Thursday, 22 December 2011 14:15 Centro Palestinese per i Diritti Umani (PCHR)
Lavorare un terreno ormai impossibile da coltivare è diventata realtà quotidiana per Naeem El Laham, 62 anni, conosciuto come Abu Mohammed. Insieme a sua moglie, ai suoi 6 figli, alle 5 figlie e ai nipoti vive in una fattoria ad ovest di Khan Yunis.
“La nostra terra agricola ha un’estensione di due dunum. I miei figli mi aiutano a lavorare la terra, proprio come io ho aiutato mio padre quando ero più giovane” racconta Abu Mohammed.
Sulla sua terra ha piccole palme, alveari, 6 pecore, alcuni alberi di ulivo, e un paio di piante di verdure. A prima vista sembra una piccola fattoria. E’ solo quando si dà un’occhiata più da vicino alle piante e quando si ascolta la storia di Abu Mohammed, che ci si rende conto che questa fattoria è sotto seria minaccia.
“Fino a otto anni fa riuscivamo a comprare l’acqua da una sorgente vicina. Ma poi non riuscivamo più a permettercelo”. Come molti altri agricoltori nella Striscia di Gaza la famiglia sta lottando per avere l’acqua a prezzi accessibili, e nel 2003 ha scavato un pozzo.
“Circa quattro anni dopo aver scavato il pozzo ho notato un aumento della salinità nelle acque provenienti dal nostro pozzo” racconta Mohammed. “Le piante hanno iniziato a morire e i raccolti a peggiorare. Una volta piantavamo le verdure ed eravamo auto-sufficienti ma da quando hanno iniziato a ricevere acqua salata, hanno smesso di crescere. Dal 2003 coltiviamo alberi di limone. Quando la salinità dell’acqua è aumentata, gli alberi si sono ingialliti e hanno iniziato a produrre solo limoni di piccole dimensioni con un sapore salato”.
Nel 2010 Abu Mohammed ha deciso di tagliare gli alberi di limone perché non davano più frutti. Al loro posto ha piantato diverse decine di palme poichè sono apparentemente più adattabili alle salinità nell’acqua. “Ci vorranno alcuni anni prima che questi alberi raggiungano una dimensione notevole e comunque, in ogni caso, i datteri che produrranno non saranno redditizi come i limoni che che avevamo” sospira Mohammed.
Fino a due anni fa la famiglia beveva l’acqua proveniente dal pozzo. Acqua che li faceva star male. Mohammed spiega come “la maggior parte dei membri della nostra famiglia ha avuto problemi ai reni e i bambini più piccoli sono stati portati in ospedale molte volte per calcoli renali e vomito. Il medico in ospedale ci hanno consigliato di smettere di bere l’acqua del pozzo e di comprare l’acqua trattata. Questo non ha fatto che peggiorare la nostra situazione economica”. Abu Mohammed descrive come durante l’operazione Piombo Fuso il fosforo bianco sia arrivato a circa un chilometro e mezzo di distanza dalla sua azienda. Il fumo e le esalazioni hanno raggiunto la sua fattoria e da quel momento i suoi alberi di olivo hanno smesso di crescere.
Abu Mohammed e la sua famiglia hanno provato in ogni modo a continuare a lavorare nella loro fattoria, ma non ci sono riusciti. “Abbiamo bisogno di aiuto per coltivare nuovamente le nostre terre” racconta Abu Mohammed mentre esprime il desiderio di continuare la tradizione della sua famiglia.
Circa 70.000 persone lavorano nel settore agricolo nella Striscia di Gaza, 25.000 dei quali sono lavoratori stagionali. L’acquifero della costa è la loro principale fonte di irrigazione per la terra. A causa della mancanza di altre risorse questo acquifero ha subito la contaminazione di acqua salina e lo scarico della fogna nelle falde acquifere ha aumentato i già alti livelli di nitrati. Il gruppo di advocacy EWASH ha dichiarato: “In passato la produzione agricola garantiva l’auto-sufficienza delle famiglie di Gaza e contribuiva alla sicurezza economica. Oggi l’agricoltura nella Striscia di Gaza non è quasi più possibile”.
http://www.alternativenews.org/italiano/index.php/topics/news/3342-gaza-coltivare-con-un-granello-di-sale
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