06/12/2013 Il ricordo
di Anna Pozzi
Padre Sean O’Leary, direttore del Denis Hurley Peace Institute di Pretoria, ricorda il grande leader scomparso ieri: «Incarnava i valori dell’onestà, integrità, senso dello Stato, umorismo e cura per i poveri»
Padre Sean O’Leary, missionario irlandese dei Padri Bianchi e direttore delDenis Hurley Peace Institute di Pretoria, ha un ricordo speciale di Nelson Mandela, che ha incontrato più volte nel corso della sua lunga permanenza in Sudafrica. È una di quelle storie minime che dicono la grandezza di un uomo. Un uomo speciale, prima ancora che un grande statista.
«Ho incontrato Nelson Mandela molte volte – ci racconta padre O’Leary -. La prima, nella sua casa di Soweto, quattro giorni dopo il suo rilascio dalla prigione. Ci teneva a confrontarsi con i leader della Chiesa su come stavano andando le trattative e, in quell’occasione, mi era stato chiesto di rappresentare la Chiesa cattolica. Cosa che avrei fatto poi altre volte e lui sempre si è ricordato il mio nome».
«Quella prima volta – ricorda il missionario – sono arrivato in anticipo e ho così trascorso mezz’ora da solo con Mandela. Che mi confidò una storia che lo divertiva molto. Parlavamo del Natale e mi disse di come era contento di poter avere i suoi nipoti tutti con sé. E mi raccontò di come, la vigilia del 1994, si rese conto di non avere niente da regalare ai bambini. Allora quel pomeriggio telefonò a un’azienda che produceva cioccolato per fare un ordine. Ma la persona all’altro capo del telefono non credette che si trattava di Nelson Mandela e pensando che fosse uno scherzo riattaccò il telefono. Chiese dunque a una guardia del corpo di chiamare un’altra azienda e di chiedere del manager. Alla fine riuscì a convincerlo a inviare un furgone con il cioccolato all’ufficio di presidenza e caricò tutti i cioccolatini in macchina. Insistette per pagare, ma quando l’autista gli diede la fattura realizzò di non avere denaro con sé e dunque fu costretto a chiederlo in prestito alla guardia del corpo. Mandela rideva di gusto raccontandomi questa storia!».
Secondo padre O’Leary questo aneddoto rivela molto della personalità di Mandela: la sua umanità, la sua simpatia, la sua positività… Ma dice anche il grande amore e l’attenzione dello statista sudafricano per i bambini, che sono sempre stati una priorità, sia a livello personale che come uomo di Stato, impegnato a costruire un Paese nuovo e diverso. «La cosa più importante che ho perso in prigione – mi disse una volta – è la vista dei bambini e il suono della loro risata», ricorda il missionario.
Padre O’Leary, qual è la tua opinione sulla figura e l’opera di Nelson Mandela, specialmente per quanto riguarda la promozione dei valori di uguaglianza e di riconciliazione?
Durante i 27 anni trascorsi in carcere, Mandela ha capito che l’unica via da seguire per la creazione di un Sudafrica veramente democratico era imparare a lavorare insieme, maggioranza nera e minoranza bianca. Per realizzare questo progetto, decise di imparare la lingua della minoranza bianca, quella del partito di governo, che è l’afrikaans, derivata dall’olandese. Quando incontrò prima il Pieter Willem Botha alla fine degli anni Ottanta e successivamente Frederik Willem de Klerk parlò nella loro lingua, tra lo stupore dei due presidenti. Questo fatto li impressionò a tal punto che si convinsero che quello poteva essere l’uomo con cui trattare. Il presidente Botha aveva proposto di liberare Mandela sin dal 1988, se avesse rinunciato alla violenza. Lui rifiutò l’offerta, giustificandola con il fatto che un prigioniero non poteva negoziare e che lo Stato in primis avrebbe dovuto rinunciare alla violenza contro la maggioranza nera. Mandela era convinto che la riconciliazione era l’unico modo per andare avanti e nel suo primo governo nominò de Klerk vicepresidente. In questo caso, Mandela sacrificò la giustizia – vi erano prove sufficienti per condannare de Klerk per crimini contro l’umanità – in cambio del valore supremo di una pace duratura e della stabilità. È quello che ha segnato tutta la storia recente del Sudafrica e questo va attribuito a Mandela. Tuttavia, se la maggioranza nera ha ottenuto l’indipendenza politica nel 1994, non ha ricevuto invece l’indipendenza economica. La ricchezza del Sudafrica rimane tuttora in gran parte nelle mani dei bianchi e quindi il problema delle disuguaglianze è un problema importante, se non “il” problema dell’attuale Sudafrica.
Quale eredità ha lasciato Mandela?
Nelson Mandela è stato un uomo di grande onestà. Ha dato l’esempio ed è stato un modello di cosa significhi la buona governance. Oggi la corruzione dilaga in Sudafrica; sembra di essere lontani anni luce anni dall’integrità e dal duro lavoro che hanno caratterizzato gli anni del suo governo e ne sono stati il segno distintivo. Egli incarna tutto ciò che è buono nell’umanità: onestà, integrità, senso dello Stato, umorismo e cura per tutti i poveri e gli emarginati della società. La sua lunga vita di impegno e sacrificio per il popolo del Sudafrica è la sua più grande eredità.
E oggi, quali sono le principali sfide per il Paese?
Come accennavo prima, la disuguaglianza economica è la sfida più grande. Il Sudafrica è il Paese con il più grande gap al mondo tra ricchi e poveri. Questa disuguaglianza è la premessa per il disastro. C’è un disperato bisogno oggi di affrontare la difficile questione della disuguaglianza economica: in caso contrario, si rischiano gravi agitazioni sociali.
LE DATE DI MADIBA
1918, 18 luglio: Nelson Rolihlahla Mandela nasce nel villaggio di Mvezo nella regione del Transkey
1942: entra nell’African National Congress (Anc) e fonda, due anni dopo, la Youth League (la Lega giovanile), insieme a Walter Sisulu, Oliver Tambo e altri
1952: apre il primo studio di avvocati neri e si distingue nella campagna di disobbedienza civile contro il regime dell’apartheid
1956: viene arrestato e accusato di alto tradimento insieme ad altre 150 persone, tutte assolte nel 1961
1961: esce di prigione e sostiene la lotta armata, lanciata dall’Anc dopo la strage di Sharpeville, nel 1960, in cui vennero uccisi 69 manifestanti disarmati
1964: arrestato nuovamente, viene condannato all’ergastolo
1990, 11 febbraio: Mandela è definitivamente libero dopo 27 anni di carcere
1993: riceve il Premio Nobel per la Pace insieme a Frederik Willem de Klerk
1994, 10 maggio: vince le prime elezioni a suffragio universale e diventa presidente del Sudafrica
1999: dopo due mandati, si ritira dalla politica
DENIS HURLEY PEACE INSTITUTE
Il Denis Hurley Peace Institute prende il nome dall’arcivescovo Denis Eugene Hurley, una voce critica della Chiesa durante l’epoca dell’apartheid. Il suo obiettivo è quello di servire le persone in situazioni di conflitto, cercando di costruire percorsi di pace e riconciliazione, intesi non semplicemente come assenza di guerra, ma come un tentativo di andare alla radice dei problemi, indagando le cause e promuovendo il rispetto dei diritti umani. La missione dell’Istituto è quella di costruire la pace in Africa e a livello internazionale, attraverso la solidarietà e il servizio all’umanità in conflitto, la promozione del dialogo, la giustizia e la riconciliazione.
http://www.missionline.org/index.php?l=it&art=5611
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