domenica 6 settembre 2015
Sintesi personale
Due fotografie. Nella prima un volto sepolto nella sabbia, un corpo piccolo vestito di stracci, sangue secco sui piedi posti trasversalmente. Nell’altra una faccia sepolta nella sabbia, i piccoli piedi uno accanto all’altro, il piccolo corpo immerso nell’acqua. La somiglianza è incredibile e scioccante. Ismail Bahar, nella prima foto, Aylan Kurdi nell’altra. Due piccoli bambini morti sulla riva del mare, a qualche centinaio di chilometri.
La prima fotografia è apparsa in tutto il mondo ed è stata nascosta in Israele. La morte di Ismail non ha mosso nessuno in Israele..
Un bambino palestinese a Gaza, ucciso dai bombardamenti dell’IDF insieme con i suoi tre piccoli cugini durante la guerra di Gaza, mentre stava giocando a calcio sulla spiaggia non crea ” movimento.” Un bambino siriano più o meno della stessa età che annega durante la fuga con la sua famiglia in Europa ha mosso il mondo. E se questa quantità di ipocrisia non fosse sufficiente, noi ‘aggiungeremo solo che nessuno è stato processato in Israele per l’uccisione criminale di Ismail (il caso è stato chiuso). Dopo la morte di Aylan un paio di sospettati sono stati arrestati in Turchia.
Israele non ha alcun diritto di fingere uno shock, né di ” offrire aiuti “, nessun diritto a far la predica all’Europa. Vi è una zona disastrata che Israele ha creato a un un’ora e un quarto da Tel Aviv. La famiglia Al-Amla è vittima di ciò che è diventato noto come il “Venerdì nero” a Rafah, quando l’esercito israeliano si è scatenato nel tentativo di recuperare un soldato rapito. Il padre, Wa’el, ha perso una gamba. Sua moglie, Isra, ha perso entrambe le gambe. Il loro figlio Sharif di tre anni ha perso una gamba e un occhio. Il fratello di Wa’el, la cognata e la sorella di 11 anni sono stati uccisi.
Sono tutte vittime dei razzi lanciati contro di loro da aerei israeliani quando cercavano di fuggire dalle loro case. Il loro destino non è meno sconvolgente di quello della famiglia Kurdi. La differenza è che la loro tragedia è stata causata dall’ IDF. Il governo e l’opinione pubblica in Israele avrebbero dovuto assumersi la responsabilità di questo atto. Nell’astenersi dal farlo, Israele ha rivelato un livello di insensibilità così grande che non è in grado ora di reagire con costernazione ad altre tragedie senza esporre la propria ipocrisia e il proprio doppio standard.
Quale ipocrisia nello shock dimostrato per la sorte dei rifugiati convergenti sull’Europa. Un paese che tormenta decine di migliaia di richiedenti asilo non ha il diritto di criticare l’Europa per il suo atteggiamento nei confronti dei rifugiati. Se Israele avesse voluto dare un piccolo contributo alla lotta dei rifugiati nel mondo, avrebbe dovuto accogliere i richiedenti asilo che già ha, permettendo loro di lavorare e vivere in dignità e aprire una strada per una graduale acquisizione della cittadinanza. Coloro che sono scioccati dalla dichiarazione del primo ministro ungherese Victor Orban, secondo il quale il flusso di rifugiati minaccia “le radici cristiane dell’Europa”, devono spiegare quale sia la differenza tra la preoccupazione per le “radici cristiane” dell’Europa e la preoccupazione per il “carattere ebraico” di Israele.
Costituisce un motivo di orgoglio per Israele questo: Ungheria e Bulgaria vogliono imparare da Israele a costruire una recinzione da edificare al confine dei loro Stati. Siamo o non siamo una luce per i popoli?
