Alla cortese attenzione della Tavola della Pace,
L’inferno di Gaza. Quante volte lo abbiamo citato per descrivere un luogo dove vivere è soffrire, patire, rischiare di smarrire la fiducia nell’umanità perché ci si sente abbandonati all’ingiustizia, alla sopraffazione, alla carcerazione con la conseguente perdita della dignità e dei diritti umani inalienabili.
Abbiamo partecipato all’esperienza proposta dalla Tavola in Palestina e Israele nell’ottobre 2009 e, subito dopo, siamo stati presenti all’assemblea di Bologna per decidere come proseguire coerentemente con gli impegni presi.
La necessità di trovare punti di equilibrio fra l’urgenza reale di “aprire Gaza” e la consapevolezza dei nostri limiti, è emersa immediatamente. L’impegno che ci siamo dati era di lavorare su piani diversi: il mondo dell’informazione, la promozione della conoscenza, il mantenimento di una vicinanza con coloro che abbiamo incontrato.
Nei mesi successivi, pertanto, ognuno di noi si è dato da fare come ha potuto. Siamo andati nelle scuole e nelle sedi sindacali. Abbiamo raccontato a giovani dell’oratorio e dei centri sociali, agli amministratori e ai semplici cittadini quanto abbiamo visto e ascoltato. Gli incontri, le persone, le storie. Abbiamo ospitato nelle nostre città e nei nostri piccoli paesi ragazzi palestinesi e israeliani per continuare a conoscere e a capire, a confrontarci e promuovere vicinanza con i due popoli. Questo l’abbiamo fatto perché era e rimane la responsabilità di noi 400 testimoni.
Ma il 16 ottobre 2009, a Betlemme, durante l’assemblea conclusiva ci siamo presi anche altri impegni. Uno di questi, se la memoria non ci inganna, era di scrivere un documento da sottoporre al confronto con la politica italiana ed europea. Un documento che contenesse, fra l’altro, un punto chiaro: aprire Gaza non solo come gesto umanitario ma come premessa per un vero percorso di pace per tutto il Medio Oriente.
Ci siamo anche detti che il tempo era ed è poco, che “mancano solo 5 minuti a mezzanotte” e che non possiamo disattendere le aspettative consegnateci dalle persone che abbiamo incontrato.
Del resto nell’appello “Time for Responsabilities” avevamo scritto “Vogliamo andare a Gerusalemme per fare noi, cittadini europei, quello che deve fare oggi l’Europa: assumersi le proprie responsabilità. Il 21 novembre ci ritroviamo a Bologna. Dai nostri appunti, le conclusioni di Flavio Lotti: “…dobbiamo chiedere con forza l’apertura di Gaza. Non si può accettare una punizione collettiva di queste dimensioni. Portiamo in Europa 500 ragazzi palestinesi e 500 israeliani. Andiamo a Bruxelles, al Parlamento Europeo per chiedere una vera politica di pace.” Poi … più nulla, o così ci pare. Gaza, però, ha continuato a scuotere le coscienze e la determinazione di molti pacifisti che anche loro, come noi, hanno sentito la responsabilità di fare qualcosa. Israele, in questa occasione, ha, purtroppo, mostrato la sua faccia più feroce e almeno 9 pacifisti sono morti.
La tragedia ha nuovamente suscitato la nostra indignazione non attenuata dalla sottoscrizione dei numerosi appelli che in quei giorni molte organizzazioni hanno diffuso, Tavola della Pace compresa.
L’appello, in casi simili, è doveroso, è quanto si può fare subito ma non può sostituire l’iniziativa concreta di protesta, pacifica e non violenta, capace di mobilitare persone e coscienze.
A questo punto ci domandiamo: perché non siamo riusciti e non riusciamo ad andare a Bruxelles così come si era detto? Perché la situazione ci ha colti impreparati? Perché la recente marcia Perugia – Assisi non è stata dedicata totalmente al tema, proposta, obiettivo di “Aprire Gaza? Quali erano i reali obiettivi del nostro viaggio? Su quattrocento persone della delegazione quanti sono disposti , a proprie spese, in tempi brevi ad andare sotto il parlamento europeo portando la propria indignazione? Ricordando le persone che con noi hanno condiviso quell’esperienza, pensiamo che non pochi sarebbero pronti. Gente pacifica e determinata, un capitale nelle vostre mani da non disperdere. Ne avete la responsabilità, siate attenti oltre che prudenti.
Ci stiamo riempiendo di parole giuste, vere, indispensabili, come quelle che hanno caratterizzato la marcia del maggio di quest’anno. Ma sono così tante che a volte abbiamo l’impressione possano perdere di efficacia e di attrazione anche per i giovani. L’ampliamento dell’orizzonte può facilitare la dispersione e la perdita di senso.
Proprio per questo riteniamo che sia tempo di ribadire con forza e chiarezza i pilastri del nostro agire ed essere: contro ogni guerra ed impegno a tutto campo affinché i conflitti esistenti cessino il prima possibile, tenendo sempre alta e viva l’attenzione su tutte le realtà di conflitto: da quelle più note a quelle più piccole, nascoste e lontane affinché nessuno sia mai dimenticato. Riteniamo che un percorso di questo tipo possa essere più comprensibile, più efficace e, pertanto, in grado di risvegliare gli animi intiepiditi.
Vi inviamo, così, due sollecitazioni:
1) rimettere Gaza al centro dell’azione della Tavola, portando a compimento gli impegni presi;
2) raccogliere e tenere presente i nostri timori nella valutazione delle attività della Tavola in vista, soprattutto, della Marcia per il 50° affinché possa essere occasione di riscoperta dell’azione non violenta e di rilancio dei nostri obiettivi.
Fraternamente, Tavola della Pace di Monza e Brianza
Monza, 30 giugno 2010
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