GIORDANIA. La dura vita dei rifugiati siriani

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17 feb 2014

Alloggi precari, alto costo della vita e lavori in nero di bassa manovalanza. La drammatica situazione degli oltre 600mila profughi siriani in Giordania e nel campo di Zaatari. 

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Il campo profughi di Zaatari (Foto: Anna Clementi/Nena News)

 

di Anna Clementi

Roma, 19 febbraio 2014, Nena News – Dall’alto Zaatari sembra estendersi oltre la linea dell’orizzonte. Tende e caravan si susseguono all’infinito e il geometrico reticolato di strade e stradine sembra non avere mai fine. Zaatari, il secondo campo profughi più grande al mondo e la quarta città più popolosa di tutta la Giordania, è stato costruito a luglio 2012 per ospitare i rifugiati siriani e oggi ha una popolazione di più di 80.000 persone (dati ONU).

Chissà quanti siriani in fuga dalla guerra e dai bombardamenti che da oltre due anni devastano il Paese, avevano immaginato che la Giordania non sarebbe stato solo un luogo provvisorio dove rifugiarsi, bensì un nuovo posto dove ricominciare a costruirsi una vita.

“Non mando i miei figli a scuola. Che senso ha? Staremo qui qualche mese e poi torneremo a casa, dove potremo riprendere la nostra vita”, aveva raccontato a Nena News, solo un anno fa, Umm Ibrahim, una madre di sei figli scappata da Homs e rifugiata a Zaatari. E le faceva eco la testimonianza di Fatima, una giovane madre di Hama. “Che cosa vorremo che migliorasse all’interno del campo? Niente. Sperare di migliorare la situazione qui significa pensare al nostro futuro a Zaatari. Ma noi questo non lo vogliamo. Desideriamo solo tornare nella nostra città, nella nostra Siria”.

Oggi però, a quasi tre anni dall’inizio della rivolta in Siria, la situazione è ben diversa, il conflitto si è inasprito, ogni tentativo di negoziato sembra essere destinato al fallimento e la fine della guerra sembra ormai lontana. Il numero dei profughi cresce di giorno in giorno. Secondo i dati ufficiali dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur), la Giordania ospita più di 600mila rifugiati. Numero che potrebbe addirittura superare il milione se si contano anche tutti quei profughi siriani che non si sono registrati presso l’agenzia dell’ONU.

se una piccola parte è ospitata a Zaatari, gli altri hanno trovato casa o alloggi di fortuna nelle principali città giordane del Nord, ad Amman, Zarqa e Irbid. “La vita qui è non è per niente facile, tutto è più caro rispetto alla Siria e senza un lavoro e senza aiuti, è praticamente impossibile arrivare a fine mese” ha raccontato Abu Mohammad, di Homs, residente a Zarqa da oltre due anni. “Ci dobbiamo arrangiare con dei piccoli lavori in nero. Quei lavori che i giordani non accettano perchè sono pagati troppo poco. Ma che altra scelta abbiamo?”.

Per i rifugiati infatti lavorare in modo legale in Giordania è davvero complicato. Senza un permesso rilasciato dal governo giordano si rischia di essere arrestati o deportati. Secondo l’articolo 12 della Legge sul Lavoro N.8 del 1996, coloro che non hanno la cittadinanza giordana non hanno il diritto a lavorare senza previo rilascio di un permesso da parte del Ministero del Lavoro. Tuttavia i permessi vengono concessi soprattutto per quelle figure professionali non presenti tra i cittadini giordani. La maggior parte dei siriani è così costretta a lavorare in nero, con una paga mensile ben al di sotto dello stipendio minimo di 282 dollari al mese stabilito dalla legge.

“Lavoro in un cantiere per pochi dollari al giorno. Un lavoro faticoso che mi spezza la schiena. Ma in qualche modo dobbiamo pur sopravvivere”. Ibrahim ha 40 anni, una tragica storia alle spalle e una famiglia da mantenere. “Chi mi potrà mai restituire ciò che mi è stato tolto? I miei cari imprigionati e torturati, i miei amici brutalmente uccisi, la mia casa bombardata e demolita, la mia famiglia dispersa tra Libano, Siria e Giordania?”. Nena News

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