GAZA, DOMANI PROCESSO AGLI ASSASSINI DI VIK

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Il quotidiano Il Manifesto, grazie all’aiuto dell’avvocato Mohammed Najar, ha avuto accesso alla confessione di uno degli imputati nel processo che si apre a Gaza sul rapimento ed assassinio di Vittorio Arrigoni lo scorso aprile

MICHELE GIORGIO

Gaza, 07 settembre 2011, Nena News – Vittorio Arrigoni è stato strangolato tra le 23 del 14 aprile e l’1 di notte del 15. Era  ancora vivo nel video girato dai suoi rapitori e messo in rete. Il volto  tumefatto e sanguinante dell’attivista e giornalista italiano mostrato  dalle immagini filmate era il risultato dei colpi durissimi che aveva  ricevuto, in particolare uno inferto alla testa con il calcio di una  pistola da Bilal al Omari, suo occasionale compagno di palestra, nelle  prime fasi del sequestro allo scopo di fermare il suo tentativo di  liberarsi e fuggire.

A riferirci questi e molti altri particolari, in  anticipo sull’apertura domani a Gaza city del processo a carico di  quattro palestinesi accusati del rapimento e dell’omicidio di Vittorio, è  stato ieri a Mohamed Najar, avvocato di Khader Jram, 26 anni, un  giovane palestinese del campo profughi di Shate, con un incarico presso i  vigili del fuoco, che ha confessato di aver personalmente indicato  Vittorio come lo straniero da catturare al gruppo (presunto) salafita  che lo scorso aprile, agli ordini del giordano Abdel Rahman Breizat, ha  rivendicato il rapimento di Vik. Najar, mostrandoci le fotocopie di  documenti ufficiali ricevuti dalla procura militare, ha letto i passaggi  più rilevanti delle confessioni rese dagli imputati durante gli  interrogatori.
E’ la verità degli imputati – Mohammed Salfiti, 23  anni di Karama; Tarek Hasasnah, 25 anni di Shate; Amer Abu Ghoula, 25  anni di Shate e Khader Jram -, che forse non corrisponde pienamente a  quanto è accaduto. Inoltre altri due componenti del gruppo di rapitori,  il giordano Breizat e il palestinese al Omari, considerati i «capi»  della cellula salafita, non possono raccontare la loro versione. Sono  stati uccisi un paio di giorni dopo il ritrovamento del corpo di Vik  durante il blitz effettuato nel loro rifugio di Nusseirat da una unità  scelta di Hamas. Tuttavia è la prima volta, cinque mesi dopo  l’assassinio di Vittorio, che viene reso noto, anche se solo in parte,  il file delle indagini svolte dalla procura militare di Hamas (tutti e  quattro gli imputati sono membri con compiti diversi delle forze di  sicurezza) e mai consegnato ai legali della famiglia Arrigoni.  Due giorni fa è finalmente giunta dall’Italia a Gaza la procura (sulla  base dei criteri fissati dal movimento islamico) a favore del Centro  palestinese per i diritti umani che rappresenterà i famigliari di Vik  all’udienza di domani. Si spera che Hamas non trovi ulteriori pretesti  per non riconoscerla.
Perché è stato ucciso Vittorio che a Gaza aveva  dedicato gli ultimi anni della sua vita e dove godeva della stima di  tanti palestinesi? L’avvocato Najar ha una lunga risposta a questa  domanda che da mesi si pongono tanti. «Dalle confessioni e dichiarazioni  del mio assistito e dagli altri imputati emerge che l’intento del  gruppo, informale non una vera e propria organizzazione, era quello di  sequestrare un occidentale per ottenere la liberazione dello sceicco  Abdel-Walid al-Maqdisi, arrestato da Hamas per attività sovversive», ha  spiegato Najar. «Breizat era tornato a Gaza (vi era entrato la prima  volta un anno e mezzo prima e vi aveva fatto ritorno, grazie a documenti  falsi, tra febbraio e marzo 2011, ndr) allo scopo preciso di trovare un  modo per liberare lo sceicco Maqdisi che era stato suo maestro in  Giordania», ha aggiunto l’avvocato sostenendo che «attraverso il  rapimento i giovani volevano affermare l’esistenza della loro cellula  armata (ideologicamente legata a Tawhid wal Jihad, ndr) e non avevano  intenzione di uccidere l’italiano». Vero, falso? Najar alza la spalle.  «Questo è ciò che leggo negli atti». Perché proprio Vittorio Arrigoni?  «Il mio assistito (Jram) che lavorara nella stazione dei vigili del  fuoco davanti ad un edificio frequentato da Vittorio, mi ha detto di  aver insistito molto su quel nome perché era conosciuto a Gaza e perché,  secondo lui, l’italiano conduceva una vita poco conforme ai costumi  locali, troppo da occidentale». In sostanza, ha spiegato il legale, «il  fine del rapimento era di far liberare prima di ogni altra cosa Maqdisi e  subito dopo dare una lezione all’italiano: pestarlo, impaurirlo e poi  liberarlo».
Ma le cose sono andate in modo diverso e Vik è stato  brutalmente ucciso. «La polizia di Hamas (la sera del 14 aprile, ndr) ha  ricostruito in poche ore la dinamica del rapimento e ha arrestato  subito Khader Jram che seguiva i movimenti di Arrigoni,  gli aveva parlato la sera del sequestro e aveva segnalato i suoi  spostamenti ai complici. Per evitare la cattura perciò Breizat ha ucciso  l’italiano e con altri due complici ha provato a far perdere le tracce,  assieme ad altri due (al Omari e Salfiti,ndr) ma sono stati rapidamente  individuati». La figura del giordano, descritto come freddo e  calcolatore dagli altri membri del gruppo, rimane un mistero anche  nell’indagine svolta da Hamas. Scorrendo gli atti, l’avvocato Najar dice  che la procura militare non è stata in grado di accertare collegamenti  tra Breizat e «forze esterne» interessate ad eliminare Vittorio Arrigoni, ma gli investigatori non li escludono.
L’impressione  che abbiamo ricavato ieri è che durante il processo l’avvocato Najar e i  legali degli altri imputati addosseranno a Breizat e al Omari, che non  possono più parlare, le responsabilità maggiori. Salfiti, ad esempio, ha  dichiarato sotto interrogatorio che quando Vittorio è stato ucciso «lui  era al gabinetto» e di non aver visto nulla. Hasasnah ha fornito una  versione simile. Jram invece afferma di aver avuto un ruolo secondario,  non operativo, nella gestione del sequestro mentre al Ghoula dice di  aver soltanto dato in affitto l’appartamento usato dai rapitori per  nascondere Vittorio e di non aver mai saputo delle intenzioni del gruppo  armato. Assisteremo perciò ad un intenso «scaricabarile». Jrar nel  frattempo si dichiara «molto pentito» per aver insistito sul rapimento  di Vik e spera in una condanna a pochi anni di carcere. Spetterà al  giudice militare Abu Omar Atallah fare chiarezza mettendo fine alle  reticenze delle autorità di Hamas che in cinque mesi non hanno diffuso  alcun comunicato sull’assassinio di Vittorio. Persino la data del  processo non è stata annunciata.  Nena News
questo articolo e’ stato pubblicato il 7 settembre 2011 dal quotidiano Il Manifesto

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