REDAZIONE 3 GIUGNO 2013
di Amira Hass
2 giugno 2013
Circa 30 anni dopo che l’insediamento di Eli è stato fondato a nord di Ramallah, l’Amministrazione civile ha pubblicato, per sottoporlo a obiezioni, un piano generale dettagliato per Eli. L’approvazione del piano darebbe legittimità a centinaia di strutture illegali – case, edifici commerciali e pubblici – costruiti nel corso degli anni dal Ministero degli alloggi e da Amana, l’organo del movimento Gush Emunim* che si occupa degli insediamenti e della loro costruzione – illegalmente, senza pianificazione o permessi.
Il piano (n. 237) non solo renderebbe legale la costruzione sulle terre dei villaggi palestinesi di As-Sawwiye e Al-Lubban ash-Sharqiya, già dichiarate terre dello stato, ma usando le procedure di una pianificazione non ortodossa, il piano legalizzerebbe anche case e strade costruite illegalmente su terre palestinesi private, nel cuore di Eli o ai suoi confini – la “linea blu.”
Il piano non si limita a legittimare le strutture illegali all’interno dei confini dell’insediamento, ma segnala ulteriormente che intende legittimare le strutture in quattro avamposti illegali di Eli, due dei quali sono costruiti sulla terra del villaggio di Quaryut. Il piano attuale comprende una superficie di 1.000 dunam, (unità per la misura del terreno, n.d.t.), ma contiene elementi di pianificazione che permetterebbero all’insediamento di includere, in futuro, gli avamposti e altre costruzioni illegali, espandendosi fino a 6.000 dunam, che includerebbero sia terre di proprietà privata palestinese che terre dello stato.
Approvare i piani generali degli insediamenti anni dopo che sono stai costruiti, non è una procedura nuova. Come per gli altri insediamenti, mandare avanti il piano urbanistico di Eli dipendeva dal fatto che le autorità di Israele riuscissero a dichiarare la terra palestinese in questione, “terra dello stato.”
Questa non è una semplice mossa burocratica: basandosi su una vecchia legge Ottomana, le autorità israeliane riescono a trattare la proprietà collettiva dei villaggi palestinesi come se non avesse un proprietario che poi può quindi essere dichiarata “proprietà statale,” che va assegnata soltanto agli ebrei.
Come in altri insediamenti, anche qui il piano è stato iniziato dalla Divisione per gli insediamenti dell’Organizzazione mondiale sionista. Come in altri insediamenti, i confini del piano urbanistico non sono stati determinati in base a normali considerazioni di pianificazione, ma piuttosto in base alla proprietà delle terre. La “linea blu” è una linea di proprietà che separa la terra già dichiarata proprietà statale, e la terra su cui l’Amministrazione civile non è riuscita a negare la proprietà privata palestinese.
Questa non comprende soltanto le terre private oltre i limiti del piano. Nel centro dell’area ci sono 7 enclave non destinate alla costruzione, dato che sono riconosciute come proprietà privata palestinese. ( In linea di principio, l’Amministrazione civile crede che i palestinesi abbiano il diritto di usare quelle aree per l’agricoltura, ma non per le costruzioni). Queste enclave non sono un’invenzione di chi ha fatto il piano urbanistico, cioè Yehoshua Shachar di Tel Aviv. Enclave analoghe compaiono anche nelle mappe di altri insediamenti.
Il progetto per Eli, differisce, comunque, in un modo da quelli che lo hanno preceduto. In altri insediamenti, la condizione per l’approvazione del piano urbano era la demolizione di tutte le costruzioni illegali nelle enclave private, e il loro recupero come lotti adatti all’agricoltura. Questo era il modo dell’Amministrazione civile di dimostrare che rispetta la sacralità della proprietà privata palestinese.
A Eli, è stata inventata una nuova categoria: “”costruzione di lotti da completare”. Non c’è una spiegazione di questa nuova espressione nella lista di quelle del progetto, ma lo scopo è chiaro: questi sono 50 lotti con case già esistenti. Ognuna di queste è, almeno parzialmente, costruita su proprietà privata palestinese ( in un’enclave più interna, al confine del piano), e parte di essa è costruita su aree interne al piano.
