Gaza schiacciata tra Israele e l’Egitto

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REDAZIONE 4 OTTOBRE 2013

 Egyptian forces destroy more Gaza tunnels

di Jonathan Cook

2 ottobre 2013

Il furore per il recente attacco con le  armi chimiche contro la Siria, ha messo in ombra gli eventi sconvolgenti a sud di quel paese, mentre che i generali egiziani fanno una tranquilla guerra di attrito contro la dirigenza di Hamas a Gaza.

Hamas si è trovata sempre più isolata, politicamente e geograficamente, da quando l’esercito ha egiziano ha  spodestato il primo presidente democraticamente eletto, Mohammae Morsi, agli inizi di luglio. Hamas sta pagando il prezzo dei suoi stretti legami con la Fratellanza Musulmana, il movimento islamico che ha preso per breve tempo il potere per mezzo delle elezioni seguite alle proteste rivoluzionarie che hanno spodestato il dittatore Hosni Mubarak nel 2011.

Da quando l’esercito ha dato il via la colpo di stato tre mesi fa, mettendo in carcere la dirigenza della Fratellanza Musulmana egiziana e la settimana scorsa dichiarando fuori legge le attività del movimento e congelando i suoi beni, Hamas è diventato un comodo capro espiatorio per tutti ogni i segni di disordini.

Hamas è incolpata dell’aumento dei gruppi militanti islamici nel Sinai, con molti presi da truppe  beduine locali scontente, che hanno attaccato i soldati, le istituzioni governative e i trasporti con navi attraverso il canale di Suez. L’esercito sostiene che un terzo degli islamisti che ha ucciso in recenti operazioni venivano da Gaza.

A una conferenza stampa dell’esercito nel mese scorso, vari palestinesi hanno “confessato” di contrabbandare armi da Gaza nel Sinai, mentre un comandante egiziano, Ahmed Mohammed Ali, ha accusato Hamas di “prendere di mira l’esercito egiziano con delle imboscate.”

I media egiziani hanno colllegato Hamas perfino un’autobomba esplosa al Cairo il mese scorso che ha quasi costato la vita al nuovo ministro degli Interni Mohammed  Ibrahim.

In agguato nell’ombra c’è anche il timore dell’esercito che, se la Fratellanza Musulmana scegliesse la strade della violenza, potrebbe trovare un alleato utile in una Hamas forte.

Un giro di vite nei confronti del movimento islamico palestinese è stato certamente inevitabile, e di una portata da cui perfino il Signor Mubarak avrebbe arretrato. L’esercito egiziano ha intensificato il blocco intorno all’unico confine corto con Gaza, replicando quello imposto da Israele sugli altri tre.

Nelle recenti settimane, l’esercito ha distrutto centinaia di tunnel attraverso i quali i palestinesi contrabbandano il combustibile e altri generi necessari che scarseggiano a causa dell’assedio di Gaza.

L’Egitto ha distrutto case dal suo lato del confine per stabilire una “zona cuscinetto” come aveva fatto Israele a Gaza dieci anni fa quando occupava ancora direttamente l’enclave, per impedire che venissero scavati altri tunnel.

Questo ha gettato la popolazione di Gaza in una situazione avversa  e ha assestato un grosso colpo alle entrate delle tasse che Hamas raccoglie grazie al commercio attraverso i  tunnel. La disoccupazione sta aumentando vertiginosamente e gravi carenze di combustibile significano interruzioni di corrente anche più lunghe.

Analogamente, il valico di Rafah al confine di Gaza con l’Egitto – l’unico accesso verso l’esterno per la maggior parte degli studenti, dei pazienti bisognosi di cure mediche, e per chi fa affari – viene ora aperto raramente, perfino ai dirigenti di Hamas.

E la marina egiziana ha  perseguitato i palestinesi che cercano di pescare al largo della costa di Gaza, in una zona già fermamente limitata da Israele. L’Egitto ha sparato contro le barche e ha arrestato gli equipaggi vicini alle sue acque territoriali, facendo riferimento alla sicurezza.

Opportunamente, un recente fumetto su un giornale di Hamas, mostrava Gaza stretta tra due artigli – uno Israele, l’altro l’Egitto. Si citano le parole di Sami Abu Zuhri, un portavoce di Hamas, che ha detto che l’Egitto “sta tentando di superare gli Israeliani nel tormentare e affamare la nostra gente.”

