Betlemme, 1 marzo 2010
Ogni palestinese che abita la piccola città di Betlemme custodisce dentro di sé due storie: una di enorme, inenarrabile sofferenza, l’altra di grande tenerezza. Sono entrambe generate dal Muro, costruito da sei anni ormai dentro questa terra. A noi è chiesto di denunciare questa ingiustizia e di far conoscere questo dolore, cioè la prima storia della gente di Betlemme. Ma c’è anche una seconda storia. È quella delle infinite prossimità e gesti di solidarietà che tanti esprimono agli abitanti di Betlemme. Ma noi che anche quest’anno siamo qui, ci chiediamo: chi darà voce a queste storie? Come ci raccomanderebbe don Tonino Bello, ognuno di noi deve annunciare, denunciare e rinunciare. Tutto ciò che non è secondo la dignità dell’uomo ci riguarda. Il nostro venire in questa terra, il nostro gettare ancora “Un ponte per Betlemme” da pellegrini di giustizia è una sintesi perfetta del nostro stare dentro il mondo e dentro la chiesa, sintesi di spiritualità e attenzione all’uomo, di preghiera e di politica. È la nostra responsabilità dopo che abbiamo affondato la nostra mano nelle piaghe della ferita aperta in cui da troppo tempo vivono gli abitanti della Terra Santa. La cosa che possiamo fare tutti è accorgerci e farci mettere in crisi dall’ingiustizia che vediamo, ricordandoci che non vedere, non guardare, è la nostra terribile difesa di fronte alla sofferenza e al dolore subito dagli altri.”
Mons. Giovanni Giudici
Vescovo Presidente di Pax Christi
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