Gaza, rapito un italiano. La minaccia dei salafiti: “Liberate i nostri o l’ostaggio morirà”

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14 apr 2011

La condanna, a Gaza City, è unanime. Le notizie – su Twitter e Facebook – si rincorrono. C’è anche chi chiede di organizzare su dei gruppi di palestinesi che possano mettersi alla ricerca dell’uomo e punire i responsabili. La verità è che Vittorio Arrigoni, il volontario e giornalista free lance italiano rapito giovedì mattina a Gaza City da tre uomini di un gruppo islamico salafita, è diventato l’ennesima vittima di una guerra doppia: quella tra Hamas e Israele, in prima linea. E quella tra Hamas e i gruppi paramilitari che costituiscono il braccio armato del gruppo palestinese.

Il cooperante è stato rapito mentre lasciava il campo di Jerbala con uno dei quadri delle milizie delle Brigate di al-Aqsa. L’ultimo tweet sul profilo dell’uomo risale al giorno prima. Un attivista convinto. Sempre schierato a fianco dei palestinesi. Sempre pronto a battersi per loro. Proprio come faceva Juliano Mer-Khamis, l’arabo israeliano ucciso a Jenin, in Cisgiordania.

IL VIDEO – In un filmato su YouTube, il gruppo salafita minaccia di ucciderlo se entro trenta ore, a partire dalle ore 11 locali di giovedì (le 10 in Italia), il governo di Hamas non libererà i detenuti salafiti. «Ho riconosciuto l’uomo nel video, è un nostro attivista che è entrato e uscito da Gaza molte volte negli ultimi due anni», ha detto Huwaida Arraf, cofondatrice dell’Ism. E conferma così che nel video c’è proprio Arrigoni, da tempo attivista del Movimento di solidarietà internazionale.

L’uomo appare bendato e con segni di violenza sul lato destro del volto. Sembra avere le mani legate dietro la schiena, mentre qualcuno gli tiene la testa. Sul viso sono evidenti le tracce di sangue che partono da sotto la benda nera che gli copre gli occhi. Mentre una musica copre il sonoro del video. A fianco, in sovraimpressione, scorrono scritte in arabo e inglese.

Nel filmato i rapitori accusano Arrigoni di diffondere «i vizi occidentali», il governo italiano di combattere contro i paesi musulmani e il governo del premier di Hamas Ismail Haniyeh di lottare contro la shaaria (la legge religiosa musulmana).

Nel messaggio sul video inoltre le scritte in arabo esortano i giovani di Gaza a sollevarsi contro il governo di Gaza. Chiedono, i miliziani, di liberare lo sceicco al-Saidani, noto anche come Abu Walid al-Maqdisi, il principale fra i detenuti. Al-Tawhid Wal-Jihad è il leader di una formazione salafita impegnata nella Jihad (guerra santa ad oltranza) e fiancheggiatrice di Al Qaeda.

Egiziano di origine, aggiungono le fonti, Abu Walid al-Maqdisi è stato arrestato poco più di un mese fa dai servizi di sicurezza egiziani perché ritenuto coinvolto in una serie di attentati. Secondo Haaretz, nell’aprile 2006 Al-Tawid al-Maqdisi rivendicò la paternità di attentati contro alberghi nel Sinai (Egitto) in cui rimasero uccise 19 persone. Il giornale sostiene che Hamas ha adesso elevato lo stato di allerta nel timore di ritorsioni da parte dei sostenitori dello sceicco.

I RAPITORI – I salafiti si rifanno al movimento islamico della Salafiyya, che letteralmente significa “Movimento degli antenati”, fondato dal riformista egiziano Rashid Rida verso la fine dell’Ottocento. Le organizzazioni salafite si caratterizzano per una rigorosa ideologia apocalittica che comprende un netto rifiuto di tutto quanto è relativo all’Occidente. Il loro obiettivo è quello di ristabilire il “vero Islam” tramite il ritorno alle fonti, ovvero al Corano e alla Sunna del Profeta Maometto. Nella maggior parte dei casi sono riconducibili direttamente ad al-Qaeda. In passato le autorità di Hamas hanno tentato di reprimere, senza successo, il complesso universo salafita presente nella Striscia di Gaza.

IL PROFILO – Vittorio Arrigoni è nato a Besana Brianza, in Lombardia. Il trentaseienne attivista per i Diritti Umani dell’International Solidarity Movement sostiene da sempre che il suo «non è un lavoro (non essendo retribuito), ma una vocazione». Vittorio, che ha anche un blog, “Guerrilla radio”, nel 2009 ha pubblicato il libro “Restiamo umani”, che era anche il monito con cui chiudeva le corrispondenze dalla striscia di Gaza durante i giorni dell’assedio israeliano.

I proventi sono stati devoluti interamente al Center for Democracy and Conflict Resolution, per finanziare progetti di assistenza ai bimbi rimasti gravemente feriti o traumatizzati durante l’assedio. Lui, Vittorio, «nonostante offerte allettanti come un tour in giro per l’Italia con Noam Chomsky», aveva raccontato di aver deciso di «rimanere all’inferno, qui a Gaza».

Era stato anche minacciato di morte da un sito statunitense di estrema destra, due anni fa. Lo aveva rivelato lui stesso. Sul sito stoptheism.com, nato proprio per combattere il movimento di Arrigoni International Solidarity Movement, l’italiano veniva indicato come bersaglio numero uno per le forze armate israeliane, con tanto di foto e dettagli che permettevono di identificarlo, come un tatuaggio sulla spalla.

Arrigoni era stato arrestato il 18 novembre 2008, insieme con un cittadino americano e un britannico, tutti membri del Movimento di Solidarietà Internazionale (Ism) e a 14 pescatori palestinesi, da un guardacoste della marina israeliana vicino alla costa di Gaza. Secondo i militari, i pacifisti e i pescatori erano a bordo di tre pescherecci che si trovavano al di fuori della zona di pesca autorizzata dalle autorità israeliane.

Ancora prima, il 16 settembre dello stesso anno, il volontario era stato lievemente ferito mentre, insieme con una collega, aveva accompagnato in mare i pescatori. Ancora, Arrigoni era tra i pacifisti a bordo delle imbarcazioni della missione internazionale «Free Gaza», diretta nell’agosto 2008 verso le coste della Striscia nel tentativo di forzare il blocco israeliano portando aiuti umanitari.

Leonard Berberi

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