GERUSALEMME. Le forche caudine dei permessi di costruzione

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26 ott 2016

All’alba le autorità israeliane hanno demolito un palazzo a Silwan lasciando 30 palestinesi senza un tetto sulla testa. Per la comunità araba ottenere un permesso nella città santa resta una chimera

demolizioni

della redazione

Gerusalemme, 26 ottobre 2016, Nena News – Trenta palestinesi senza un tetto sopra la testa dopo aver trascorso gli ultimi nove anni a tentare di regolarizzare la propria casa: questa mattina all’alba le autorità israeliane hanno demolito un palazzo nel quartiere di Silwan, a Gerusalemme, per mancanza dei permessi di costruzione. Permessi che sono stati regolarmente rigettati dal Comune di Gerusalemme.

Le forze militari hanno circondato l’area di al-Jisr e mandato i bulldozer a distruggere la casa della famiglia Jaafreeh, dopo aver cacciato i proprietari. A comunicare la demolizione erano stati funzionari del comune che ieri avevano compiuto una prima perquisizione nell’edificio. Costruito 17 anni fa, aveva ricevuto il primo ordine di demolizione nove anni fa. Da allora la famiglia Jaafreh ha inultilmente chiesto il permesso di costruzione, il via libera necessario a salvarla. Ma i quattro appartamenti dell’edificio a due piani non lo ha mai ricevuto.

Un destino uguale a quello di migliaia di case private palestinesi a Gerusalemme Est, per le quali i permessi di costruzione sono una chimera. Secondo un rapporto pubblicato dal quotidiano israeliano Haaretz basato su dati ufficiali, dei 3.238 permessi di costruzione emessi dal comune di Gerusalemme nel 2015 soltanto 188 erano destinati a palestinesi. Guardando agli ultimi cinque anni, i numeri variano poco: di 11.603 permessi solo 878 sono stati riconosciuti a quartieri palestinesi.

A ciò si aggiunge la politica di pianificazione urbana israeliana che salta a pié pari i quartieri palestinesi: se in quelli ebraici buona parte delle costruzioni sono finanziate e progettate dalle autorità statali o comunali, in quelli palestinesi questo non avviene. È tutto a carico dei privati che devono sfidare i master plan cittadini e passare per le forche caudine della burocrazia israeliana: anni passati a rincorrere permessi che non arrivano, decine di migliaia di shekel pagati (si arriva a 300mila shekel, quasi 80mila dollari in un’area in cui l’80% dei residenti vive sotto la soglia di povertà) e alla fine si costruisce lo stesso senza permesso.

Si costruisce in zone che lo Stato israeliano considera off limits, senza servizi né infrastrutture, e si aspetta l’ordine di demolizione. Secondo l’associazione israeliana B’Tselem, dal 1999 al 2004 1.049 abitazioni sono state demolite nei Territori Occupati e dal 2006 al 2015 altre 927. E a Gerusalemme est ne restano altre 30mila senza permesso.

Le demolizioni a Gerusalemme sono aumentate ancora nel 2016, superando già il totale delle distruzioni dell’intero 2015: 1.293 palestinesi hanno perso la casa nei primi 9 mesi dell’anno, contro i 688 del 2015, fa sapere l’Onu. Nel caso di Silwan, come nel resto della città santa, si tratta di una precisa politica: ridurre al minimo la presenza palestinese a Gerusalemme. Il quartiere, alle porte della città vecchia, è nel mirino delle autorità e delle organizzazioni dei coloni ormai da tempo: dalle 29 colonie presenti a Silwan, lanciate nel 1987 dall’associazione dei coloni Elad, è partita la successiva colonizzazione giustificata da storia e archeologia. Silwan sarebbe – secondo la narrativa israeliana – la sede del palazzo di David e per questo qui è stato costruito il sito archeologico “Città di Davide”, luogo di attrazione che si sta velocemente ampliando con parchi, parcheggi e strutture ricettive che si traducono nell’ulteriore confisca di case e proprietà palestinesi. Nena News

 

 

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