FOTO: Il nuovo modo di mostrare la Nakba

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17 SET 2012

 

Una tomba musulmana del villaggio palestinese di Beit Nuba, demolito, è visibile dietro una scuola della colonia israeliana di Mevo Horon. È una delle immagini contenute nella nuova guida Zochrot “C’era una terra” (Foto: Ryan Rodrick Beiler)

Zochrot (in ebraico “ricordare”) è un’organizzazione israeliana la cui missione è educare gli ebrei israeliani sulla Nakba palestinese, che il gruppo definisce “la distruzione, l’espulsione, il massacro, lo stupro dei palestinesi che vivevano in questo Paese. Alla fine della guerra sono stati trasformati in rifugiati con la forza, al fine di creare lo Stato ebraico”.

In un’altra immagine di “C’era una terra”, i resti di case palestinesi del villaggio di Imwas sono ancora visibili accanto ad un sentiero del Canada Park, dove il Jewish National Fund ha piantato alberi per coprire le rovine di numerosi villaggi palestinesi (Foto: Ryan Rodrick Beiler)

Ma, come il direttore di Zochrot, Liat Rosenberg, ha recentemente spiegato, la loro missione va oltre il mero “ricordo”: l’obiettivo è aiutare Israele in quanto società colonialista a prendersi le responsabilità delle proprie azioni e a fermare le ingiustizie ancora in corso.

Secondo Zochrot, la principale responsabilità è “riconoscere e concretizzare il diritto al ritorno” per i rifugiati palestinesi. Sono molto pochi gli israeliani che intendono fare un primo passo per ricordare la Nakba palestinese. Ancora di meno quelli che vogliono riconoscere, e tanto meno chiedere, il diritto al ritorno. Zochrot offre strumenti per educare e riattivare l’immaginazione necessaria per portare a casa questi ambiziosi scopi politici.

Al centro Eitan Bronstein Aparicio, membro di Zochrot, guida alcuni volontari che mostrano foto a grandezza naturale di palestinesi rifugiati nella marcia annuale per i diritti umani di Tel Aviv dello scorso 11 dicembre. Nel cartello si legge “Ricordare la Nakba” in ebraico, arabo e inglese (Foto: Ryan Rodrick Beiler)

Un altro importante aspetto del lavoro di Zochrot fin dall’inizio è stato quello di offrire visite guidate delle comunità palestinesi spopolate durante la Nakba. Simili tour sono spesso condotti dagli stessi rifugiati palestinesi che raccontano la loro esperienza di espulsione.

Yaqub Ouda, rifugiato palestinese oggi residente a Gerusalemme Est, è la guida di nel suo villaggio natale, Lifta, da cui la sua famiglia fu espulsa nel 1948 dalle forze sioniste (Foto: Ryan Rodrick Beiler)

Zochrot ha costruito su tale esperienza il suo nuovo libero, “C’era una terra”. Prodotto da circa 40 scrittori e fotografi in un formato simile ad una guida per appassionati di sentieri e camminate, il libro contiene mappe, foto e descrizioni dettagliate che permettono al lettore di esplorare 18 comunità tra le oltre 500 località spopolate della Palestina storica. Così un numero maggiore di persone potrà accedere alla storia della Nakba, molte di più di quelle che aderiscono ai tour di Zochrot. E siccome il principale target del gruppo sono gli israeliani, il libro è redatto sia in ebraico e che in arabo, e si spera di arrivare anche a produrre la versione in inglese.

 

“C’era una terra”, la nuova guida prodotta da Zochrot per incoraggiare l’esplorazione delle località palestinesi spopolate durante la Nakba (Foto: Ryan Rodrick Beiler)

Come spiega Zochrot in una parte del libro:

Cosa si nasconde dietro il muro di pietra all’angolo delle strade Arlozorov e Ibn Gabirol a Tel Aviv? Cos’è la pila di pietre vicino all’autostrada 1, alla curva Motza? E cos’è il minareto nel mezzo della principale via di Yahud?

“C’era una terra” offre 18 tour nei villaggi e i quartieri palestinesi i cui abitanti sono stati espulsi da Israele durante la guerra e poi distrutti. Le visite portano il lettore nei luoghi un giorno vissuti e di cui conosce le rovine, senza tuttavia sapere cosa rappresentino. Da A-Zib Achziv a Nord fino a Ber Sheva a Sud, i tour mostrano al lettore e al viaggiatore luoghi nascosti nel paesaggio del Paese, restituendo nuova vita a quelle rovine misteriose ma familiari, alle case abbandonate e ai muri in rovina.

 

Umar al-Ghubari, coordinatore dei tour di Zochrot, parla durante il lancio del libro al teatro ebreo-arabo di Jaffa (Foto: Ryan Rodrick Beiler)

Il 7 settembre, Zochrot ha lanciato il libro nel teatro ebreo-arabo di Jaffa. Tra il pubblico era presente Meron Benvenishti, un uomo vecchio abbastanza per ricordare suo padre parlargli delle visite degli amici palestinesi negli anni prima della Nakba. “Questo è il ricordo della mia infanzia, che sono così triste per aver perso. Ma sono anche io responsabile di questa perdita”.

Il coordinatore dei tour di Zochrot, Umar al-Ghubari (a sinistra) ascolta Meron Benvenichti (a destra) parlare al lancio del libro “C’era una terra” (Foto: Ryan Rodrick Beiler)

La probabilità che gli israeliani si assumano le proprie responsabilità per la Nakba e mettano fine alle discriminazioni appare remota, ma anche Umar al-Ghubari, coordinatore dei tour e cittadino palestinese di Israele, mostra piccoli segni di speranza. Due giorni prima della presentazione – durante una visita nel villaggio spopolato di Lifta – ha detto: “In passato, la parola Nakba non era parte del vocabolario israeliano. Da 10-15 anni, la società israeliano parla di Nakba, anche se in molti non capiscono completamente cosa sia”.

Umar al-Ghubari mostra le foto del prima e del dopo la demolizione del villaggio palestinese di Imwas, durante una visita al Canada Park (Foto: Ryan Rodrick Beiler)

“Ora l’obiettivo è portare nel vocabolario israeliano il diritto al ritorno – ha detto al-Ghubari – Forse con dieci anni di lavoro aiuteremo Israele a discuterne”.

Alternative Information Center

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