Il motivo per cui Israele non sopporterà alcun accordo nucleare con l’Iran

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REDAZIONE 18 DICEMBRE 2013

 Foreign ministers in Geneva in second try to close Iran deal

di Maysam Behravesh

e Anders Persson

16 dicembre 2013

Il patto ad interim per il  nucleare che  è stato finalmente  concluso tra l’Iran e le potenze mondiali a Ginevra il novembre scorso, è stato salutato da molti in Occidente come una svolta storica per la diplomazia internazionale.

In cambio di un sollievo modesto e provvisorio alle sanzioni, il patto attua misure che garantiscono di frenare, ma non di smantellare, le attività nucleari iraniane in maniera verificabile. Descrivendo l’accordo come un “primo passo” che “ottiene molto”, il presidente Barack Obama ha dichiarato poco dopo la conclusione dei negoziati che “per la prima volta in quasi dieci anni, abbiamo    fermato l’avanzamento del programma nucleare iraniano, e parti fondamentali di esso saranno idotte.”

“Per dirla in parole povere,” ha aggiunto, il piano “elimina i percorsi più probabili verso una bomba.”

Gli altri governi occidentali, compresi quelli britannico e francese, hanno fatto dichiarazioni più o meno ottimiste sulle prospettive che un accordo a interim a Ginevra riduca la proliferazione nucleare in Medio Oriente e consolidi le strutture della sicurezza globale; è “una cosa buona per tutto il mondo,” ha definito succintamente l’accordo il  segretario di stato del Regno Unito.

Però a Israele, dove i leader non hanno considerato le assicurazioni avute da funzionari dell’amministrazione Obama che l’accordo in realtà “rende più sicuro Israele,” l’opposizione al consenso guadagnato con fatica è al limite dell’ossessivo.

Prima che i dettagli dell’accordo venissero diffusi, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è affrettato ad archiviarlo definendolo “uno storico errore”, rifiutandosi di rispettare qualsiasi accordo che non raggiunga lo scopo di  smantellare il programma di Teheran per l’arricchimento una volta per tutte – una richiesta di vecchia data per gli israeliani, ma  mai accettata   dagli iraniani.

“Oggi il mondo è diventato un posto molto più pericoloso perché il più pericoloso regime del mondo ha fatto un importante basso avanti verso l’ottenimento dell’arma più pericolosa del mondo,” ha sottolineato Netanyahu nel suo discorso all’incontro mensile del gabinetto dei ministri tenutosi poco dopo i colloqui. Facendo eco alla rigida presa di posizione di Bibi, il ministro dell’intelligence e degli affari strategici, Yuval Steinitz, ha ammonito che “il patto attuale, come quello fallito con la Corea del Nord nel 2007, è più probabile che porti l’Iran più vicino ad avere una bomba.”

Però i ministri israeliani di tutte le tendenze politiche sono ben consapevoli che, data la rilevanza  del capitale politico che la comunità internazionale ha investito nel risolvere la disputa, è semplicemente troppo rischioso per Teheran usare i negoziati come stratagemma per raggirare il mondo e operare  furtivamente  per ottenere la bomba. Anche se la dirigenza iraniana in effetti nasconde  ambizioni nucleari più minacciose, è abbastanza razionale non seguire questa strada nelle attuali circostanze, mentre cioè la Repubblica Islamica proprio ora sta riuscendo, dopo anni di sfiducia reciproca costata molto, a ripristinare una certa misura di fiducia con l’Occidente. Per il Capo Supremo l’Ayatollah Khamenei, il massimo “decisore” degli affari di stato importanti, qualunque tipo di inganno in questa fase sarebbe assolutamente suicida, dato che offrirebbe una scusa già pronta per un intervento esterno e una ricetta per un cambiamento di regime. Per quanto la Repubblica Islamica possa altrimenti dimostrarsi intransigente e inaffidabile, indubbiamente non cadrà in questa trappola.

E questo è proprio ciò che turba ora Tel Aviv: qualunque risoluzione diplomatica  della controversia nucleare iraniana toglierà ai falchi israeliani quella che considerano l’unica giustificazione possibile per rovesciare il regime iraniano con la forza militare. Il fatto è che, con o senza una bomba nucleare, Israele giudica il regime clericale dell’Iran “una minaccia esistenziale” ed è determinato ad abbatterlo. Non è semplicemente a causa del programma nucleare iraniano, o della sua retorica     ampollosa contro Israele, ma principalmente perché l’Iran post-rivoluzionario e i suoi clienti  del Levante sono i principali impedimenti all’egemonia di Israele in Medio Oriente.

In una rara intervista al canale persiano della BBC l’ottobre scorso, Netanyahu ha avvertito che se l’Iran avrà armi nucleari, “questo regime brutale sarà immortale, come la Corea del Nord.” osservatori più realistici hanno però da tempo accettato che, nella buona e nella cattiva sorte, la Repubblica Islamica è destinata comunque a rimanere – almeno se non ci sarà un’insurrezione iraniana (una prospettiva a cui gli israeliani hanno rinunciato qualche tempo fa) o un’invasione straniera (che gli israeliani speravano potesse essere innescata dall’intrigo imbroglio nucleare). Aiutando ad allontanare la guerra,  lo storico accordo di Ginevra sta ora  consumando questa occasione d’oro del nucleare per il cambiamento di regime in Iran,  da qui la continua insistenza di Israele di mantenere tutte le opzioni sul tavolo e di asserire il diritto di Israele all’autodifesa (come se fosse stato revocato!)

Questo ci dice anche molto sull’approccio massimalista del governo di Netanyahu riguardo al regime di sanzioni contro Teheran: per Tel Aviv le sanzioni non sono solamente uno strumento di pressione per mettere in ginocchio la dirigenza iraniana rispetto alla lotta per il nucleare, ma soprattutto la “continuazione della politica con altri mezzi” – una strategia onnicomprensiva per indebolire e far finire l’Iran nel suo insieme, sia come stato che come nazione.

Nei prossimi mesi, mentre la comunità internazionale si batte per un patto “onnicomprensivo” per risolvere il dossier nucleare dell’Iran una volta per tutte, Israele è sicuro di intensificare il suo ruolo       per impedire un duello finale. Dato che si sente tradito dagli Stati Uniti, non ultimo a causa dei colloqui segreti  per mezzo  di canali di comunicazione non ufficiali precedenti a Ginevra, la strategia di disturbo assumerà la forma di operazioni per “rivelare” la presunta violazione della fiducia  degli iraniani.

La sfida più grande è, tuttavia se  l’amministrazione Obama riuscirà  impedire che elementi filo-israeliani nel Congresso degli Stati Uniti aumentino le sanzioni contro l’Iran quando l’amministrazione allo stesso tempo sta operando per attenuarle – una linea di azione che indubbiamente distruggerebbe qualsiasi possibilità di raggiungere un accordo finale. Come dice John Kerry,  già che  si è fatto il primo passo, “adesso inizia la parte davvero difficile.”

 

Maysam Behravesh è dottorando in Scienze Politiche all’Università di Lund, Svezia, e Redattore capo del Journal of Asian Politics & policy (APP),  (Rivista di politica e politiche asiatiche). Anders Persson  è un esperto svedese del conflitto israelo-palestinese e ha un dottorato in scienze politiche all’Università di Lund.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/why-israel-won-t-abide-any-iran-nuclear-accord-by-maysam-behravesh

Originale: Foreign Policy in Focus

Traduzione di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2013  ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC  BY – NC-SA  3.0

 

http://znetitaly.altervista.org/art/13512

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