tratto da: Beniamino Benjio Rocchetto
lunedì 5 ottobre 2020 01:02
Durante la Seconda Intifada (2000-2004) molti soldati israeliani hanno acquisito familiarità con la “procedura di vicinato”, impiegata dall’IDF nei territori occupati, in base alla quale un palestinese sarebbe stato costretto a bussare alla porta di una persona che i soldati erano stati mandati ad arrestare, per proteggere i soldati da un’imboscata; quindi, i palestinesi venivano probabilmente usati come scudi umani. Nel 2005, la procedura è stata vietata dalla Corte Suprema israeliana.
Tuttavia, durante la Seconda Intifada, questa è stata considerata una tattica legittima per i soldati da utilizzare come ritenevano necessario.
Quei palestinesi non dimenticheranno di essere stati costretti sotto la minaccia delle armi a bussare alla porta di una casa potenzialmente esplosiva, e nemmeno i soldati a cui è stato ordinato di puntare la pistola. Sono passati 15 anni da quando la “procedura di vicinato” è stata abrogata, ma per alcune persone i suoi effetti collaterali si faranno sentire per sempre.
SCARICARE POTENZIALI DANNI SUI CIVILI PALESTINESI / TESTIMONIANZA #Intifada2
Numero di matricola: 221152 – Grado: Maggiore
Unità: Riserve – Area: Betlemme
Periodo: 2002 – categorie: Arresti e Scudi Umani
Spiegaci cos’è la “procedura di vicinato”.
La “procedura di vicinato” è una procedura molto semplice. Ti viene assegnata una missione per entrare in una casa di notte e arrestare militanti o anche solo persone che possono essere costretti a diventare collaboratori del servizio di sicurezza Shin Bet. Supponendo che ci fosse il rischio che l’esercito arrivasse alla casa e venisse colto in un’imboscata, per diminuire la possibilità che i soldati vengano colpiti, il sistema è molto semplice: Entri nella casa del vicino, ecco perché si chiama “procedura di vicinato”, e chiedi a un palestinese di accompagnarti. La parola “chiedere” è un po’ un eufemismo. Si ordina a un palestinese di accompagnaci e di aprire la porta della casa prefissata, bussare alla porta e chiedere di entrare, con un obiettivo molto semplice: se la porta esplode, un palestinese verrà fatto saltare in aria, e i soldati si salveranno. In definitiva è un modo per evitare perdite tra i soldati durante la missione, scaricando in realtà potenziali danni sui civili palestinesi, la cui unica colpa è di essere stati coinvolti.
Come puoi davvero ordinare a una persona di fare qualcosa del genere se non è sospettata di nulla?
L’IDF controlla i territori. Se vengo a casa tua, ovunque tu viva, nella tua abitazione, con una compagnia o un plotone di soldati armati nel cuore della notte che bussano alla tua porta, ti puntano un fucile con il rischio che ti sparino e ti dicono Vieni fuori, verrai fuori, puoi starne certo. È come se la mafia ti chiedesse di fare qualcosa. Non è proprio una richiesta. La possibile conseguenza del suo non fare ciò che gli chiedi è chiara. Probabilmente non è la prima volta che gli viene chiesto di fare qualcosa. Lui, o un suo amico, probabilmente hanno già rimosso i blocchi di pietra dalla strada, ha già eliminato gli spuntoni dalla strada, ha già tirato giù una bandiera da un lampione. Non è come se arrivassero a una situazione tranquilla. Vive in un contesto in cui conosce bene le conseguenze di un rifiuto. Probabilmente ci sarà anche un soldato che lo colpirà se dice di no, o un soldato che impugnerà la sua arma se rifiuta, o verrà minacciato fisicamente, o semplicemente prenderanno suo figlio per convincerlo a farlo.
E per quanto ne sai, durante il periodo di cui parliamo, quanto è stato comune l’uso di questa procedura?
La “procedura di vicinato” veniva usata ovunque il comandante non avesse deciso di non farlo. È una procedura militare scritta nell’ordine di missione, non è la Torah orale, fa parte degli ordini. Arrivi a una casa, bussi alla porta del vicino e lo porti fuori.
C’è l’ordine delle operazioni, e ci sono delle fasi, la “procedura di vicinato” è una delle fasi?
La “procedura di vicinato” è una delle fasi. È come una “vedova di paglia” (un’imboscata in una casa), è come il modo in cui si erige un posto di blocco, è come le procedure di arresto. Non c’è alcuna differenza. Vale a dire, non è un’iniziativa occasionale. Ecco perché la chiamano procedura. Queste sono tutte procedure svolte nei territori occupati al fine di diminuire la discrezionalità del comandante e cercare di trovare un modo unico di affrontare le situazioni, riducendo al minimo i danni ai soldati.
Hai imparato da qualche parte? Durante l’addestramento o qualcosa del genere?
No, è un ordine che ricevi. Non devi esercitarti a portare una persona fuori di casa. Come non c’è bisogno di esercitarsi ad aprire una porta. Si fa continuamente nei territori palestinesi.
Fonte: https://bit.ly/3cWsYfj
https://www.facebook.com/BreakingTheSilenceIsrael/
Trad: Beniamino Rocchetto – Liberamente

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