E in Marocco ci si dà fuoco

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admin | January 21st, 2012 – 12:41 am

 http://invisiblearabs.com/?p=4196

Se avete meno di quattro minuti di tempo, seguite questo link, e guardatevi questo video. E’ vero, è in arabo. Ma non serve sapere l’arabo, e neanche il darija, la versione nazionale dell’arabo in Marocco, per cogliere alcuni elementi di questo video. Intanto, è un bel video, fatto bene, moderno, pieno di appeal, persino troppo professionale. È l’espressione di quello che la cultura dei giovani arabi sa fare. Un bel video, e un video politico, che serve a promuovere la manifestazione del 22 gennaio. La manifestazione di domani per la riforma del Marocco, per  libertà, dignità e democrazia, come dicono gli stessi aderenti al Movimento 20 Febbraio. È il movimento che è sceso nelle piazze marocchine poco meno di un anno fa, e che ancora continua a portare giovani per strada (la foto è stata scattata lo scorso fine settimana a Casablanca).

Sino a pochi giorni fa, nel movimento c’erano tutti, dai laici agli islamisti, sino a che il partito più importante dell’islam politico marocchino fuori dal gioco elettorale non ha deciso di staccarsi dal M20F. Una perdita importante, perché ora nel Movimento 20 Febbraio ci sono solo i laici, e molti di loro appartenenti alla sinistra. Una perdita, dunque, che inficia una coralità di voci che invece, in Egitto, aveva fatto la differenza, a piazza Tahrir.

Nonostante i problemi interni, nonostante la defezioni, il  M20F continua  a esistere, e a segnalare che in Marocco succede qualcosa. Anzi, succede molto di più di quanto riesca a filtrare nei giornali europei. Dove Rabat è tornata d’attualità sono quando è successo qualcosa di eclatante. Qualcosa immortalato nel secondo video che vi propongo

Quest’altro video è molto meno semplice. Mostra ragazzi che si danno fuoco. Sono  disoccupati laureaticome si definiscono loro stessi. Cinque di loro si sono dati fuoco per protestare contro la disoccupazione qualificata. Tre sono stati  portati all’ospedale per le ustioni riportate. E’ una protesta estrema che influirà sulla presa che il Movimento 20 febbraio può avere sull’opinione pubblica marocchina? Chissà. Una cosa è certa: il Marocco non è né pacificato né  normalizzato. La spinta per la riforma non solo della monarchia, ma del sistema politico, amministrativo, economico nel suo profondo non si è conclusa con le manifestazioni della primavera, con la riforma costituzionale dell’estate e con le elezioni dell’autunno.

Ci sono arresti e ci sono processi, per esempio, che colpiscono proprio il Movimento 20 Febbraio, o quel sostegno che c’è alle richieste del movimento.  Un rapper arrestato, e poi liberato. Un altro ragazzo, Mehdi, arrestato, e poi mandato ai domiciliari per aver mostrato un cartello in cui accusava la polizia. Una cyberattivista di fede repubblicana di cui su twitter si denuncia la sparizione, dopo aver messo in rete le sue idee sulla riforma. Ci sono foto, sempre su twitter, che denunciano le maniere forti della polizia.

E poi ci sono discussioni politiche di tutto rispetto sulla riforma, e sul fatto che quello che è successo finora non è abbastanza, perché tutto venga pacificato.

Occhio al Marocco, dunque. Anche al Marocco. Perché non venga espunto dall’immagine d’insieme del Medio Oriente e del Nord Africa. Proprio ora. E soprattutto, anche in Marocco si conferma che la protesta ‘di generazione’, quella che pone domande serie alla vecchia politica, ha una cifra diversa là dove la pop culture giovanile ha avuto uno sviluppo brillante e punte d’espressione molto interessanti. E’ lì, in questa costruzione di una cultura generazionale diversa, artistica tanto quanto politica, che bisogna guardare il cambiamento reale nel mondo arabo. Non disconoscerlo e non sottovalutarlo.

Discontinuità, nella playlist di oggi. Niente rap arabo, anche se lo amo molto. Ma siamo nel periodo dei Pearl Jam. E dunque: Black.

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