Pubblicato il 10 aprile 2013 da AbuSara
Fonte: un volontario in WB occupata
In Italia, ma penso dappertutto, piantare alberi è una azione meritoria. Una di quelle cose che si fanno fare ai bambini delle scuole, a scopo educativo.Il Sindaco viene con la fascia tricolore, il prete dà la benedizione e la Cassa di Risparmio un contributo. Se poi pianti alberi di olivo ancora meglio, che sono anche simboli di pace.
Non qui in Cisgiordania.
Ieri sono andato, insieme con i ragazzi del team ISM di Nablus, a piantare degli ulivi in un campo con la gente del villaggio di Burin.
C’ erano i bambini, c’ era il Sindaco, c’ era anche il suo vice, c’ era il proprietario del campo. Tutto bene, quindi?
No. Quando siamo arrivati c’ era anche una jeep dell esercito e un’ altra jeep bianca con un tizio vestito di bianco, con la kippa e il mitra a tracolla. Il tizio vestito di bianco, responsabile della sicurezza della vicina colonia, non si dava pace, passeggiava avanti e indietro parlando al telefono. Pareva davvero preoccupato, come se, invece che degli alberi, dovessimo impiantare un sito missilistico.
I soldati ci son venuti incontro in assetto di guerra e ci hanno detto che non potevano stare li, che era zona militare. In effetti il campo sta al bordo di una strada che porta ad una vecchia cava che i coloni usano come discarica.
Vi lascio immaginare l’ interesse strategico.
Abbiamo iniziato a discutere e intanto una seconda e poi una terza jeep di soldati si sono unite a questa importante operazione di protezione della spazzatura nazionale.
Il livello della tensione si è alzato, i soldati hanno sequestrato una zappa e un piccone (qui il terreno è sassoso, lavorarlo è una faticaccia anche senza militari tra le balle) e hanno anche arrestato per una mezzora uno di noi, un ragazzo americano.
Si è presentato un ufficiale e il sindaco gli ha detto che su queste cose è competente il DCO, l’ ufficio distrettuale di coordinamento. Si tratta di una commissione paritetica che avrebbe il compito di dirimere questo tipo di controversie. Di solito c’ e per figura, non serve a niente, decide tutto l’ autorità militare israeliana.
Infatti dopo un pò arriva una jeep della Border Police, che si chiama polizia, ma è un reparto dell’ esercito e un altra con un soldato che doveva essere il membro israeliano del DCO, quello palestinese si deve essere eclissato.
Altre discussioni, altri momenti di tensione. I Border Police che sono i più temuti dai palestinesi fra le forze di sicurezza israeliane, vengono affrontati da un contadino piccolissimo e con indosso un vestito poverissimo che gli tiene testa fino a quando l’ imbarazzo non filtra dagli occhiali scuri dei due sbirri.
Alla fine la soluzione: siamo autorizzati a piantare gli alberi venti metri più indietro. Tutto questo spiegamento di forze ha occupato una mattinata intera per venti schifosi metri. E per degli alberi.
Che ci metteranno almeno sette anni prima di produrre la prima oliva. Che i coloni potranno spiantare con tutto comodo una qualsiasi di queste notti . O di questi giorni.
Alla fine uno pensa che sono davvero usciti di testa. Che l’ ossessione securitaria ha raggiunto livelli patologici, tra gli israeliani.
Un giornalista di questo paese, che non ha ancora perduto il contatto con la realtà diceva che in Israele la gente è affetta da sindrome PRE traumatica da stress. Il loro governo li ha talmente terrorizzati su quello che potrebbe loro succedere che il minimo gesto di resistenza, anche assolutamente nonviolenta, li manda nel panico.
Benvenuti a Disneyland Palestina
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