Betlemme, natività sospesa per Covid, disastro economico e fame

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tratto da: https://www.remocontro.it/2020/12/24/betlemme-nativita-sospesa-per-covid-disastro-economico-e-fame/

Remocontro Remocontro 24 Dicembre 2020

Betlemme, natività sospesa per Covid, disastro economico e fame

Cisgiordania. Il blocco totale del turismo e dei pellegrinaggi provocato dalla pandemia ha significato il tracollo economico della città. Migliaia di abitanti non hanno più un lavoro, famiglie in miseria. E l’autorità nazionale palestinese non ha i mezzi per tamponare la crisi.

Mercatino nella piazza della Mangiatoia

«Un brusco passaggio dalla luce del giorno al buio pesto della notte –denuncia Michele Giorgio, sul Manifesto-. Un anno fa Betlemme festeggiava il Natale più ricco degli ultimi venti anni con hotel, ristoranti e negozi strabordanti di turisti e pellegrini. E con la piazza della Mangiatoia, davanti alla Chiesa della Natività, affollata come non mai». «Unico problema, quello solito vecchio di oltre 50 anni, l’occupazione militare israeliana che con le sue restrizioni e il Muro limita le enormi potenzialità della città palestinese, una delle più conosciute nel mondo».

Peggio dell’occupazione militare il Covid

Proprio in questi giorni di Natale il governo del premier palestinese Mohammed Shttayeh è stato costretto ad imporre altre due settimane di lockdown per contenere la diffusione del virus che ha accelerato in questo ultimo mese in Cisgiordania. Il distretto di Betlemme è stato a marzo la prima area palestinese in cui si sono registrati casi di ammalati da Covid-19. Da allora, assieme a quello di Hebron, Betlemme si è segnalato come uno dei focolai principali della pandemia. Crisi sanitaria, vittime, crollo nella economia locale e fame per molte famiglie.

La città delle natività rischia di morire

«Le conseguenze sono state molto gravi e non solo dal punto di vista sanitario. Il turismo, il motore vero dell’economia della città, che dà da vivere a quasi la metà degli abitanti, è fermo completamente da dieci mesi. I 30mila lavoratori palestinesi del turismo rimasti disoccupati sono in gran parte di Betlemme. Nell’indotto i posti di lavoro persi sono molte altre migliaia». Altre feste di Natale tremende alla spalle, tra guerre ed occupazione militare israeliana spesso feroce, ma mai il vuoto assoluto di oggi. «Questa pandemia ha bloccato tutto, siamo in ginocchio».

Impossibile immaginare il futuro

«Ora ci sono i vaccini ma il turismo comunque impiegherà anni a riprendersi». La ministra del turismo dell’Anp, Rola Maayah, calcola in oltre un miliardo e mezzo di dollari i danni subiti da Betlemme per la chiusura totale o parziale dei suoi 72 hotel e delle centinaia di ristoranti, negozi di souvenir e di artigianato locale. Piani governativi di aiuto (i nostri ‘ristori’), ma per la vera ripresa servino i turisti, «e sappiamo che nella migliore delle ipotesi li rivedremo tra più di un anno, forse due», lamentano gli operatori del settore, con una crisi che ormai minaccia le famiglie.

Il governo Shttayeh non ha le risorse

Il governo palestinese ha incassato, dopo un lungo scontro con Israele, circa 800 milioni di dollari dalla raccolta di tasse e dazi per merci e attività produttive palestinesi destinate ai Territori occupati. Almeno la metà sono serviti a versare gli stipendi arretrati di diversi mesi ad oltre centomila impiegati pubblici. A loro volta gli stipendi hanno coperto i debiti fatti dalle famiglie per sopravvivere e per acquistare beni di prima necessità. In ogni caso aiuteranno poco o nulla il turismo su cui si fonda l’economia di Betlemme legata alla natività di un Cristo minacciato dal virus.

Gli aiuti delle Chieste cristiane

«Quest’anno il miglior regalo di Natale per gli abitanti di Betlemme è l’aiuto diretto delle Chiese ai palestinesi cristiani, che si abbina ai sussidi per quelli musulmani garantiti dalle istituzioni di carità islamiche», aggiunge Michele Giorgio. «Ci chiedono cibo, di pagare le bollette dell’elettricità, di fornire le bombole di gas. Un quadro così sconfortante non si era mai visto negli ultimi anni. In questi giorni di Natale la speranza è l’unica cosa che su cui contano ancora molte famiglie», ci riferisce padre Rami Asakrieh, il parroco cattolico di Betlemme.

 

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