Monday, 10 October 2011 10:46 Mikaela Levin (Alternative Information Center)
“Price tag” scritto in ebraico in un edificio di un villaggio palestinese in Cisgiordania
“Non c’è un modo chiaro per fermare questa violenza”, ha schiettamente dichiarato il Jerusalem Post in un suo recente editoriale. La recente serie di attacchi dei coloni in Cisgiordania e in Israele sta spaventando un’importante parte della società israeliana e i servizi di intelligence del Paese.
A metà settembre il quotidiano Ha’aretz aveva avvertito che i servizi generale di sicurezza israeliani (GSS o Shit Bet nell’acronimo in ebraico), considerati il gruppo più radicale di coloni in Cisgiordania come cellula terroristica, aveva organizzato di attaccare, osservare e vessare la popolazione locale palestinese e, sempre di più, attivisti israeliani anti-occupazione e l’esercito d’Israele. “Attivisti ebrei di estrema destra in Cisgiordania sono passati da atti spontanei contro gli arabi alla pianificazione organizzata sotto forma di cellule terroristiche a comparti”, ha sottolineato Ha’aretz, quotando un report del GSS.
Il recente incendio alla moschea del villaggio beduino di Tuba Zanghariya, in Galilea, la scorsa domenica (2 ottobre) è solo un altro esempio di come questi cosiddetti “price-tags” (il nome dato dai media israeliani alle rappresaglie del coloni a ogni demolizione o arresto negli insediamenti in Cisgiordania) non sono solo limitati ai Territori Occupati palestinesi. “Mentre gli attacchi alle moschee in Cisgiordania sono tristemente diventati qualcosa di normale negli ultimi anni, l’attacco ad una mosche in una città israeliana è piuttosto raro, in particolare in un villaggio beduino come Tuba Zanghariya, i cui residenti servono nell’IDF”, ha spiegato il Jerusalem Post con un tono di smarrimento.
Subito, le denunce e gli avvertimenti ripetuti settimana dopo settimana da migliaia di palestinesi e dalle organizzazioni locali e internazionali per i diritti umani sono state ascoltati con interesse anche in Israele. Negli ultimi vent’anni, le autorità israeliane hanno armato e a volte addestrato i coloni in Cisgiordania, garantendo loro ogni possibile libertà di muoversi, vessare e anche uccidere palestinesi. Una settimana dopo l’incendio alla moschea in Galilea, le autorità israeliane hanno annunciato l’arresto di un sospetto, la prima volta che un simile annuncio segue ai recenti attacchi price-tags.
La mancanza di prove non è un problema qui. In ogni scena del crimine, gli aggressori lasciano un chiaro segno come “Migron forever” o “Migorn = Giustizia sociale”, riferendosi all’insediamento illegale di Migron alla periferia di Gerusalemme, dove tre case sono state demolite a seguito di una sentenza del tribunale all’inizio di settembre. Allo stesso modo, l’esercito israeliano ha riconosciuto che chi ha vandalizzato la base militare israeliana vicino Ramallah a seguito dell’operazione a Migron ha goduto dalla complicità di alcuni soldati. Sebbene un’indagine sia stata apparentemente condotta, nessuno è stato arrestato.
Al contrario, le forze israeliane hanno arrestato venti palestinesi cittadini israeliani che protestavano a Tuba Zanghariya nei giorni seguenti all’attacco alla moschea. Sono stati accusati di aver sparato in aria e di aver dato fuoco ad un parte dell’edificio del consiglio regionale del villaggio, ad un’installazione medica e ad un centro comunitario. Lo stesso è accaduto nel villaggio di Qusra, vicino Nablus, in Cisgiordania, dopo che la moschea del paese è stata incendiata, subito dopo le demolizioni a Migron. Nessun colono è stato arrestato, ma le forze israeliane sono state particolarmente veloci nel reprimere tutte le seguenti proteste palestinesi.
Sebbene campane di avvertimento stiano cominciando a suonare tra i media israeliani e tra alcuni intellettuali, il governo Netanyahu continua ad ignorare la crescente minaccia. A settembre il GSS ha suggerito al Ministero dell’Educazione di tagliare tutti i fondi alla yeshiva (scuola religiosa) nella colonia di Yitzhar, insediamento ebraico vicino Nablus noto per i suoi comportamenti violenti ed estremisti.
Un mese prima, l’esercito israeliano ha emesso ordini restrittivi per dodici coloni di Yitzhar per la loro partecipazione “ad attività violente e clandestine” contro la popolazione palestinese in Cisgiordania. Le accuse hanno incluso l’incendio a moschee, veicoli e palazzi. I residenti del vicino villaggio palestinese di Asira el Obilya hanno ripetutamente denunciato che uomini a volto coperto hanno invaso il villaggio con pietre e bastoni, minacciando la gente. C’è anche un filmato del capo della yeshiva di Yitzhar, il rabbino Yitzhak Shapira, che accompagna gli alunni che tirano pietre al villaggio palestinese e i suoi residenti.
Il governo israeliano, un fermo e aperto sostenitore della causa dei coloni, sceglie ancora una volta di rimanere in silenzio.
Quest'opera viene distribuita con Licenza Creative Commons. Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia.