GAZA. Oxfam: Striscia senz’acqua quasi tre anni dopo la guerra

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24 mar 2017

L’allarme lanciato dalla Ong con un rapporto evidenzia la gravità di una situazione che viene affrontata solo in parte dalla comunità internazionale

 Gaza-acqua

della redazione

Roma, 24 marzo 2017, Nena News – A quasi tre anni dall’offensiva israeliana “Margine Protettivo” che nel 2014 distrusse buona parte del sistema idrico e fognario di Gaza, il programma dalla comunità internazionale per la ricostruzione post-bellica non risponde ai bisogni dei quasi 2 milioni di abitanti della Striscia intrappolati in una delle zone più densamente popolate del mondo. E’ questa la denuncia dell’ong internazionale Oxfam che due giorni fa ha diffuso un suo rapporto: “Gaza senz’acqua”.

Una situazione aggravata dal blocco di Israele sulla Striscia, ufficialmente per colpire il movimento islamico Hamas, di cui pagano per primi i costi i due milioni di palestinesi di Gaza. Persone che sopravvivono con uno scarsissimo accesso all’acqua e una pessima situazione igienico-sanitaria. “Basti pensare – scrive Oxfam nel suo rapporto – che il 95% della popolazione, anche solo per bere e cucinare, dipende dall’acqua marina desalinizzata fornita dalle autocisterne private, semplicemente perché l’acqua fornita dalla rete idrica municipale (che presenta oltre 40% di perdite) non è potabile o perché oltre 40 mila abitanti non sono allacciati alla rete. A questo si aggiunge un sistema fognario del tutto inadeguato con oltre un terzo delle famiglie che non è connesso al sistema delle acque reflue. Una situazione di carenza idrica di cui fanno le spese soprattutto donne e bambini”.

“Siamo di fronte a un peggioramento esponenziale dell’emergenza idrica a Gaza. – spiega Paolo Pezzati, responsabile di Oxfam per le emergenze umanitarie – La popolazione sta facendo i conti con un sistema di ricostruzione che non riesce a superare le restrizioni generali imposte dal blocco israeliano sulla Striscia di Gaza”.

In questi giorni più parti hanno lanciato l’allarme sulla situazione idrica a Gaza dove  il 97 per cento della falda acquifera è inadatto per uso domestico a causa della salinizzazione. Le Nazioni Unite mettono la scarsità e l’inquinamento delle risorse idriche tra i principali flagelli di Gaza. “Se la catastrofe non arriverà quest’anno, sarà sicuramente qui nel giro di tre anni”, prevede Zidane Abu Zuhri, responsabile per le questioni idriche di Unicef, l’agenzia dell’Onu che tutela l’infanzia.

I due milioni di palestinesi di Gaza dipendono da aziende private ​​che purificano l’acqua, il più delle volte con esiti non soddisfacenti. Le conseguenze per la salute sono ampie. “Ogni anno vediamo un aumento del 13-14 per cento nel numero di pazienti ricoverati con problemi renali”, dice il dottor Abdallah al Kishawi, primario della nefrologia all’ospedale Shifa a Gaza City. Questi problemi renali, aggiunge, “hanno origini note come il diabete e le malattie ereditarie ma non c’è dubbio che anche sul peso dell’inquinamento delle acque. L’elevata salinità può causare calcoli renali e problemi del tratto urinario”.

 La desalinizzazione è una delle poche possibilità esistenti per poter avere più acqua potabile a Gaza. Il 19 gennaio è stato inaugurato un impianto di desalinizzazione del valore di 10 milioni di euro, finanziato dall’Unione europea, in grado di produrre 6.000 metri cubi di acqua potabile al giorno a disposizione di 75.000 palestinesi nel sud della Striscia. L’Unione europea garantisce altri 10 milioni di euro per raddoppiare le capacità dell’impianto. Ma non basta di fronte al fabbisogno.

Un rapporto diffuso negli anni passati dalle Nazioni Unite fissa al 2020 l’anno in cui Gaza non sarà più vivibile. Nena News

 

 

GAZA. Oxfam: Striscia senz’acqua quasi tre anni dopo la guerra

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