Export armi, la rivolta della società civile

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Luca Liverani

L’ultimo carico, com’è noto, il 30 ottobre: il cargo 4K-SW888 Boeing 747 della compagnia aerea azera Silk Way Airlines è decollato da Cagliari carico, secondo le ong, di diverse tonnellate di bombe della RWM Italia, azienda bresciana di proprietà del gruppo tedesco Rheinmetall, con impianti a Domusnovas in Sardegna. Una fornitura che prosegue da anni: circa 5mila pezzi per oltre 70 milioni di euro. «L’Italia da tempo sta vendendo bombe all’Arabia Saudita – spiega Francesco Vignarca della rete Italiana Disarmo – ormai in palese violazione della legge 185», la norma che vieta espressamente l’esportazione di armamenti «verso i Paesi in stato di conflitto armato». Una guerra che ha fatto oltre 4mila i morti, di cui almeno 400 bambini, e 20mila feriti, la metà tra civili. Sotto le bombe a Sa’dah, il 26 ottobre, anche un ospedale di Msf.

Non solo: «È in corso anche la vendita al Kuwait – racconta Vignarca – di 28 aerei Eurofighter per 8 miliardi di euro. Il governo, al quale la 185 attribuisce il ruolo di controllore dell’export delle aziende italiane, in realtà è il primo a promuovere questi affari: il premier Renzi nel suo recente viaggio in Arabia Saudita è stato accompagnato dall’Ad di Finmeccanica Mauro Moretti. Parliamo di armi da guerra, non di noccioline, a paesi coinvolti nello scacchiere siriano nella lotta interna all’Islam tra Assad, al Nusrah, Daesh». Secondo un’analisi dell’Institute for economics and peace di Sidney l’80% delle vittime del terrorismo si verificano in Pakistan, Afghanistan, Irak, Siria e Nigeria. «È lì – afferma la Rete Italiana Disarmo – che si gioca questa partita: altro che guerra all’Occidente. E noi contribuiamo a portare armi in quel quadrante. Un conto sono i traffici illegali, ma che lo facciano i governi occidentali… Ci conviene davvero incassare quei soldi?». «La comunità internazionale si muove in maniera incoerente – dice il portavoce di Amnesty International Riccardo Noury – rispetto al tema delle violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita. Da un lato si mobilita contro il rischio che venga messo a morte un attivista minorenne e premia un bloggerdissidente. Dall’altro, tace sui crimini di guerra commessi in Yemen e, anzi, li alimenta con trasferimenti irresponsabili di armi».

«L’Italia vende sempre di più in Medio Oriente e Nord Africa, ma noi sappiamo sempre di meno di queste esportazioni», sostiene Giorgio Beretta dell’Osservatorio Opal Brescia. «La legge 185 è stata fortemente depotenziata, svuotata e un parlamentare non può più controllare nulla». Nell’ultimo quinquennio le autorizzazioni all’export di armi da guerra a paesi non Ue né Nato sono salite al 62,9% e tra i primi 20 destinatari solo 7 sono «democrazie complete» secondo la classifica del Democracy Index stilato dall’Economist.

Cinque sono regimi autoritari, due sono ibridi. In testa Algeria e Arabia Saudita. Ma i dati sono sempre meno intellegibili. Dal 2009, col governo Berlusconi IV, le tabelle del Rapporto al Parlamento si sono svuotate: «Ora nelle autorizzazioni si parla di ‘velivoli’ – spiega Giorgio Beretta – senza specificare se sono elicotteri per la ricerca di dispersi o Mangusta da attacco. Il Parlamento può controllare ben poco. Non sappiamo che banca gestisce le transazioni tra RWM e Arabia Saudita. Al sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova – aggiunge l’esperto – abbiamo chiesto di reintrodurre i destinatari e il dettaglio delle operazioni bancarie, sparite nell’ultima relazione del governo Renzi, nonostante le 1281 pagine. Rimpiangiamo la trasparenza del governo Andreotti che riportava tutte le informazioni necessarie a un controllo parlamentare»

 

Export armi, la rivolta della società civile

http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/Export-di-armi-dallItalia-Rivolta-della-societ-civile-.aspx

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