Da Bab el Hara alla Primavera

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admin | June 17th, 2011 – 10:40 am

Per anni, il pubblico arabo si è commosso e si è arrabbiato appresso a Bab el Hara, la grande epopea per il piccolo schermo che ha riempito i sei precedenti ramadan. Per trenta giorni, tutte le sere, decine di milioni di uomini donne bambini si sono ritrovati tutti attorno alla tv per seguire la telenovela più amata, la prima in classifica, tutta incentrata sul coraggio dei siriani nazionalisti che lottavano contro l’occupante francese. Armati di poco, di pochissimo, ma forti  della necessità di essere liberi. Epica nazionalistica, tout  court, di quelle che all’inizio non si credeva che avrebbe scalzato il primato dei feuilleton egiziani nelle sere del ramadan.

E invece si vede che gli arabi erano così pronti a sollevarsi contro i propri regimi che persino una fiction per le famiglie poteva diventare – com’è in effetti diventata – un vero e proprio elemento della pop culture degli anni più recenti. Gadget, musica, foto, video, e persino la diffusione dell’accento siriano per ogni dove, tra il pubblico arabo.

E ora? Che succede  in Siria, sul palcoscenico di Bab el Hara, ambientato proprio nella Siria che si ribella alla colonizzazione francese, all’occupante, al regime? Succede che la chiamata in piazza per questo venerdì, che purtroppo si preannuncia come l’ennesimo venerdì di sangue degli ultimi tre mesi (la rivolta siriana è iniziata tre mesi fa, il 15 marzo), è dedicata a un eroe del nazionalismo siriano contro i francesi, sheikh Saleh al Ali. E non stupisce. Non perché ci siano nostalgie  per il nazionalismo di primo Novecento, visto che questo Secondo Risveglio arabo ha tutta una sua cifra. E’ che la primavera araba va guardata a tutto tondo, perché si possa comprendere anche la sua pop culture. E di questa pop culture ha fatto parte anche, non c’è che dire, un polpettone televisivo come Bab el Hara, erede a suo modo dei nostri sceneggiati e del loro ruolo nella crescita di un pubblico televisivo.

Tanto è evidente questo rapporto tra tv, pubblico, miti politici e Primavera araba, che se ne occupa anche un finissimo conoscitore della pop culture della regione come Yves Gonzalez-Quijano nel suo sempre sorprendente blog, Culture et politique arabes. Si occupa, appunto, dei teledrammi e della rivoluzione, con una seconda puntata dedicata alla Siria. E alla posizione che il mondo del cinema siriano, volano della nuova presenza del paese nel panorama televisivo panarabo, ha preso (o meglio, spesso non ha preso) nei confronti del movimento del 15 marzo. E cita anche, en passant, un reportage di Al Jazeera concentrato proprio sulla posizione dei protagonisti di Bab el Hara, a poche settimane dall’inizio di un ramadan che si preannuncia difficile non solo perché è ad agosto e digiunare nelle lunghe e calde giornate d’estate non è semplice.

Miti televisivi a parte, una delle novità più importanti nel tragico panorama siriano riguarda altri tipi di comunicazioni. Quelle dei telefonini, per esempio, il che potrebbe sembrare irriguardoso nei confronti di una tragedia che va oltre i confini della Siria, e tocca tutto il Levante. Ma i telefonini, tra Libano e Siria, sono intrecciati indissolubilmente con la politica (ricordo serissimi problemi in Libano poco prima dell’assassinio di Rafiq Hariri…). Rami Makhlouf, il cugino di Bashar el Assad, uno dei bersagli del movimento 15 marzo, avrebbe ceduto i profitti derivati dal suo consistente pacchetto di azioni in Syriatel a una charity. Vuol dire che sarà sacrificato dal regime che tenta di salvare se stesso, visto che Makhlouf è considerato uno dei simboli della corruzione? Comunque vada a finire, per Makhlouf, la mossa del regime sembra ormai proprio tardiva. Il numero dei morti ammazzati dal regime sono troppi: si parla di 1300 vittime, forse più di quelle uccise dal regime di Hosni Mubarak che si opponeva alla rivoluzione egiziana…

Bashar el Assad annuncia un altro discorso, il suo terzo. Modifiche costituzionali? Forse, ma anche per questo è veramente troppo tardi.

http://invisiblearabs.com/?p=3252

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