Thursday, 23 June 2011 15:15 Popular Struggle Coordination Committee
Il Muro nel villaggio palestinese di Bil’in, nell’area di Ramallah (foto: Hamda Abu Rahmeh)
Dopo sei anni di proteste settimanali, l’esercito israeliano ha iniziato a smantellare il Muro di Separazione intorno al villaggio di Bil’in, in Cisgiordania. I dimostranti marceranno verso il Muro alle 12.30 di venerdì 24 giugno, per chiedere ancora una volta il diritto di accesso alle proprie terre perché la battaglia non è ancora conclusa.
Il Comitato Popolare di Bil’in ha infatti annunciato che venerdì sarà l’ultimo giorno del vecchio percorso del Muro all’interno delle terre del villaggio, ma l’inizio della lotta contro il nuovo tragitto. I dimostranti marceranno verso il Muro in dismissione per tentare l’accesso alle terre sequestrate al di là della barriera di separazione.
Martedì mattina, i bulldozer dell’esercito hanno iniziato il lavoro di demolizione del Muro a Bil’in. Già nel 2007, dopo due anni di manifestazioni settimanali nel villaggio e dopo la petizione presentata in tribunale dai residenti, l’Alta Corte israeliana aveva dichiarato illegale il percorso del Muro. La Corte aveva infatti stabilito che quel tracciato non era stato ideato per ragioni di sicurezza, ma per implementare i progetti di espansione delle colonie in Cisgiordania. Nonostante la sentenza dell’Alta Corte, però, sono stati necessari altri quattro anni di lotta per avviarne la demolizione, anni durante i quali due persone sono state uccise nel corso delle manifestazioni di protesta e moltissime sono rimaste ferite.
Ma anche il nuovo percorso stabilito dalle autorità israeliane, e già sanzionato dall’Alta Corte, mangerà 435 acri di terra del villaggio, acri che resteranno nella parte “israeliana” del Muro.
Il 4 settembre del 2007, l’Alta Corte ha ordinato allo Stato di individuare un percorso del Muro alternativo a quello esistente a Bil’in, in un periodo di tempo ragionevole. Nonostante la sentenza, sono trascorsi molti mesi senza che alcun piano nuovo venisse progettato. Il 29 maggio del 2008, i residenti di Bil’in hanno presentato una petizione accusando lo Stato di non rispettare la Corte. In risposta alla petizione, Tel Aviv ha proposto un percorso alternativo. Tuttavia, il nuovo piano non si è affatto conformato alla sentenza dell’Alta Corte, lasciando la gran parte delle terre del villaggio in territorio israeliano, nella disponibilità delle colonie. L’unica differenza tra i due tracciati stava nel fatto che il secondo avrebbe restituito a Bil’in 40 acri di terra.
I residenti palestinesi hanno perciò presentato una seconda petizione, nella quale sottolineavano come il tracciato alternativo andava contro la sentenza del tribunale. Il 3 agosto 2008 la Corte ha fatto lo stesso, dichiarando inefficace anche il nuovo tracciato: ha ordinato quindi allo Stato di Israele di progettare una seconda alternativa.
Il 16 settembre 2008, lo Stato ha così presentato un secondo nuovo progetto per il percorso del Muro: si lasciava ancora una grande porzione delle terre in mano israeliana e si concedeva al villaggio Bil’in il ritorno di 100 acri di terra. Uno dei legali dei residenti ha criticato il nuovo percorso, giudicandolo non conforme alla sentenza della Corte. E il 15 dicembre 2008 l’Alta Corte ha stabilito che anche il secondo percorso alternativo non rispettava la decisione originale del tribunale.
Ad aprile del 2009 Israele ha presentato una terza alternativa che lascia la maggior parte dell’area destinata all’espansione delle colonie nel lato “palestinese” del muro, permettendo così il ritorno nelle mani di Bil’in di 150 acri di terra dei 490 annessi dal percorso originario.
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