Non c’è l’intenzione di demolire questi edifici costruiti illegalmente su terra palestinese privata: al contrario, il progetto offre di legalizzarli e, infatti, adatta il progetto ai confini per adattarli alla realtà. Al contrario di progetti generali precedenti, in questo caso la autorità segnalano di sapere che in futuro le case saranno tutte completate anche sulla mappa. Una possibilità è che i proprietari palestinesi di terre rinuncino a riavere mai indietro la loro terra e acconsentano a venderla o, semplicemente tutta la faccenda sarà dimenticata.
Nella tabella che specifica la dimensione degli appezzamenti da “completare” si può trovare anche il lotto 92. Le sue dimensioni: zero dunam. Questa casa è costruita interamente su un enclave di terra palestinese privata, senza che sporga al di là di essa neanche di un metro quadrato.
Lo stesso vale per varie strade che passano attraverso le enclave o oltre i confini circostanti del progetto: sulla carta, sono segnate soltanto le parti all’interno della “linea blu” come strade programmate che dopo quella approvazione diventeranno legali. Sono segnate tutte la parti che passano attraverso le enclave o oltre i confini, ma non come strade legali. D’altra parte, non sono programmate per la demolizione.
Le acrobazie verbali dell’espressione “lotti da costruzione che vanno completati”, insieme al fatto di ignorare le strade nelle enclave, non sono altro che una finta adesione alla dichiarazione che “la proprietà privata non è stata invasa.”
“Il detto piano crea l’illusione che rispetti la proprietà privata e che si astenga dal costruire su proprietà privata palestinese, quando invece il piano intende ampliare la linea blu, i cui limiti avevano come base la questione della proprietà, e impadronirsi delle terre palestinesi,” hanno detto Nir Shalev e l’architetto Alon Cohen Lifshitz della ONG Bimkom – Progettisti per i diritti della pianificazione,” che hanno scritto le obiezioni al piano urbanistico.
Negli insediamenti comunitari come Eli, gli edifici pubblici e i centri commerciali si trovano di solito al centro dell’insediamento, allo scopo di renderli accessibili a tutti i residenti. In contrasto con questa logica di pianificazione, quasi tutta la terra assegnata all’attività pubblica e commerciale, non è al centro di Eli, ma piuttosto ai suoi confini settentrionali e nord-orientali. Il progetto non si accontenta che della strada esistente che porta all’insediamento (parte della quale passa attraverso proprietà privata). L’architetto Yehoshua Shachar ha progettato un’altra strada, larga 20 m., nella parte est, che porta all’estremità nord-orientale. Una strada anche più ampia è progettata all’interno dell’insediamento, e porta anch’essa nella parte nord orientale.
A est e a nord di Eli, ci sono tre avamposti che perfino secondo l’Amministrazione civile erano stati costruiti parzialmente su proprietà privata palestinese, appartenente ai residenti di Quaryut e di As-Sawiye. Il messaggio è chiaro: gli edifici pubblici, i centri commerciali e le strade sono destinate a servire una popolazione significativamente più grande che vive su altra terra che, attualmente, non è segnata sul piano.
Il piano, quindi, si adatta ai piani a lungo termine di Eli, come è stato descritto nel sito web di Amana: “In futuro e in accordo con la visione iniziale dell’insediamento, arriverà oltre le colline adiacenti e perfino oltre la Strada n. 60, più vicina a Ma’ale Levona. Ci sarà quindi una lunga contiguità territoriale dei coloni ebrei con Eli, Shiloh e Ma’ale Levona.”
Shachar, l’architetto, si è rifiutato di rispondere alle domande di Haaretz sul piano. L’Amministrazione civile ha risposto dicendo che il piano è nella fase di ascolto delle obiezioni e che le risposte ad Haaretz saranno date come parte del procedimento.
*http://it.wikipedia.org/wiki/Gush_Emunim
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte:http://www.zcommunications.org/plan-to-legalize-west-bank-settlement-of-eli-paves-way-for-its-expansion-by-amira-hass
Originale: Haaretz
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2013 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY – NC-SA 3
http://znetitaly.altervista.org/art/11058
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