tratto da: Beniamino Benjio Rocchetto
giovedì 13 agosto 2020 13:49
L’ESODO PALESTINESE IN LIBANO
Con l’affermazione dei sionisti in Palestina molti palestinesi furono costretti dall’esercito israeliano, che confiscò le loro terre e in altri casi rase al suolo i loro villaggi, a rifugiarsi nei vicini paesi arabi. Molti di questi giunsero in Libano: i primi arrivarono dopo il 1948, scacciati dalla loro terra, altri nel 1967, in seguito alla guerra dei sei giorni, altri ancora nel 1970, dopo il “Settembre nero” in Giordania.
LA GUERRA CIVILE LIBANESE
La guerra civile libanese é stata un conflitto intestino avuto luogo tra il 1975 e il 1990, che ha visto numerosi contendenti e frequenti capovolgimenti di alleanze. Ad alimentare e prolungare la guerra contribuirono fattori esterni, ossia l’intervento di altri Stati decisi a perseguire i propri interessi: la Siria e Israele. Il 13 ottobre 1990 terminò ufficialmente la guerra civile: 15 anni di combattimenti, massacri e tensioni, avevano provocato, fra civili e militari, più di 150.000 morti, oltre che l’incremento della diaspora libanese (libanesi residenti all’estero).
L’ASSEDIO
I primi scontri risalgono già a gennaio 1976 quando le forze libanesi del Kata’eb, dei Guardiani dei Cedri e del Nimr presero il controllo del quartiere di Karantina e misero massacro sotto stato di assedio, con il tentativo di frenare i palestinesi che si stavano accrescendo sempre di più. In seguito all’accaduto, migliaia di libanesi abbandonarono la zona, mentre i palestinesi e i libanesi più politicizzati rimasero, organizzando un’azione di resistenza: si scavarono gallerie, si rafforzarono i bunker di cemento armato, si allestirono un piccolo ospedale, si costituirono riserve di viveri, armi e munizioni.
Ai primi di luglio un tentativo dei falangisti di penetrare nel campo fu respinto con forza. Pertanto, gli assedianti scelsero nuove strategie, volte a isolare il più possibile i rifugiati: i siriani vigilarono affinché non giungesse alcun tipo di aiuto ai trentamila assediati, mentre le falangi avevano provveduto a interrompere le forniture d’acqua. In assenza di aiuti e soccorsi, dentro Tel el-Zaatar la gente iniziò a morire di sete, di fame, per le ferite e le malattie che dilagavano.
IL MASSACRO
L’assedio durò cinquantadue giorni. Dopo più di settanta attacchi i palestinesi, ormai stremati, posero fine alla resistenza per decisione dell’OLP. Nel corso delle trattative per la resa, i falangisti garantirono all’OLP e alla Croce Rossa l’incolumità per i civili, ma l’illusione della salvezza durò pochi attimi. Il 12 agosto 1976 il campo di Tel el-Zaatar cadde definitivamente.
ERA SOLO L’INIZIO
La presenza dei rifugiati palestinesi in territorio libanese non fu mai alquanto semplice. Oltre la negazione di molti diritti fondamentali e il loro confinamento nei campi profughi, nel corso della storia subirono diversi attacchi ai loro danni. Oltre a Tel el-Zaatar (1976), si ricorda, tra i più noti, il massacro avvenuto a Shatila nel 1982.
Tel El-Zaatar conosciuta ai tempi anche come collina del Timo, era una città situata a est di Beirut (Libano) in cui si trovava un grande campo profughi gestito dall’UNRWA, ospitante circa 50 mila rifugiati palestinesi. Parliamo al passato in quanto Tal el-Zaatar è stata scenario di un drammatico massacro avvenuto il 12 agosto 1976, che si concluse con la distruzione del campo.
LA POSIZIONE PALESTINESE
La maggior parte dei palestinesi rifugiati in Libano furono civili con la speranza di tornare al più presto nella loro terra. Tuttavia ci furono diversi gruppi di resistenza che operarono nei campi profughi in Libano e che effettuarono incursioni in Israele. Nel 1973, finanziate ed armate da Israele, le milizie falangiste di ideologia decisamente fascista, create nel 1936 da Pierre Gemayel, cominciarono a fare opera di disturbo, con l’aiuto dell’Esercito libanese, verso i gruppi di resistenza palestinese. A subirne le spese però furono i civili.
La Siria si pose in questa circostanza come “mediatore”, intervenendo ad aprile in seguito alle pressioni ricevute dai falangisti. Già nella prima settimana di giugno le forze siriane crearono un blocco intorno Beirut Ovest, zona a maggioranza musulmana in cui risiedevano i quartieri militari palestinesi, lasciando aperta solo la strada a sud. Il 22 giugno 1976 le falangi, avvalendosi del via libera di Israele e dell’appoggio della Siria, realizzarono un vero e proprio assalto militare con carri armati, razzi’ mitragliatrici pesanti e seimila uomini. Cominciò uno stato d’assedio per i palestinesi nel campo, sottoposto a bombardamenti sistemici.
