Wednesday, 29 June 2011 13:24 Emma Mancini
Un uomo disperato di fronte alle rovine delle propria casa ad Hebron (foto anticap.wordpress.com)
Pagare perché possano distruggerti la casa.
È lo scenario che potrebbero essere costrette ad affrontare le famiglie palestinesi se dovesse passare una nuova proposta di legge appena sfornata da una commissione del Parlamento israeliano.
Il disegno di legge prevede che il palestinese a cui l’esercito israeliano distruggerà l’abitazione dovrà coprire i costi della demolizione, pagando migliaia di dollari direttamente al governo di Tel Aviv. Secondo quanto riportato dal blog occupiedpalestine.wordpress.com e dall’agenzia di stampa International Middle East Media Center, il disegno di legge appena approvato dalla Commissione Giustizia e Diritto Costituzionale passerà ora all’analisi della Knesset per una seconda lettura e il voto finale.
La proposta impone il pagamento diretto, senza alcuna possibilità di rivolgersi ad un tribunale per fare ricorso contro la demolizione e la nuova “tassa”. Una tassa che arricchirà le casse israeliane se è vero, come riportato nel sito dell’associazione israeliana per i diritti umani B’Tselem, che nell’ultimo anno il numero delle demolizioni di case in Cisgiordania ha subito un improvviso e preoccupante incremento: secondo i dati forniti dalla stessa Amministrazione Civile israeliana, nei primi cinque mesi del 2011 sono state distrutte più abitazioni che nell’intero 2010. A restare senza un tetto sulla testa sono stati 706 residenti palestinesi, tra cui 341 minori.
L’associazione Israeli Committee Against House Demolitions (ICAHD), che dal 1997 si batte contro la demolizione arbitraria delle abitazioni palestinesi in Cisgiordania, a Gaza e a Gerusalemme Est, stima che dal 1967 sono stati rasi al suolo 24.813 edifici di proprietà palestinese. L’ultimo aggiornamento risale a luglio del 2010 e si basa sulle statistiche fornite dal Ministero dell’Interno israeliano, dalla Municipalità di Gerusalemme, dall’Amministrazione Civile e dalle Nazioni Unite.
Demolizione di un’abitazione palestinese a Gerusalemme Est
Particolare la situazione di Gerusalemme Est, dove alla demolizione si accompagna il pagamento di una multa per costruzione illegale. Secondo i dati di ICAHD dal 2004 al 2008, l’ammontare complessivo delle multe è stato pari a 111.805.931 NIS (ovvero oltre 23 milioni di euro), di cui il 70% pagate da residenti palestinesi. Generalmente la singola sanzione ammonta a 40mila NIS (oltre 8mila euro).
Si tratta in questo caso delle cosiddette “demolizioni amministrative”: ne sono oggetto gli edifici costruiti senza permesso, nell’Area C dei Territori Palestinesi Occupati e a Gerusalemme Est, ovvero le zone sotto controllo israeliano e dove per un palestinese ottenere il via libera alla costruzione è nella pratica impossibile. Non mancano demolizioni anche in Area B, se la casa in questione si trova nelle prossimità di una base militare o di una strada riservata ai coloni: si tratta del 26% delle demolizioni totali, giustificate da Israele come obbligatorie perché abitazioni violano le leggi di pianificazione del territorio.
Altra tipologia di demolizione molto in voga (il 65,5% del totale) sono le “operazioni di sgombero”, chiamate anche demolizioni militari. È il caso delle abitazioni rase al suolo durante una qualsiasi operazione dell’esercito israeliano: sgombero di un territorio, caccia ad un ricercato o attacco militare.
Ed infine, le “demolizioni punitive”. La casa viene distrutta dai bulldozer dell’esercito di Tel Aviv per punire una persona collegata a quell’edificio. Generalmente, ad essere demolite sono le abitazioni della famiglia di un arrestato o un prigioniero politico, accusato di attacco alla sicurezza dello Stato di Israele. Si tratta dell’8,5% del totale. Una punizione collettiva vietata dal diritto internazionale, in particolare dall’articolo 33 della Quarta Convenzione di Ginevra: “Nessuna persona protetta può essere punita per un’infrazione che non ha commesso personalmente. Le pene collettive, come pure qualsiasi misura d’intimidazione o di terrorismo, sono vietate”.
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