2° Appello alla Patria: Il popolo vuole porre fine alla divisione | Esercito israeliano demolisce il villaggio di Amniyr | Ma ad At-Tuwani succedono anche cose belle

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2° Appello alla Patria: Il popolo vuole porre fine alla divisione

I giovani palestinesi lanciano un documento-appello tramite Tahani Abu Daqqa, già Ministra della Cultura, dopo esserlo stata della Gioventù e dello Sport, nel governo di Abu Masen. Un’occasione di riflessione e di conoscenza oltre che di vicinanza solidale nella loro ricerca di valori condivisi, quali l’unità nazionale, il rispetto delle libertà e dei diritti di tutti. (da Anissa, Actionforpeace)

Domenica 13 febbraio.
O eroico popolo palestinese: è trascorsa una settimana dal 1° appello senza sentire alcun commento o dichiarazione a mezzo stampa da parte della leadership politica di Fatah e di Hamas. E’ come se ci dicessero “Nascondete le vostre teste dietro le pareti”. Ma noi diciamo loro che proseguiremo nelle nostre legittime richieste nazionali per porre fine a questa divisione umiliante che ha dato risultati quanto mai pericolosi sugli sviluppi della causa palestinese danneggiandola gravemente. La divisione politica e geografica, tra i palestinesi, che perdura per più di cinque anni senza alcun segno di voler cessare, ha ridefinito la questione palestinese nel modo più deleterio e la sua continuazione potrebbe significare una fine non felice per la causa del nostro popolo che a lungo combatte per la sua liberazione. Tale divisione ha spazzato via l’aureola specifica che ha caratterizzato la causa palestinese in quanto causa di un popolo occupato in cerca di libertà, colpendo il suo prestigio e il suo status, ufficialmente riconosciuti, per molti anni, con simpatia popolare e internazionale. I palestinesi sono stati feriti dalla vergogna e dalla frustrazione e i figli della nazione araba sono rimasti delusi così che i loro sentimenti di simpatia si sono trasformati in intolleranza e disprezzo. La divisione palestinese ha segnato una battuta d’arresto nelle prospettive di un progetto nazionale palestinese, sia a livello di Stato che di diritto all’autodeterminazione o del consolidamento nazionale.
O eroico popolo palestinese: in vostro nome e per conto dei prigionieri e dei martiri, ci rivolgiamo alla leadership di Fatah e di Hamas chiedendo una risposta immediata alle nostre richieste di porre fine a questa divisione. Invitiamo tutti a partecipare alle nostre attività che si terranno in tutti i territori della Palestina, da Gaza a Ramallah, a Hebron, a Nablus e a Gerusalemme.
Nota importante: vi informiamo che abbiamo avvisato il signor Fathi Hammad, Ministro degli Interni nella Striscia di Gaza, e il signor Dr. Said Abu Ali, Ministro degli Interni in Cisgiordania, con una lettera formale recapitata a ciascuno di essi nel proprio ufficio, delle nostre attività e luoghi di assembramento, chiedendo loro di fornire protezione ai manifestanti e non di ostacolarli.
Viva la Palestina Araba Libera!
I giovani della Palestina

Esercito israeliano demolisce il villaggio di Amniyr

(Operazione Colomba e Christian Peacemaker Teams)
22 Febbraio 2011 Villaggio di Amniyr – Colline a sud di Hebron

Verso le ore 5 del mattino l’esercito israeliano, accompagnato dalla DCO (District Coordinating Office) sono giunti nel villaggio di Amniyr demolendo cinque abitazioni/tenda, due cisterne dell’acqua e quasi tutti gli alberi di ulivo del villaggio. Le demolizioni hanno praticamente lasciato senza casa tre famiglie del villaggio. Quando poi l’esercito si è allontanato le uniche cose rimaste intatte erano una grotta ed un forno taboun per il pane.
Secondo le testimonianze degli stessi palestinesi era già da alcuni mesi che i soldati si presentavano portando ordini di demolizione e mappe della zona che collocavano il villaggio in un area che Israele rivendicava come terra di stato, minacciando di demolire il villaggio se non fosse stato abbandonato.
Gli abitanti del villaggio di Amniyr hanno riferito ai volontari del CPT che è ormai da anni che subiscono minacce e violenze da parte di coloni e soldati, e che proprio per questo alcuni membri della famiglia Jaboor, che vivevano in delle grotte, sono stati costretti a muoversi lontano dalla propria casa proprio per paura di possibili aggressioni. Le minacce sono comunque continuate anche nell’area dove si erano spostati cosa che ha costretto nuovamente gli abitanti a spostarsi verso il villaggio originario.
“Dove dovremmo passare la notte?” ha detto Moath Jaboor che viveva con la madre in una delle tende distrutte. “Ricostruiremo le nostre case così potremo di nuovo dormire”
Video dell’incidente: http://www.youtube.com/watch?v=cLe1MrVfoT0

