Cosa c’entra

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“Noi, studenti palestinesi della Birzeit University nella Cisgiordania occupata da Israele, stavamo appena esaurendo il trauma dell’assassinio e il lutto di un compagno di studi Saji Darwish – ucciso dall’esercito israeliano di occupazione nel marzo 2014 – e la preparazione per gli esami finali, quando il regno di terrore notturno dell’esercito israeliano ha attraversato la Cisgiordania”.

Cari amici,
sappiamo che tutti voi siete informati sulla tremenda punizione collettiva che sta attanagliando la Palestina occupata, da quando tre giovani coloni israeliani abitanti nella città palestinese di Hebron sono stati presumibilmente rapiti. Ma quanti nel nostro Paese e nel mondo sanno cosa stanno subendo i palestinesi per questo gesto per ora non accertato nè rivendicato da alcuno?
E quanti si sono indignati e hanno protestato, oltre che per il rilascio dei tre coloni israeliani, per l’uccisione di cittadini palestinesi, per le incursioni notturne, per gli arresti e la distruzione dei loro beni?
E soprattutto, amici cari, cosa c’entra?

“Questa scomparsa ha portato a incursioni notturne indiscriminate nella città e nei villaggi della Cisgiordania, arresti di massa, uccisioni, demolizioni di case, sparatorie, gravi restrizioni del movimento e un’escalation di violazioni e di misure punitive collettive contro la gente comune, non risparmiando nessuno, compresi noi studenti universitari; il tutto rendendoci difficile di concentrarci sugli studi. Tuttavia, nonostante tutto ciò che sta accadendo intorno a noi, abbiamo cercato di farlo lo stesso perché questo è il modo in cui affrontiamo queste devastazioni: insistiamo sullo studio e sul nostro diritto all’istruzione sotto l’occupazione militare israeliana, e su questa speranza per il nostro futuro sotto continua minaccia.
Ma la notte del 18-19 giugno 2014, mentre eravamo impegnati negli esami finali di laurea, anche il nostro campus universitario è stato perquisito.”

Eppure i giovani universitari di Birzeit che hanno scritto queste righe se lo chiedono cosa c’entra. Anche se da quando sono nati hanno visto questo. Erano all’asilo quando la seconda intifada ha incendiato le loro città e i loro villaggi: rappresaglie su rappresaglie, in una dilatazione temporale che tutto ingloba e asseconda assurdamente. Eppure studiano e sperano, anche quando i soldati arrivano:

“E abbiamo continuato a chiederci: perché stanno facendo questo? Non abbiamo fatto nulla di male. Perché stanno violando il nostro campus universitario e la nostra vita? Perché sconvolgono il nostro studio e i nostri esami? Perché stanno creando e mantenendo la paura, opprimendoci non solo con la forza bruta, ma rendendo la nostra vita quotidiana insopportabilmente insicura, creando incertezze terribili sul futuro, domani compreso, minacciando la distruzione del nostro futuro; accidenti! facendo in modo di negarci il più fondamentale dei diritti, il nostro diritto all’istruzione? Non siamo forse umani? Non abbiamo il diritto all’istruzione? A un futuro di speranza? A una vita in libertà di giustizia e pace? Perché il mondo non ascolta mai noi palestinesi?

Dedichiamo i nostri pensieri al coraggio nonviolento di questi giovani studenti per cui nessuno si commuove, togliendoci immaginari, stupidi cappelli di fronte al loro desiderio di mantenere una necessaria – ma quanto ammirevole – normalità.
Si sono chiesti perchè, si sono indignati, si saranno anche arrabbiati, o forse impauriti. E poi la loro risposta a tutto questo, ancora una volta e insieme a tutto questo stupendo, indomito popolo, è stata questa:

“E mentre leggevamo e guardavamo il nostro campus invaso, ci siamo chiesti se gli esami si terranno come previsto. Ci siamo interessati delle strade per l’università e della loro sicurezza, e abbiamo pensato che è meglio uscire di casa e dirigersi verso l’università diverse ore prima dell’esame, solo per assicurarsi di arrivare in tempo e non perdere gli esami, visti i posti di blocco dell’esercito israeliano e gli ostacoli che attendono la traversata. Abbiamo pensato che dobbiamo riuscire ad arrivare all’Università, semplicemente questo”.

BoccheScucite

(Il documento degli studenti è stato pubblicato da contropiano.org)

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