La Striscia di Gaza è stretta, allungata e densamente popolata. Una delle principali aree agricole nella Striscia di Gaza corre lungo il confine orientale con Israele, adiacente alla recinzione perimetrale. Negli ultimi anni, B’Tselem ha raccolto testimonianze che indicano che le forze di sicurezza israeliane hanno definito ampie porzioni di queste zone ‘no-go zone’, aprendo il fuoco contro chiunque vi entrasse, anche verso persone che non rappresentavano alcun pericolo. L’esercito afferma che questi regolamenti sono il risultato dell’attività quotidiana dei palestinesi armati in queste zone per raccogliere informazioni, organizzare attacchi contro i soldati, e tentare di rapire soldati e di attraversare la frontiera. In passato, le fonti ufficiali hanno negato che ci fossero stati ordini di allentare le norme per aprire il fuoco in aree definite come “zone speciali di sicurezza.” Inoltre, nel corso di un’audizione in Israele presso l’Alta Corte di Giustizia per quanto riguarda l’uccisione di Iman al-Hams nel mese di ottobre 2004, prima del disimpegno di Israele da Gaza, i funzionari hanno sostenuto che i regolamenti non sono assoluti e richiedono una valutazione caso per caso. È emerso, tuttavia, che gli ordini che i soldati avevano ricevuto erano vaghi, e li avevano fraintesi, pensando di essere stati autorizzati a sparare per uccidere chiunque fosse presente nelle “zone di protezione speciale”.
Le pratiche sopra descritte sono ormai la procedura ufficiale, e in annunci fatti dal portavoce dell’IDF, l’area adiacente alla recinzione perimetrale è classificata “zona di combattimento.” L’esercito israeliano ha anche distribuito volantini in tutta la Striscia di Gaza affermando che chiunque capiti a 300 metri dalla recinzione mette in pericolo la propria vita. L’esercito ha così ampliato la no-go zone, che era stata definita a 150 metri dalla recinzione prima della operazione “Piombo fuso”. I volantini ha dichiarato che “ogni persona che si avvicina si mette in pericolo”, e che sarebbero state prese misure ‘anche con armi da fuoco” nei confronti di chiunque fosse entrato, indipendentemente dall’identità della persona stessa o dagli atti da lei compiuti. Contrariamente a quanto affermato dalla Corte Suprema, in HCJ 741/05, che “le aree di protezione speciale” devono essere chiaramente indicate, il no-go zone della Striscia di Gaza non è contrassegnato in alcun modo.
B’Tselem ha scritto al portavoce dell’IDF chiedendo chiarimenti in merito ai confini del no-go zone, i regolamenti dell’aprire il fuoco lì applicati e le misure adottate dall’esercito per evitare danni alle persone innocenti. In risposta, il portavoce dell’IDF Office si è limitato ad addurre una generalizzata “paura di azioni terroristiche”.
Dall’inizio del 2010, i residenti hanno dimostrato nella zona contro la politica dell’esercito. In diversi casi, i manifestanti hanno lanciato pietre contro le posizioni dell’esercito, ma nessuno dei manifestanti ha usato armi da fuoco.
Testimonianze date a B’Tselem indicano che in molti casi di recente, l’esercito ha sparato contro i manifestanti che si avvicinavano alla recinzione perimetrale, anche se essi non stavano creando pericoli per i soldati. Il 24 aprile, i dimostranti hanno cercato di porre bandiere palestinesi a circa 50 metri dalla recinzione. L’esercito ha aperto il fuoco, ferendo tre dimostranti. Un video del 28 aprile mostra un gruppo di dimostranti in piedi a circa 100 metri dalla recinzione, mentre stanno lanciando pietre contro i soldati di una postazione militare dall’altra parte della barricata. I soldati hanno sparato proiettili sui manifestanti, uccidendo uno di loro, Ahmad Suleiman Sallem Dib, di 19anni.
Testimonianze date a B’Tselem indicano anche che, in almeno quattro casi, i soldati hanno sparato contro i civili che erano a più di 300 metri dalla recinzione perimetrale, anche se i civili non mettevano in pericolo la vita dei soldati.
‘Ali Muhammad Suleiman’ Obeid, 20 anni, del quartiere Shaja’iya a Gaza City, è stato colpito alla mano mentre raccoglieva pietre per fare ghiaia, insieme ai suoi due cugini. Erano su un terreno di famiglia a circa 500 metri dalla recinzione, a sudest di Shaja’iya. Secondo la sua testimonianza, i soldati lo hanno chiamato in ebraico. I tre cugini, dopo che è stato chiesto loro di lasciare la zona, hanno iniziato ad allontanarsi. Ma i soldati hanno aperto il fuoco contro di loro, in violazione degli ordini dichiarati dall’esercito. B’Tselem ha scritto all’ufficio del Giudice, avvocato generale, chiedendo un’indagine e la richiesta di chiarimenti della normativa di ‘aperto il fuoco’ che si applica lungo la recinzione perimetrale.
La chiusura di una parte considerevole dei terreni agricoli coltivati nella Striscia di Gaza danneggia gravemente la sopravvivenza e la routine quotidiana dei contadini e delle persone a loro carico – decine di migliaia di persone. La politica di aprire il fuoco imposto in questi settori mette in pericolo i contadini e gli abitanti delle zone vicine; l’applicazione di questa politica in una superficie superiore a quella indicata aumenta il pericolo a causa della vaghezza creata.
Sparare indiscriminatamente a persone che non rappresentano alcun pericolo per le forze di sicurezza o per la popolazione civile israeliana viola il principio fondamentale che sta alla base del diritto umanitario internazionale: la distinzione tra combattenti e civili. E’ obbligo di Israele proteggere la zona di confine e prevenire azioni contro il proprio Stato, ma la soluzione che ha scelto leda in misura sproporzionata la popolazione civile.
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