1 È cosa nota che, di fatto per molti anni, la musica di Richard Wagner è stata bandita dalle sale da concerto israeliane, e lo si può comprendere non solo perché, oltre che un grande compositore, Wagner è stato, come scrive Edward W. Said, (“Musica ai limiti”, Feltrinelli 2010, prefazione di Daniel Baremboim) “un violento e ripugnante antisemita”, ma perché egli ha avuto la ventura di essere il compositore più amato da Hitler e la sua musica ha spesso accompagnato i lugubri rituali del nazionalsocialismo. Said, raffinato musicologo e autorevole intellettuale palestinese, scomparso pochi anni orsono, che con Baremboim intrecciò una solida e duratura amicizia, in alcuni tra i tanti saggi che percorrono con rara acutezza la musica europea tra otto e novecento, prova ad analizzare questo rapporto partendo dalla sera in cui a Gerusalemme il 7 luglio 2001 Baremboim, direttore della Staatsoper di Berlino, eseguì un estratto dalTristan und Isolde. Baremboim, in quell’occasione, espose le ragioni per cui intendeva rompere questo tabù ed eseguire per la prima volta in Israele la musica di Wagner e aggiunse che chi si sentiva offeso da tale ascolto avrebbe potuto lasciare la sala. Non era facile infatti in Israele prescindere dall’ideologia razzista di Wagner, dalle sue ostentate dichiarazioni di superiorità della razza tedesca, dalla sua debordante mitologia teutonica, nonostante la sua genialità rivoluzionaria di creatore di grandi opere liriche. Said non si pone di fronte a questo tema nella banale posizione di un T. Celli, che minimizza il suo antisemitismo, opponendogli la ben povera obiezione della sua stima e amicizia per il direttore d’orchestra Hermann Levi, o leggendolo piuttosto come schermo per attaccare il suo nemico Meyerbeer, né si pone in quella, parimenti discutibile, posizione di M. Mila che sbrigativamente liquida come “disastrosa” la tesi di un insigne saggista come Hans Mayer che nella sua biografia di Wagner afferma che “nelle concezioni politiche di Richard Wagner non si deve assolutamente vedere qualcosa di esterno e di accessorio alle sue grandi creazioni drammatico-musicali”Il discorso di Said è ben più articolato e condivisibile. Egli riconosce che l’ascolto di Wagner può essere traumatico per tutti quegli elementi che ne hanno fatto a suo tempo “un autore ideale per una lettura nazista”, per cui “se una persona è turbata dal nesso che ha legato un tempo Wagner all’Olocausto non ha motivo di infliggersi l’ascolto di Wagner”. Il lettore ricorderà la fulminante battuta di Woody Allen: “quando ascolto Wagner mi viene voglia di invadere la Polonia”; e debbo dire che anch’io, nell’ambivalente amore per questo musicista, riascoltando il prologo delRing, cioè il preludio orchestrale di Das Rheingold, con quei suoni primordiali che nascono dai timbri più gravi dell’orchestra, che crescono in un magma sonoro avvolgente e si espandono prendendoti non nel cervello ma nelle viscere, ho pensato come si sposerebbero bene come sottofondo ad un allucinato e inquietante comizio hitleriano. Ma la realtà è che la musica di Wagner è un fenomeno molto più complesso, ed è inaccettabile e irrazionale rifiutarla e condannarla, perché ciò che in essa predomina e interessa è la sua genialità ed il fatto che, come ricorda Said, essa ha trasformato totalmente il sistema tonale, in opere che sono al vertice della musica dell’occidente. Wagner, egli aggiunge, “si serve del cromatismo e della polifonia con tale diabolica efficacia da portare a un passo dall’esplosione i nessi consci e razionali che garantiscono la coerenza del sistema tonale”. Wa gner era un poeta e un rivoluzionario, egocentrico e megalomane, eccessivo, contraddittorio, sontuoso e tra volgente che, dice Said, con la sua melodia infinita è penetrato in ogni ambito della cultura occidentale contemporanea. “Come spesso Baremboim ha sottolineato, scrive ancora Said, nessuna delle opere di Wagner presenta elementi immediatamente riconducibili all’antisemitismo. Ci sono personaggi, come Beckmesser neiMeistersinger von Nurberg, che possono denunciare stereotipi antisemiti, ma si tratta di dati marginali rispettoall’opera musicale nella sua interezza e il fatto che Wagner fosse ‘un individuo umanamente disgustoso’” non incide sulla sua grandezza di artista. “Per altro chi deciderà quale livello di bassezza morale possa essere tollerata nella produzione di un artista?” Debussy era un nazionalista ultraconservatore, Haydn un cortigiano servile, Bach un leccapiedi di nobili e preti. Se si comincia a censurare, tutto può diventare oggetto di censura e la censura non avrà più limite. Dunque “l’esecuzione di Wagner da parte di Baremboim, benché dolorosa per quanti soffrono ancora le conseguenze del genocidio nazista, ha avuto l’effetto salutare di spostare il lavoro del lutto su di un altro piano: sul piano della vita, della vita che deve fare il suo corso, della vita che non può irrigidirsi nel suo passato”. Come non convenire con questo sguardo lucido, pacato e appassionato? Con lo stesso spirito Said parla della profonda amicizia e della stima che lo lega a Baremboim, e di come loro due abbiano combattuto e superato con la musica la separatezza e l’odio che separa i due popoli a cui essi appartengono, costruendo insieme un’orchestra israelo-palestinese, dando concerti per il mondo e nei territori occupati, opponendo la loro capacità di dialogare e di comprendere al sospetto e all’intolleranza dominante. Così Said e Baremboim sono la prova non confutabile che tutto sarebbe possibile anche ora quando tutto sembra perduto.
2Il rifiuto generalizzato, la condanna univoca, la ricusa assoluta di un fenomeno complesso come quello wagneriano è una scelta irrazionale e in ultima analisi inaccettabile. E altrettanto stupida e dannosa, da parte di noi arabi, è stata la scelta di parlare di “entità sionista” anziché di “Israele”, di rifiutare e comprendere la presenza di Israele e degli israeliani, di negare la loro esistenza perché all’origine della nakba palestinese. La loro storia è una realtà dinamica, e se ci aspettiamo che gli israeliani rinuncino finalmente a utilizzare lo spettro dell’Olocausto per giustificare gesti che calpestano in modo atroce i diritti umani della gente palestinese, anche noi arabi dobbiamo rinunciare alle tesi idiote di chi sostiene che l’Olocausto non ha mai avuto luogo, o che tutti gli israeliani, uomini, donne, bambini, sono destinati a restare nostri nemici in eterno. Nulla nella storia è mai definitivo. Nulla nella storia si sottrae alla comprensione, alla forza della riflessione, all’analisi, alla ridefinizione. I politici e i demagoghi di professione possono dire tutte le assurdità di questo mondo, possono fare tutto ciò che fanno, ma per gli intellettuali, gli artisti, i liberi cittadini deve essere possibile esprimere il proprio dissenso, la propria visione alternativa, la propria sfida alla tirannia della maggioranza, il proprio contributo all’affermazione della ragione e della libertà umana.
Edward W. Said, Musica ai limiti, saggi e articoli, Feltrinelli, Milano 2010, pag. 394
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