Guerra che non si puo’ vincere (La)

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Guerra che non si puo’ vincere (La)

Guerra che non si può vincere

Nel 1993 Yitzhak Rabin e Yasser Arafat siglarono gli accordi di Oslo nel nome della reciproca promessa di trasformare il conflitto fra i propri popoli in un costruttivo processo di pace. I dieci anni che seguirono furono inizialmente segnati da speranza e ottimismo, ma ben presto la violenza e lo spirito di vendetta hanno di nuovo avuto la meglio, dando luogo a una serie di piccole e grandi rappresaglie, a una seconda Intifada, a una sequela di attentati terroristici che hanno insanguinato e continuano a insanguinare le città israeliane. Questo ha suscitato le durissime reazioni dell’esercito e il drammatico assedio, voluto da Sharon, del quartier generale del leader palestinese a Ramallah, seguito in diretta in ogni angolo del pianeta.
Nel corso di questi anni David Grossman, cittadino israeliano e padre di famiglia prima ancora che scrittore letto e amato in tutto il mondo, ha raccontato sulle pagine dei più importanti quotidiani europei e americani la tragedia di due popoli ormai abituati a vivere all’ombra della morte, ad accogliere in ogni momento la notizia di un attentato, della perdita dei propri cari, dello scoppio di una nuova guerra. Lo stato di conflitto è così profondo e radicato nella vita quotidiana di palestinesi e israeliani che nessuno sembra più in grado di uscire dalla terribile logica della vendetta. E molti sono spinti a credere che solo il ricorso ad altra forza e ad altro terrore possa porre fine alle loro sofferenze.
In una situazione che appare senza sbocchi, gli scritti di Grossman cercano di indicare ad arabi ed ebrei quella che sembra l’unica strada percorribile per raggiungere la pace: il dialogo, l’incontro, il riconoscimento del diritto dell’altro. La pace invocata in queste pagine dall’autore di Che tu sia per me il coltello non è il puro e semplice rifiuto di ogni forma di ricorso alla forza ma, a questo punto della storia di un conflitto che incendia tutto il Medio Oriente da oltre mezzo secolo, è l’unica conclusione possibile di una guerra che nessuno può vincere.

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