admin | February 4th, 2011 – 11:38 am
Difficile, dopo dieci giorni, dire qualcosa di più, ancora qualcosa di questa rivoluzione egiziana, e di Midan Tahrir. Difficile, soprattutto, dire qualcosa di meno scontato. Sarà che si comincia a sentire un po’ di stanchezza… Poi, magari domani, chissà, scriverò qualcosa sui Fratelli Musulmani, visto che anche oggi mi è arrivata una email di una signora, molto gentile e cortese, che si chiede se non si rischia un Egitto peggiore di quello di Mubarak. Un Egitto che possa diventare come l’Iran di Khomeini. Non si può comparare l’Iran all’Egitto, e viceversa. Ma oggi non vorrei parlare di questo. Vorrei lasciare la parola alla piazza, sin tanto che la piazza, Fort Tahrir come alcuni ragazzi hanno cominciato a chiarmalo, oppure ‘terra liberata’, è ancora piena.
E vorrei cominciare da una blogger, che su twitter trovate come monasosh. E’ una figlia della borghesia e dell’intellighentsjia egiziana, madre docente universitaria molto nota, padre direttore di un centro legale che difende gli oppositori e si occupa di diritti civili. Il più conosciuto del paese. E’ in Piazza Tahrir, c’è anche sua madre, c’è un pezzo della sua famiglia. Suo padre è stato arrestato ieri, nel centro legale Hisham Mubarak assieme ai rappresentanti di Amnesty International e di Human Rights Watch. “Si è già fatto cinque anni nelle prigioni di Mubarak, è già stato torturato allora, se la caverà”. È suo figlio che ieri subito diffonde e conferma la notizia, come sempre via twitter. È un blogger, forse il più famoso d’Egitto.
Ahmed Seif, dunque, si è già fatto cinque anni di galera, torture comprese, nel paese del moderato presidente HosniMubarak. Sua figlia, nel suo blog, nel 2010, lo racconta. E da piazza Tahrir, accanto a sua madre, pensa che questo sia il suo gesto d’amore nei confronti del padre, il suo contributo alla conoscenza di un paese, il suo grido di libertà da Midan Tahrir. Questo è il link, e vi consiglio caldamente di leggere questo racconto intimo, molto bello, anche efficace dell’amore tra un uomo e una donna, e di come questo amore ha fatto crescere (bene, chapeau) i figli.
Questo è solo un brano, scritto in un inglese impeccabile, semplice. Sua nonna, la nonna di monasosh, era la più grande docente universitaria di inglese dell’intero paese.
E poi Deena: “Forse il risultato più sorprendente della rivoluzione del 25 gennaio è che noi veramente, profondamente amiamo il nostro Egitto. Non lo sapevamo”.
“Good morning, mie cari combattenti per la libertà”, scriveva Mosa’ab el Shami, in arte mosaaberizing, a giudicare dalle foto messe in rete un fotografo di gusto, oltre che tifoso del Barcellona (cosa comune, nel mondo arabo). È uno dei ragazzi che sta da più giorni e da più notti a Piazza Tahrir . Era stato colpito pesantemente, in uno dei primi scontri. E’ tornato appena ha potuto, a difendere le barricate erette verso piazza Abdel Moneim Riad, a lato del Museo Egizio. Ieri sera raccontava: “paragonata a quella precedente, stiamo trascorrendo una romantica notte a piazza Tahrir”.
E Hossam el Hamalawy, arabawy, autore di molte delle foto che ho usato in questi giorni per illustrare la protesta (compresa quella che ho scelto oggi): “La libertà costa. La battaglia non è finita. Ma non so se l’Egitto stia vivendo un incubo oppure un sogno bellissimo”, scrive stamattina. Lui, questa storia, la segue da anni, perché da anni è cominciata. E’ quello che ho spiegato al collega di Panorama, Pino Buongiorno, che mi ha contattato per sapere la mia opinione sulla nuova opposizione egiziana che avevo raccontato nel 2007 in Arabi Invisibili, e poi l’ha messa nel suo lungo articolo pubblicato oggi.
NadiaE:”Passeggiando lungo la corniche. due bambini usano le barriere messe su dall’esercito come rete per giocare a tennis, mentre l’ufficiale li guarda adorante”.
…. una scelta random, non la migliore, comparata con i post, gli sms, le telefonate di questi giorni. Che ognuno si faccia la playlist di questa rivoluzione. Twitter, hashtag #jan25, 25 gennaio, il giorno in cui tutto è cominciato.
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