In una lettera consegnata al suo avvocato, l’attivista canadese David Heap, denuncia la violenza dell’esercito israeliano nell’abbordaggio delle navi della Flottilla e nel trattamento dei detenuti.
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Nonostante le rassicurazioni di Tel Aviv sull’abbordaggio “pacifico” della Saoirse e della Tahrir, le dichiarazioni di David Heap smentiscono ampiamente fonti militari israeliane secondo le quali “ la Marina di Israele ha adottato ogni precauzione necessaria per assicurare l’incolumità degli attivisti a bordo delle navi”. Secondo la testimonianza del professore canadese, resa pubblica dal suo avvocato che ha potuto visitarlo sabato nella prigione di Givon, «sebbene sia stato colpito con pistola taser e ferito durante la rimozione forzata (come risultato, zoppico leggermente), sto fondamentalmente bene». Stando al racconto dell’attivista Fintan Lane, che si trovava a bordo della Saoirse e che sabato è riuscito a contattare la portavoce dell’imbarcazione irlandese Claudia Saba, “hanno messo in azione pompe ad acqua ad alta pressione contro le navi e hanno puntato le pistole contro i passeggeri attraverso i finestrini che poi sono stati spaccati mentre il ponte della nave ha quasi preso fuoco. Le due barche sono state recintate a tal punto che sono entrate in collisione e, in particolare la Saoirse, sono state danneggiate”.
E, dopo l’abbordaggio che nel maggio 2010 è costato la vita a nove attivisti turchi a bordo della Mavi Marmara, è di nuovo polemica sui metodi coercitivi israeliani nei confronti dei pacifisti che si avvicinano alle acque territoriali di Gaza.”Il blocco navale è stato riconosciuto come legale dalle Nazioni Unite”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli esteri Yigal Palmor, riferendosi al controverso rapporto Palmer pubblicato il 2 settembre scorso, che giustifica tacitamente ogni azione israeliana volta a preservare la sicurezza del paese e dei suoi “confini”. Non sono della stessa opinione gli attivisti della Freedom Flotilla: “Per quale ragione sono stati arrestati? Navigavano in acque internazionali” si chiede Claudia Saba, specificando che il carico era composto da “forniture e medicinali per Gaza”.
Non solo l’abbordaggio, ma anche il trattamento subito dai prigionieri nelle carceri israeliane è messo sotto accusa dagli attivisti della Freedom Waves, secondo i quali “perfino ai familiari di molti delegati è stato impedito di mettersi in contatto con i passeggeri”. Nella lettera consegnata al suo avvocato, David Heap ha stilato una lista di richieste per le quali i pacifisti detenuti stanno facendo pressione, come il diritto di associazione tra le celle e la diffusione di notizie sulla sorte degli altri attivisti, quelli che non sono a Givon. “Siamo molto preoccupati per Majd Kayyal –ha scritto Heap- il nostro compagno palestinese di Haifa che era a bordo della Tahrir e che abbiamo visto per l’ultima volta nel porto di Ashdod”. Per lui c’è il rischio di finire in detenzione amministrativa, senza un processo né la condanna da parte di un giudice, a discrezione delle autorità militari israeliane. “Ogni detenzione politica è ingiusta –conclude Heap- ma vorrei sottolineare che, per durata e condizioni, la nostra situazione impallidisce in confronto a quella di migliaia di prigionieri politici palestinesi e alla prigione a cielo aperto di Gaza”. Nena News
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