I cannoni siriani entrarono in azione per impedire alle colonne palestino-progressiste, che cercavano di raggiungere Tel el-Zaatar, di rompere l’accerchiamento. Senza acqua, senza medicinali, Tel el-Zaatar continuò in qualche modo a resistere. Il 17 luglio un’infermiera e due medici svedesi lanciarono un appello alla Croce Rossa perchè fossero evaquati quattromila feriti gravi. Giunsero le ambulanze ma le falangi libanesi le mitragliarono. Il 25 luglio crollò un palazzo e 500 civili restarono sotto le macerie senza poter essere soccorsi.
Uomini tra i 15 ei 40 anni furono sterminati a freddo e stesso destino spettò a molte donne e ai loro bambini. Inoltre , furono assassinati 60 infermieri. In pochi attimi il campo di Tel el-Zaatar poteva essere solo descritto come un suolo su cui giacevano decine e decine di cadaveri, così tanti che è impossibile contarli, corpi che furono poi gettati su camion, portati sulla collina, scaricati tra le rovine e ricoperti di cemento coi bulldozer, come se non si volesse lasciarne alcuna traccia. Questa tragedia contò approssimativamente 3000 vittime.
I RIFUGIATI PALESTINESI OGGI
I rifugiati palestinesi in Libano sono più di 460.000 secondo l’UNRWA e rappresentano circa il 10% della popolazione libanese. La loro vita è rappresentata da regole severe che limitano, in vario modo, i loro diritti, in termini di: lavoro interdetto per circa 70 categorie professionali, istruzione, sistema di sicurezza sociale, movimenti, diritto di proprietà e integrazione. Dopo oltre 3 generazioni sono tuttora considerati “profughi”, non sono considerati cittadini di un altro stato e di conseguenza non hanno il diritto a rivendicazioni che sono comuni per altri gruppi di rifugiati che vivono e lavorano in Libano.
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QUARANT’ANNI DOPO IL MASSACRO DI TEL AL-ZAATAR LE VITTIME ASPETTANO ANCORA GIUSTIZIA.
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GINEVRA – Quarant’anni dopo l’odioso massacro di palestinesi e libanesi nel campo profughi palestinese di Tel Zaatar, a nord-est della capitale libanese Beirut, centinaia di vittime non sono ancora state prese in considerazione. Secondo varie testimonianze, si stima che i corpi recuperati siano dozzine, con circa 80 corpi recuperati in massa tre mesi dopo la fine del massacro, oltre a dozzine di altri corpi recuperati individualmente dalle loro famiglie in cambio di riscatto.
L’Euromediterraneo ha affermato che il problema, che è stato messo a tacere per molti anni, è ancora una preoccupazione costante per le famiglie delle vittime, che hanno riferito in diverse testimonianze dell’Euromediterraneo che i corpi dei loro figli sono stati sepolti a un metro di profondità in piccole terre sotto le macerie o i parcheggi e lungo le mura di fabbriche e fabbriche sovrapposte al campo.
Il campo di Tel al-Zaatar, uno dei 16 campi profughi palestinesi in Libano registrati presso l’UNRWA, che aveva una popolazione di circa 50-60.000 persone principalmente rifugiati palestinesi, è stato preso di mira da oltre 55.000 proiettili in 52 giorni da partiti libanesi di destra accompagnati da milizie filo-Israeliane. Il campo fu strettamente controllato fino al 12 agosto 1976, quando si stima che il campo abbia ucciso tra 1.500 e 2.000 persone, la maggior parte civili, la maggior parte dei quali uccisi. Varie stime indicano che il numero totale delle vittime dall’inizio dell’assedio al campo fino alla fine del massacro varia tra le 3000 e le 4280 vittime, metà delle quali sono state uccise all’interno del campo.
Nonostante i 40 anni trascorsi dall’orribile massacro, alle famiglie delle vittime non sono stati concessi i loro diritti, non sono state avviate indagini serie sugli omicidi e le liquidazioni che hanno avuto luogo da allora e dozzine di famiglie non sono state informate del destino dei loro figli fino ad oggi. In interviste separate con il team dell’Osservatorio Euromed, le famiglie delle vittime hanno chiesto l’esumazione dei corpi dei loro bambini per la sepoltura nelle tombe dei rimanenti campi in Libano, o nella grande tomba delle vittime di Tel al-Zaatar, dove ora ci sono 80 vittime, situate vicino al campo di Shatila a sud di Beirut.
Euromed sostiene che il massacro di “Tel Zaatar” e la sua successiva ignorazione incoraggiano una politica di impunità che domina la realtà delle violazioni dei diritti umani in Libano, invocando la memoria dell’odioso massacro come punto di partenza per porre fine alle gravi violazioni contro i rifugiati e i gruppi vulnerabili in tutti i loro luoghi di residenza. L’osservazione dell’Osservatorio euromediterraneo che mantenere i corpi delle vittime per così tanto tempo senza che le tombe conosciute li proteggano e che i loro corpi siano sepolti in luoghi che sono stati utilizzati dal grande pubblico è una violazione dell’inviolabilità e della dignità delle vittime e delle loro famiglie, che obbliga tutte le parti in Libano, in particolare il governo libanese, a dover aprire questo Archiviare e lavorare per recuperare i dispersi e i corpi delle vittime o sapere dove si trovano e informare le famiglie.


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