Per anni abbiamo vergato con rabbia l’Editoriale di Natale, dedicandolo alle conseguenze incalcolabili che il consueto (e solo apparentemente innocuo) servizio del giorno di Natale sui nostri TG generava nei telespettatori-panettone-e-presepio: l’esperto Claudio Pagliara è sempre riuscito a iniettare la falsa idea che il problema di Betlemme non siano affatto l’occupazione, il muro, le colonie (e infatti non le nominava nemmeno), ma i cristiani perseguitati non si sa bene da chi.
Finalmente quest’anno il microfono del TG2 si è acceso miracolosamente su due voci che da anni sono tra le più potenti bocchescucite della Terra santa, Suor Donatella e Abuna Ibrahim.
Finalmente, in una manciata di secondi arrivati nelle case di milioni di italiani, abbiamo sentito accostare “Betlemme” a “Muro” e “Natale” ad “occupazione”, attraverso le limpide testimonianze di questi nostri amici. Alle consuete immagini di presepi e luminarie abbiamo visto sovrapposte parole e volti di ferma denuncia della distruzione che gli insediamenti israeliani stanno facendo a Beit Jala e del soffocamento che il muro produce nella città della pace.
A dire il vero la giornalista cerca di impostare il servizio evitando ogni riferimento all’occupazione e colonizzazione israeliana, dando corpo alle solite espressioni “la Betlemme del cristianesimo”…”la difficile condizione dei cristiani”…”i cristiani rischiano di sparire”… Ma appena passa il microfono a chi sa veramente come stanno le cose, tutto cambia completamente e ai “cristiani” si sostituisce immediatamente la parola “palestinesi”, per dire ancora una volta al mondo che il dramma della Palestina non sono affatto le piccole incomprensioni tra cristiani e musulmani, ma riguarda l’insopportabile oppressione che i PALESTINESI subiscono da parte dello stato d’Israele!
Grazie Donatella, Grazie Ibrahim e Nasri!
Auguri a voi, che siete la nostra voce e il grido di giustizia che vorremmo sentire nelle aule delle Nazioni Unite durante tutto il 2014, in questi giorni proclamato “ANNO PER LA SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO PALESTINESE”.
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Caro don Nandino,
seguo sempre con interesse e partecipazione il suo impegno per la nuova figura del Cristo, che oggi si incarna nel Palestinese… E provo rabbia, quando la vedo attaccata da fogli sionisti in rete. Non le sarà sfuggita la polemica interessata al riguardo, orchestrata dall’Hasbara israeliana e passata a siti da loro ispirati in lingua italiana. Infatti, per la “promozione” dell’immagine israeliana all’estero sono state mobilitate imponenti risorse, non inferiori a quelle disposte in Palestina per l’esercito, per l’organizzazione dell’occupazione e per la costruzione del Muro, che dicono serva per proteggere da attacchi suicidi di kamikaze (?!) ma io penso sempre ad un che non ho finito di leggere (Le Mur de Sharon) ma dove si sosteneva che un simile muro avesse addirittura un significato razzista-religioso: separare i puri (gli ebrei) dagli impuri (i palestinesi arabi cristiani o musulmani, poco importa). Dava fastidio all’Hasbara e ai suoi agenti che il Palestinese potesse essere identificato con il Cristo, che invece è rigorosamente ed esclusivamente “ebreo”, sia pure un ebreo che nel Talmudo viene registrato come un malfattore figlio di una prostituta… Basta che sia dei nostri, cioè un ebreo!
A lei che è un prete non devo dire queste cose con tutto ciò che comportano come messaggio evangelico e nascita del cristianesimo. Ha parlato di un Pagliara? Questo è il discorso da fare. Mi pare che un Pagliara si dica cristiano, cattolico, e ben si guardi dal dire di non esserlo. I problema è se veramente lo sono cristiani questi signori, e come in altri casi a me noti, di cui non faccio i nomi, non lo siano soltanto per raccogliere voti i sacrestia un giorno e passare poi il giorno successivo a raccogliere non già voti (son pochi) ma favori (consistenti) in altri ambienti, facendo e dicendo ciò che questi ambienti vogliono: è il modo il cui opera ed esiste la Lobby, che ama l’ombra e la discrezione.
Come nel primo canto dell’Inferno, quando Virgilio parla a Dante, è un’altra la strada che si dovrebbe seguire per giungere al risultato della liberazione del popolo palestinese, già “popolo”, qualifica che la stessa Hasbara vorrebbe negare a chi ha sempre abitato in terra di Palestina, per riconoscerlo invece a chi in Palestina non vi è mai stato e vi è giunto e continua a giungervi da ogni parte del mondo. Nel 1861 i numeri dicono che solo il 3,5 % della popolazione di Palestina era di religione ebraica. Solo con gli accordi spartitori, coloniali, fra Francia e Inghilterra, dove quest’ultima prometteva la stessa cosa ad arabi ed ebrei, la Palestina diventa luogo di massiccia immigrazione ebraico-sionista, per diventare maggioranza nel paese solo con la grande pulizia etnica del 1948.
