Colonizzazione di guerra

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Michele Giorgio, GERUSALEMME, 

Israele/Territori Occupati. L’ultradestra rappresentata dal ministro dell’economia Naftali Bennett applaude alla confisca di 400 ettari di terra palestinesi che saranno destinati all’espansione della colonia israeliana di Gva’ot. Netanyahu sempre più forte nei sondaggi.

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La scelta di Benya­min Neta­nyahu di incon­trare ieri gli alunni della prima e della seconda ele­men­tare delle scuole Amit Torani di Sde­rot e Mevoim, nel sud di Israele, non è stata quella clas­sica di un primo mini­stro che parla a un gruppo di stu­denti al primo giorno del nuovo anno sco­la­stico. E non è stata quella di un pre­mier israe­liano che vuole espri­mere vici­nanza alle comu­nità che, più di altre, hanno subito i lanci dei razzi da Gaza. E’ stata la scelta di un lea­der che ha voluto riba­dire e far capire a stu­denti e inse­gnanti che Israele resta in guerra. Che potrebbe rie­splo­dere tutto. Certo, Neta­nyahu agli sco­lari ha anche chie­sto di stu­diare e ha fatto ricorso a frasi sug­ge­stive del tipo «Siamo il popolo del Libro, ora anche il popolo del tablet». Più di tutto ha chie­sto di appren­dere nel nome del Popolo di Israele, dello Stato di Israele, di Eretz Israel (la biblica Terra di Israele).

E’ una deci­sione di guerra senza dub­bio anche quella presa l’altro giorno dalle auto­rità mili­tari israe­liane di dichia­rare “aree dema­niali” — sono terre pale­sti­nesi occu­pate secondo la legge inter­na­zio­nale — 400 ettari tra Betlemme e Hebron e di espan­dere una colo­nia con un nome ras­si­cu­rante Gva’ot (col­line) che divo­rerà un por­zione stra­te­gica di Cisgior­da­nia. E’ una ritor­sione, spie­gano gli stessi media israe­liani, per l’uccisione lo scorso giu­gno dei tre ragazzi ebrei da parte di una cel­lula pale­sti­nese armata, risul­tata poi affi­liata a Hamas. Si tratta della con­fi­sca più ampia, in una sola volta, negli ultimi 30 anni. Neta­nyahu più che per­pe­tuare, come afferma, la memo­ria di tre ragazzi uccisi in quella zona, vuole riba­dire la sua linea ultra­na­zio­na­li­sta. Lo spiega bene la lea­der del par­tito Meretz, Zehava Gal On: «La deci­sione di ampliare il ter­ri­to­rio del (del blocco di inse­dia­menti ebraici) di Gush Etzion e con­se­gnarlo ai coloni — ha detto la par­la­men­tare — rivela ancora una volta un fatto noto, che il governo di Israele lavora nell’interesse di coloni e che l’obiettivo di que­sta espan­sione è quello di creare una linea con­ti­nua di ter­ri­to­rio tra la linea verde e Betar Illit e Kfar Etzion».

Gioi­scono i coloni. Il Con­si­glio di Gush Etzion ha salu­tato il passo fatto dai mili­tari come la nascita di una “nuova città” (nei ter­ri­tori occu­pati). Il loro lea­der di fatto, il mini­stro dell’economia Naf­tali Ben­nett (Casa Ebraica), ha elo­giato la con­fi­sca dei 400 ettari di terre pale­sti­nese visi­tando la scuola rab­bi­nica Makor Hayim che fre­quen­ta­vano Naf­tali Fraen­kel e Gil-Ad Shaer, due dei tre ragazzi ebrei rapiti e uccisi a giu­gno in Cisgior­da­nia. «Quello che abbiamo fatto ieri è stata una dimo­stra­zione pra­tica degli ideali del sio­ni­smo. Costruire è la nostra rispo­sta a un omi­ci­dio… Voi stu­denti di Makor Hayim era­vate stu­denti nor­mali fino a un paio di mesi fa. Oggi siete la punta di dia­mante. Voi tutti ora avete un peso extra sulle vostre spalle, siete makor hayim (fonte di vita) di Israele». Costruire «è la giu­sta rispo­sta a un omi­ci­dio», ha poi aggiunto durante un tour della zona in cui si svi­lup­perà il pro­getto di Gva’ot. Ben­nett ieri era rag­giante. I dis­sa­pori con Neta­nyahu sulla con­du­zione della guerra con­tro Gaza e Hamas – il lea­der di Casa Ebraica voleva un’offensiva ancora più deva­stante — sono stati subito supe­rati in nome dell’obiettivo supremo: colo­niz­zare e impe­dire la nascita di uno Stato pale­sti­nese sovrano e con un ter­ri­to­rio omo­ge­neo, anche se minu­scolo. E i com­menti della futura lady Pesc Fede­rica Moghe­rini, secondo la quale «non solo sono ille­gali sulla base del diritto inter­na­zio­nale ma rap­pre­sen­tano un osta­colo alla pace e alla pro­spet­tiva dei due Stati», non sono desti­nati ad impres­sione Ben­nett e gli altri mini­stri dell’ultradestra israe­liana. Gli Usa par­lano di deci­sione “controproduttiva”.