Hamas è a corto di alleati nella regione. Il suo leader, Khaled Meshal ha lasciato la sua base in Siria all’inizio della guerra civile, alienandosi l’Iran. Anche altri recenti sostenitori, come la Turchia e il Qatar, stanno mantenendo le distanze.

Hamas teme lo scontento che sta montando a Gaza, e particolarmente una manifestazione programmata per novembre sul modello delle proteste di questa estate in Egitto che hanno aiutato a spodestare Morsi e la Fratellanza Musulmana.

Il rivale politico di Hamas, Fatah – e l’Autorità Palestinese, con sede in Cisgiordania, si dice che siano dietro a questo nuovo movimento di protesta.

I tentativi prolungati fatti da Hamas e da Fatah, per concludere un accordo, sono ora un ricordo lontano. Alla fine di agosto, l’Autorità Palestinese ha annunciato che presto avrebbe preso “decisioni dolorose” riguardo ad Hamas, parole che si suppone siano un riferimento a dichiararla una “entità canaglia” e quindi a tagliarle i fondi.

L’Autorità Palestinese vede nell’isolamento di Hamas e nei suoi rinnovati legami alla dirigenza egiziana, un’occasione per riprendersi Gaza.

Come sempre, Israele è lungi dal fare lo spettatore innocente.

Dopo il periodo inquietante del governo della Fratellanza Musulmana, gli eserciti egiziano e israeliano – i loro interessi strategici sempre strettamente allineati – hanno ripristinato la cooperazione per la sicurezza. Secondo i servizi dei media, Israele ha fatto pressioni su Washington in seguito al colpo di stato di luglio, per assicurarsi che l’Egitto continui a ricevere generose distribuzioni di aiuti, e, come nel caso di Israele, per lo più sotto forma di assistenza militare.

Israele ha chiuso un occhio sulle truppe egiziane  e anche sui carri armati e sugli elicotteri che si riversavano nel Sinai in violazione del trattato di pace del 1979. Israele preferirebbe che l’Egitto eliminasse la minaccia islamista sulla loro soglia condivisa.

La distruzione dei tunnel, intanto, ha isolato il principale canale per mezzo del quale Hamas si si armava contro i futuri attacchi israeliani.

Israele è anche felice di vedere Fatah e Hamas prosciugare le loro energie manovrando l’una contro l’altra. L’unità politica avrebbe rafforzato la causa dei palestinesi con la comunità internazionale; divisi, possono essere facilmente messi l’uno contro l’altro.

Questo gioco cinico è in pieno svolgimento. Una settimana fa Israele ha acconsentito per la prima volta in sei anni a far entrare materiali da costruzione a Gaza e anche altro combustibile. Una conduttura approvata di recente, raddoppierà la fornitura di acqua per Gaza.

Queste misure sono designate a rinforzare  l’immagine dell’Autorità Palestinese a Gaza, come ricompensa per essere tornati agli  attuali inutili negoziati e a indebolire l’appoggio ad Hamas.

Con l’Egitto che si unisce al blocco, Israele  ora un controllo più rigido su che cosa entra ed esce, permettendogli di punire Hamas mentre contemporaneamente migliora la sua immagine all’estero pere essere generosa con articoli “umanitari” per una popolazione più vasta.

Gaza dipende di nuovo dai favori di Israele. Anche gli analisti politici israeliani, però, ammettono che la situazione è lungi dall’essere stabile. Prima o poi qualche cosa deve succedere. E i membri di Hamas potrebbero non essere i soli in balia della tempesta.

Jonathan Cook è un giornalista vincitore di un premio e risede a Nazareth, Israele.

 I suoi libri più recenti sono: “Israel and the Clash of Civilisations: Iraq, Iran and the Plan to Remake the Middle East” [ Israele e lo scontro di civiltà: Iraq, Iran e il piano per rifare il Medio Oriente] (Pluto Press) Disappearing Palestine: Israel’s Experiments in Human Despair” [La Palestina che scompare:gli esperimenti di Israele di disperazione umana] (Zed Books).  Il suo nuovo sito web è: www.jonathan-cook.net

 

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/gaza-crushed-between-israel-and-egypt -by-jonathan-cook

Originale: Jonathan Cook’s ZSpace Page

Traduzione di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2013  ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC  BY – NC-SA  3.0

 

http://znetitaly.altervista.org/art/12572

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