Fra gli analisti, pur filopalestinesi, è prevalente la tendenza a considerare “tardo colonialismo” l’occupazione e la distruzione dei villaggi palestinesi. Gilad Atzmon spiega che le cose stanno assai diversamente. Il sionismo non è un fenomeno locale, ma un potere GLOBALE. La forza dello “stato ebraico di Israele” non è nel Muro, nel suo esercito, nell’arsenale nucleare. È in Italia, in Europa, negli USA, in tutti i luoghi dove agisce la Lobby e condiziona i governi a chiudere gli occhi e a non vedere le evidenze di un genocidio, quello del popolo palestinese, che si compie sotto i nostri occhi e con la complicità dei media. Potrei fare un elenco di nomi, ma seguirebbero delle prevedibili reazioni per nulla necessari al nostro discorso, che si conclude con un suggerimento.
La sua lotta deve proseguire, ma DENTRO la chiesa stessa e contro quei cattolici che un giorno vengono da lei a farsi somministrare la comunione ed il giorno dopo vanno in viaggio di istruzione e indottrinamento negli uffici israeliani dell’Hasbara. La lotta per la liberazione del popolo palestinese e per la cessazione del genocidio, per far rientrare i profughi del 1948 e i loro discendenti, per far vivere tutti in pace in uno stesso territorio, come era nella Palestina ottomana, cioè arabi musulmani, cristiani ed ebrei, questa lotta va fatta per noi in Italia, non in Palestina, perché è da noi che sarà decisa la “soluzione finale” dei palestinesi.
Un caro e cordiale augurio di Buon Anno.
CARO DON NANDINO,
All’inizio di questo 2014 mi piacerebbe riflettere insieme sulle condizioni sociali di emarginazione e di impoverimento che attanagliano larga parte del nostro popolo italiano. Vorrei chiedermi se la nostra disperazione debba sempre valere piu’ della disperazione degli altri ai quali non riconosciamo nessun diritto, neppure quello all’indignazione ed alla rivolta. Perche’ deve essere sentito quasi come legittimo, quantomeno comprensibile, il gesto estremo del suicidio per tanti italiani arrivati alla disperazione per via della crisi economica, e non deve esserlo altrettanto per gesti suicidi di quanti da anni si vedono negati il diritto alla identita’, alla casa allo studio, in una parola alla dignita’? Certo, se dopo decenni dalla amara sofferenza di Radie Resh morta senza conoscere una casa che non fosse un antro privo di finestre, la disperazione diviene rabbia totale contro i responsabili e il disogno diviene da puro suicidio un gesto terroristico da kamikaze noi potremo anche scandalizzarci di fronte a simile violenza, ma nulla ci condonera’ dall’essere rimasti insensibili mentre si costruivano le condizioni della disperazione fino a farne sorgente di violenza estrema.
Le violenze domestiche che in questi giorni siamo costretti a registrare ci dicono quanto la disperazione possa spingere a gesti di violenza verso i propri cari, gli amati. Quando arrivasse il momento che quella disperazione e la voglia di un riscatto impossibile si concentrasse verso coloro che fosssero ritenuti i responsabili delle situazioni dirompenti che hanno creato angoscia cosa potrebbe succedere? Nessuna rete di antagonismo al terrorismo organizzato sarebbe in grado di ostacolare la esplosione di violenza dei disperati.
E quanto maggiore sarebbe la fatica per riappacificare animi ormai giunti alla esasperazione!
Un amico fraterno, che ha segnato la mia vita, e che e’ stato ucciso per la sua testarda ricerca della verita’ su Ustica mi diceva “Fin quando il sangue dei nostri figli varra’ meno del sangue dei figli degli altri, fin quando il dolore degli altri per la morte dei loro figli varra’ meno del nostro dolore per la morte dei nostri figli, ci sara’ sempre chi potra’ ordire stragi in banche, piazze stazioni o nei cieli con la certa speranza dell’impunita’. Dobbiamo diventare familiari di tute le vittime come lo fossimo di sangue, per poter chiedere incessamente verita’ e giustizia con la stessa determinazione dei familiari di sangue. Con in piu’ la competenza ed il cinismo della nostra professionalita’”.
Quello che mancata ed e’ mancato e’ fare del Popolo Palestinese un Popolo di nostri fratelli di sangue, in nome dei quali chiedere incessamente verita’ e giustizia ai persecutori, sotto qualsiasi maschera essi mistifichino la loro aggressione.
Un forte abbarccio.
Mario Ciancarella