Piut­to­sto alle­gro ieri è apparso anche Neta­nyahu. Certo il suo piano di risar­ci­mento per i cen­tri abi­tati israel finiti sotto il tiro dei razzi sta delu­dendo città come Ash­dod, Ash­qe­lon e Beer­sheva, situate a oltre 7 km da Gaza e, per ora, escluse dal piano di aiuti di oltre 400 milioni di dol­lari che sarà attuato nei 2–3 pros­simi anni. Però i son­daggi dicono che il suo par­tito, il Likud, va a gon­fie vele dopo l’attacco a Gaza e il pre­mier ha annun­ciato che fra tre anni di ripre­sen­terà alle ele­zioni per un nuovo man­dato, per la quarta volta.

A Gaza invece saranno neces­sari almeno cinque-sei miliardi di dol­lari per la rico­stru­zione dopo le deva­sta­zioni subite dalla Stri­scia a causa dei bom­bar­da­menti israe­liani. E al momento non si sa quando si terrà la con­fe­renza dei Paesi dona­tori al Cairo, annun­ciata il mese scorso da Egitto e Nor­ve­gia. “Clu­ster Shel­ter” (Onu-Croce Rossa), un’organizzazione inter­na­zio­nale che si occupa della valu­ta­zione dei danni pro­vo­cati dalle guerre, ha comu­ni­cato che ci vor­ranno 20 anni se non sarà rimosso il blocco israe­liano ed egi­ziano che ora limita l’ingresso a Gaza dei mate­riali da costru­zione. 17.000 unità abi­ta­tive di Gaza sono state distrutte o gra­ve­mente dan­neg­giate e 5.000 case hanno ancora biso­gno di lavoro dopo i danni subiti durante le pre­ce­denti cam­pa­gne mili­tari israe­liane. Gaza, peral­tro, ha un defi­cit abi­ta­tivo di 75.000 unità. I pro­blemi imme­diati sono enormi. Il 14 set­tem­bre avrà ini­zio l’anno sco­la­stico per 500 mila stu­denti della Stri­scia e nes­suno sa se tutte le scuole, quelle dell’Unrwa (Onu) e quelle gover­na­tive, saranno dispo­ni­bili o se una parte di esse con­ti­nuerà ad ospi­tare gli sfol­lati che hanno per­duto la casa sotto i bom­bar­da­menti israe­liani a Beit Hanun, Shu­jayea, Khu­zaa, Tuf­fah, Khan Yunis, Rafah. A ciò si aggiun­gono i danni diretti ripor­tati dalle scuole nei 50 giorni di attac­chi aerei e can­no­neg­gia­menti con­tro i cen­tri abi­tati pale­sti­nesi. Almeno 231 edi­fici sco­la­stici sono rima­sti dan­neg­giati, alcuni in modo molto grave, e se non arri­ve­ranno i mate­riali per la rico­stru­zione dif­fi­cil­mente potranno tor­nare disponibili.

Per i ragazzi di Gaza le dif­fi­coltà del nuovo anno sco­la­stico non sono legate solo alle scuole ina­gi­bili o occu­pate dagli sfol­lati. Molti bam­bini pale­sti­nesi accu­sano il disturbo post-traumatico da stress, con­se­guenza delle migliaia di bombe cadute sulla Stri­scia. Le Nazioni Unite cal­co­lano che quasi la metà di coloro a Gaza che accu­sano que­sto disturbo ha meno di 9 anni, il 91% dei ragazzi dorme con dif­fi­coltà e l’82% fatica a con­cen­trarsi. Traumi che rischiano di ria­cu­tiz­zarsi quando bam­bini e ragazzi faranno ritorno a scuola. «Molti di que­sti stu­denti sco­pri­ranno il 14 set­tem­bre che alcuni dei loro amici e dei loro com­pa­gni di classe non tor­ne­ranno mai più a scuola per­chè sono stati uccisi. E que­sto sarà un trauma molto forte, dif­fi­cile da supe­rare», ci spiega il dot­tor Jamil Abdel Hadi della ong “Corpo e Mente”.

Tra le mace­rie di Gaza cir­cola solo una buona noti­zia di que­sti tempi. Rice­ve­ranno per la prima volta lo sti­pen­dio da Ramal­lah i 43 mila dipen­denti del governo di Hamas che ha ces­sato di esi­stere dopo la for­ma­zione dell’esecutivo di con­senso nazio­nale all’inizio di giu­gno. Decine di migliaia di per­sone rima­ste senza alcun red­dito che, Hamas e Fatah, non ave­vano con­si­de­rato quando, alla fine di aprile, i due movi­menti poli­tici si erano ricon­ci­liati e ave­vano deciso di dare vita ad un nuovo governo.

 

 

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