Gideon Levy : Drowned Syrian boy exposes Israeli hypocrisy – Opinion
Gideon Levy: il bambino siriano annegato dimostr…
http://frammentivocalimo.blogspot.it/2015/09/gideon-levy-il-bambino-siriano-annegato.html
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Drowned Syrian Boy Exposes Israeli Hypocrisy
Why are Israelis so moved by the image of a dead Syrian refugee, but oblivious to the plight of a slain Palestinian child?
Gideon Levy Sep 06, 2015 1:26 AM
Candles and an image of the Syrian boy Aylan Kurdi at a protest condemning the death of migrants on their way to Europe, in Barcelona, Spain, September 4, 2015.AP
Two photographs. In the first a face buried in the sand, a tiny body dressed in rags, his bare feet askew, dried blood on one of them. In the other, face buried in the sand, feet in small shoes resting next to each other, the tiny body awash in water. They are almost the same age and the similarity between them is amazing and shocking. Ismail Bahar, in the first picture, Aylan Kurdi in the other. Two dead toddlers, lying on the seashore, separated by a year and a few months and a few hundred kilometers.
The first photograph appeared all over the world and was concealed in Israel. That compassionate newspaper, Yedioth Ahronoth, did not publish it on its front page and did not caption it “the toddler who moved the world.” The death of Ismail did not move anyone in Israel. In contrast, the dead Aylan became a worldwide icon, including, of course, Yedioth Ahronoth, which knows what is likely to move Israelis.
A Palestinian child in Gaza, killed by Israel Air Force pilots’ bombardment together with his three small cousins during Operation Protective Edge, while they were playing soccer on the beach, is not “moving.” A Syrian child of the same age, who drowned while fleeing with his family to Europe is “the toddler who moved” the world. And if this amount of hypocrisy was not enough, we will add only that no one stood trial in Israel for the criminal killing of Ismail (the case was closed). Following Aylan’s death in a criminal accident, a few suspects were arrested in Turkey.
Israel has no right to sanctimoniousness over the tragic death of Aylan Kurdi, nor to tsk-tsk at the photograph, nor to feign shock, nor to “offer aid,” and certainly not to preach to Europe. There is a disaster zone that Israel created in its own back yard, an hour and a quarter’s drive from Tel Aviv. In that horrific region, the Al-Amla family told a Swedish journalist who visited their home in Rafah about the enormity of their disaster: They are victims what has become known as “Black Friday” in Rafah, when the Israel Defense Forces went criminally amok in an attempt to retrieve an abducted soldier. The father, Wa’el, lost a leg. His wife, Isra, lost both legs. Their 3-year-old son Sharif, lost a leg and an eye. Wa’el’s brother, his sister-in-law and his 11-year-old sister were killed.
They are all victims of the rockets fired at them from Israeli aircraft on that Friday, when they were attempting to flee their homes to their grandmother’s house. Their fate is no less shocking than that of the Kurdi family. The difference is that their tragedy was caused by the IDF. The government and public opinion in Israel should have taken responsibility for this act, should have expressed shock and assisted the family. In refraining from doing so, Israel revealed a level of insensitivity so great that it cannot now react with consternation over other tragedies without exposing its own hypocrisy and double standard.
That hypocrisy is also seen in the shock at the fate of the refugees converging on Europe. A country that torments tens of thousands of asylum-seekers has no right to criticize Europe for its attitude toward refugees. If Israel had wanted to make a small contribution to the struggle of the world’s refugees, it should have taken in the handful of asylum-seekers it already has, allowed them to work and live in dignity and opened a gradual track to citizenship for them. Those who are shocked at Hungarian Prime Minister Victor Orban’s statement that the stream of refugees threatens “the Christian roots of Europe,” have to explain what the difference is between concern over the “Christian roots” of Europe, which sounds very bad in Hungarian, and concern for the “Jewish character” of Israel, which sounds excellent in Hebrew.
Only one source of homegrown pride is absolutely justified in all this: Hungary and Bulgaria want to learn from Israel how to build a border fence, and in Israel they’re proud of this, of course. Are we or are we not a light unto the gentiles?
Gideon Levy
Haaretz Correspondent
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