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E’ mai permesso?

Quante volte siamo stati in coda al checkpoint insieme ai palestinesi che fanno la fila dell’umiliazione collettiva. Di giorno sotto il sole cocente o di notte, con i fuochi accesi ad aspettare l’alba per andare a lavorare. E loro a dirci che non era giusto, che la loro vita era soffocata dall’illegalità israeliana… e poi a sorriderci sempre, dicendo: è così. Non dovrebbe essere, ma è così.

E quante volte abbiamo scrutato i volti dei giovani soldati o delle soldatesse israeliani messi lì a fare il lavoro sporco. Quello di chi è stupidamente arbitro del destino altrui, fosse anche solo quello che si vive nell’andare a trovare un parente. E magari abbiamo anche detto, desiderando conferire un sussulto di umanità a quelle giovani vite in divisa occupante: ‘magari gli dispiace… forse fa così perchè pensa di difendere il suo popolo… magari non sa… e poi sono così giovani. E non sono tutti così.’

Bene. È vero che sono così giovani i soldati israeliani mandati ai checkpoint -che hanno deciso evidentemente che fare i refusnik non è buona cosa – ed è sicuramente vero che non sono tutti arroganti e e violenti. Ma sta aumentando la loro disumanità.

Ecco il report che un amico ci ha inviato di un episodio avvenuto l’8 maggio 2013 al check point di Kalandia, “traghetto obbligatorio” tra il nord e sud dell’arcipelago della Palestina tra Gerusalemme e Ramallah. Lui ne è stato testimone oculare.

Uscita gabbia numero 3, un anziano zoppicante aiutandosi con le stampelle, tenta di uscire dal passaggio controllo per le persone. Suona l’allarme, troppo metallo con la sua persona. Si sentono le grida di una soldatessa, che rimane dietro lo sportello vetrato, di gettare le sue stampelle per terra.

Chissà che regola impedisce alla soldatessa di dare questo comando comunque stupido con un tono di voce normale. Chissà chi non le permette di uscire dalla sua, di gabbia, e andare a guardare quel vecchio negli occhi, per parlargli.

L’uomo getta le stampelle, ma non riesce a rimanere in piedi, si aggrappa a un lato del passaggio, e l’allarme risuona. Nuove grida della soldatessa, sempre da dietro lo sportello vetrato, con l’ordine di spogliarsi. Lui, che non si tiene più in piedi, cade a terra e le grida di avere una gamba artificiale e che è per questo che deve andare all’ospedale di Gerusalemme araba per un controllo, con un permesso di un giorno dato dall’autorità militare israeliana .

Un uomo è a terra, perchè lei non gli hai permesso di reggersi in piedi, eppure continua a sputare ordini. Senza fermarsi a chiedersi cosa sta facendo. Senza ascoltare l’altro, senza pensare alle conseguenze umane dei propri ordini. L’altro è solo un possibile ostacolo alla sua sicurezza. È la personificazione delle paure di uno stato che continua ad armarsi, a barricarsi e a sentirsi assediato mentre usa le armi, assedia e mura vivo un intero popolo. Perchè la soldatessa sta solo eseguendo ordini. L’allarme non deve suonare. E lei esegue. Ma tutto ciò è permesso? Evidentemente sì.

La soldatessa riprende a gridare di nuovo, sempre da dietro lo sportello vetrato, gli ordina di mettere la gamba artificiale sul cingolo di controllo e cosi pure le stampelle. Un altro uomo di passaggio, pure lui, mette le stampelle e l’arto artificiale, ma il paziente è ancora bloccato per terra, al passaggio, perché l’allarme continua a suonare.

Gamba e stampelle finalmente sono al loro posto. L’uomo è per terra, anche lui al posto in cui lei voleva che fosse. Perchè, sennò, avrebbe usato quella testa, che le è servita per decidere ordini grotteschi, per ragionare, per recuperare dalla prigione in cui l’aveva rinchiuso, quel barlume di umanità che le restava. E invece no. Avanti con gli ordini e con la disumanizzazione. È permesso? Evidentemente sì.

Grida della soldatessa e di un altro soldato dietro il loro sportello vetrato: tìrati giù la cintura. L’uomo con una gamba sola, strisciando per terra come un verme, comincia a gridare più forte dei due soldati, inviando tutte le maledizioni possibili su di lei, il suo collega e i loro ordini militari che seguivano senza curarsi della sua sorte.

La cintura. Cavoli, se la devono togliere tutti i palestinesi al checkpoint, lo sanno anche i bambini (palestinesi ovviamente)! E poi evidentemente questo verme strisciante è davvero pericoloso, lì a terra senza gamba e senza dignità. Magari si arrabbia davvero e… e allora bisogna essere in due per mantenere a terra il nemico. O per tenere a bada la propria coscienza che forse non urlerà di sdegno, ma comincerà pur a sussurrare qualcosa a queste due persone alienate.

E invece no. È permesso? Evidentemente sì.

I passanti in attesa negli altri sportelli-gabbia reagiscono, gridando finalmente la loro rabbia contro i soldati, sempre al sicuro dietro il loro sportello vetrato, fino all’arrivo di un ufficiale che lascia aiutare l’anziano sempre per terra, a rimettersi l’arto artificiale e aiutarlo a rimettersi in piedi con le sue stampelle.

Beh almeno l’ufficiale ha usato la voce per qualcosa. Ci sarebbe piaciuto che la usasse anche per chiedere scusa. O magari per dire solo tre piccole frasi.

Prego, passi pure. È permesso. Siete a casa vostra.

BoccheScucite

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