Ma ad At-Tuwani succedono anche cose belle

di FM
È un pomeriggio tranquillo quando ci chiamano dicendo che c’è un checkpoint appena fuori del villaggio dove hanno fermato Hafez, il leader del comitato di resistenza non violenta di Tuwani, la nostra guida, il nostro capo e anche la persona che ci ospita sotto casa sua e che ci ha praticamente adottato nella sua famiglia. Hafez è a rischio di arresto e per questo partecipa alle manifestazione e alle azioni sempre in maniera discreta, standosene in disparte e stando bene attento a non farsi chiamare per nome.
Due di noi si fiondano subito a vedere qual’è la situazione, mentre gli altri attendono. Della gente comincia a scendere, ci dicono che dobbiamo scendere tutti, altri due si aggregano. Restiamo in due a casa, è la regola, bisogna sempre tenere coperto il villaggio. Se i coloni attaccassero e siamo tutti fuori sarebbe un macello. Tutto il villaggio si sta riversando in strada e non riusciamo a restare a casa, ci muoviamo verso la collina, riproponendoci di rimanere in un posto dove si possa vedere sia che succede al checkpoint sia il villaggio, non ci crediamo molto però.
Cosa sta succedendo giù? I militari han fermato la macchina dove si trovava Hafez, guidava Nasser, uno dei due “vice” di Hafez, uno dei riferimenti per il villaggio, e c’era anche sua moglie. Controllano i documenti, ci mettono del tempo, fa freddo. Hafez sotto il suo cappuccio non si muove, Nasser prende delle sterpaglie e fra le pietre accende un fuoco per scaldarsi. I soldati, tutti ventenni sia ben chiaro, non la prendono bene e per questo gesto così immorale, accendere un fuocherello, decidono di bendare e ammanettare con delle fascette di plastica il povero Nasser. Le nostre telecamere firmano l’assurdità. La situazione sembra gravissima, ci si aspetta un arresto, e quando si viene arrestati vuol dire botte, botte e umiliazioni.. anche se poi viene fuori che non era niente e ti rilasciano.. basta solo i viaggio in camionetta per romperti un paio di costole.. e molti del villaggio lo sanno per esperienza. Ma Nasser sdrammatizza la scena. Bendato, legato e costretto in ginocchio di fianco alla jeep tra soldati col mitra al collo chiama aiuto e, tra un sorriso e l’altro, si lamenta del dolore. Prende in giro i soldati come se sapesse quello che di li a poco sarebbe successo. Passano pochi attimi e la gente che si era stipata sulla collinetta sopra la strada comincia a scendere. Scendono le donne, o forse sarebbe meglio dire le ragazze, e i bambini. In un momento sono di fronte ai soldati che con le mani alzate protestano. I soldati non se l’aspettavano e in un attimo perdono il prigionero. Viene sbendato e un ragazzo con un sasso lo libera dai lacci. Le ragazze si interpongono tra Nasser e i soldati allibiti. I militari non san che fare tiran fuori i cellulari e cominciano a riprendere la scena. Noi riprendiamo, i soldati riprendono, donne e bambini festeggiano la liberazione con sorrisi e sfottò mentre Nasser quasi va a rincuorare i soldati. Non ci saremmo mai aspettati una scena del genere. Donne e bambini, considerati i più deboli, che liberano un uomo senza violenza.
Non tutti se lo possono permettere ma Tuwani si vede di sì, per la sua storia e per tutto ciò che ha patito e costruito nel tempo.
I giovani soldati hanno lo sguardo perso, ridimensionati forse per ciò che sono veramente, svestiti dall’arroganza del mitra di cui fanno sfoggio quotidianamente. Il colpo di grazia glielo da il figlio di Nasser che scendendo di corsa punta il capetto dei soldati e faccia a faccia, con l’indice sulla bocca, gli dice di non fiatare. Il militare che per un gesto del genere di solito arresta non può nulla e con i suoi colleghi cominciano a prendersi gli sfottò dei bambini. Mi chiedo se sia giusto lasciarglielo fare o fermarli, ma bambini che vivono le giornate con l’apprensione che il loro padre possa non tornare a casa per colpa di questi soldati, che non sono li per far rispettare delle leggi ma son li per umiliare arbitrariamente un popolo, forse ne hanno il diritto. Poca roba rispetto ai sacrifici della scelta non violenta. Dopo un po’ arriva la polizia israeliana, il capo non ha la divisa, è in borghese. Esce, parla con i soldati, parla con i capi di Tuwani e tra grosse risate dice di andare tutti a casa, che non c’è nessun problema, che non è successo niente. Sì, ma se non ci fossero state le telecamere ed il coraggio delle donne di Tuwani come sarebbe andata a finire? Bah per ora è bello vedere Nasser prendere il the con Hafez sopra casa nostra organizzando ins’allah il futuro di Tuwani ed è bello vedere i suoi figli giocare col sorriso.

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