quei deleteri afflati quasi-mistici, la bandiera l’ho esposta, stavolta. In un posto dove le bandiere delimitano territori e potere. L’ho esposta non per unirmi a questo senso di possesso che vige da queste parti. Ma perché penso che l’Italia sia veramente una e unita, e che veramente – da italiana da dieci anni all’estero – io mi senta a casa a Torino e a Palermo, nella Milano operosa e nella Puglia sorprendente. Io mi sento a casa, faccio parte di questa casa, ho il diritto/dovere di difenderla e proteggerla. E voglio che la mia casa rimanga quella in cui sono cresciuta: bella, generosa, solidale, accogliente, profumata, sempre piena di gente, non razzista. Vorrei che fosse la casa dei pescatori di Lampedusa, che continuano a raccogliere il sofferente, per mare, come il Samaritano aiutò il sofferente a meno di trenta chilometri da questa casa gerosolimitana.

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