REDAZIONE 10 AGOSTO 2013
di Robert Fisk – 9 agosto 2013
… ma un massacro nel giorno che segna la fine del Ramadan [Eid] sarebbe causa di eccessiva infamia
Nessun generale mussulmano vuole passare alla storia come l’autore del massacro dell’Eid. E’ per questo che molti egiziani la notte scorsa hanno sospettato che l’apparentemente autodichiarato fallimento del governo “provvisorio” quanto al por fine alla crisi con i suoi nemici della Fratellanza Mussulmana possa non essere ancora il crollo finale.
Adbul Fatah al-Sisi può essere effettivamente un grandissimo generale – dopotutto ha creato questo fantastico governo con sé stesso come vice primo ministro – ma mandare i suoi gorilla contro centinaia di migliaia di fedeli mussulmani alla vigilia della festa che segna il giorno finale del Ramadan non è probabile gli procuri gli elogi degli egiziani, per non parlare degli statunitensi che versano all’esercito 1,5 miliardi di dollari l’anno.
Naturalmente questo può essere un po’ ingenuo. Armato, come ritiene di essere, del mandato del ‘popolo’, forse il generale al-Sisi pensa di poterla fare franca da cadaveri nelle strade questa settimana. Ma si è dimostrato un uomo paziente, e l’assicurazione del suo governo ‘provvisorio’ che continua ad apprezzare l’aiuto internazionale per risolvere il conflitto, suggerisce che non ha ancora toccato il punto di non ritorno. Il vicesegretario di stato USA, William Burns – un diplomatico che porta il fallimento con sé nella valigetta – può essersene andato, ma l’esercito sta ancora tentando di digerire la descrizione di John McCain come di un “colpo di stato” della sua buffonata del 3 luglio. Raramente la Fratellanza Mussulmana ha avuto un tale sostegno diplomatico statunitense e gli inviati del Qatar sono molto frustrati per aver avuto il permesso di incontrare Mohamed Morsi.
Il guaio è che Morsi è stato eletto presidente e quando – apparentemente con sua grande sorpresa – è stato rovesciato dall’esercito (o dalla ‘volontà del popolo’, a seconda dei punti di vista) i suoi sostenitori semplicemente non avevano piani per il futuro, salvo la loro richiesta che Morsi fosse reinsediato. Così hanno bloccato le strade del Cairo. Il generale al-Sisi, presumendo che la Fratellanza si sarebbe stancata di tale tattica dopo qualche giorno nel sole estivo e qualche mini massacro, ora è imbarazzato dal dilemma di tutti i generali che scoprono che il loro nemico non vuole rispettare il loro copione.
La Fratellanza sa che al-Sisi non vuole una carneficina di massa. Al-Sisi sa che gli statunitensi non vogliono una carneficina di massa. Forse può essere organizzato un qualche tipo di ‘potere popolare’ – ora ci si sta pensando – per cacciare la Fratellanza e lasciare l’esercito non macchiato dal sangue della Fratellanza. Dopotutto molti dei cecchini che hanno abbattuto i sostenitori di Morsi in queste ultime cinque settimane sono rimasti non identificati. Ma ci sono troppi diplomatici, organizzazioni non governative e giornalisti stranieri ad annusare in giro perché ciò funzioni su larga scala.
Dunque che cos’è più importante? La volontà del “popolo” – quelli che odiano Morsi – o la determinazione della Fratellanza per la quale il martirio (spesso nelle carceri egiziane) è da lungo tempo una caratteristica? E la dignità dell’esercito egiziano? In procinto di salpare per l’esilio sulla sua nave reale, la ‘al-Marussa’, nel 1952, Re Faruk si rivolse agli ufficiali che lo avevano detronizzato. “Abbiate cura dell’esercito”, disse al generale Mohamed Naguib, che presto sarebbe stato deposto dal colonnello Gamal-Abdul Nasser. Tutti amano l’esercito.
E l’esercito egiziano ama parecchio sé stesso. I suoi vasti e pomposi investimenti in proprietà immobiliari, banche e industrie fanno di esso uno degli eserciti arabi più ricchi in uno dei paesi arabi più poveri. Non è certo nel suo interesse avviare una mini guerra nelle strade del Cairo. Ma la stessa Fratellanza è gonfia di arroganza e la sua esperienza al potere – con Morsi come sua cifra – difficilmente merita il sostegno del ‘popolo’.
Merita di essere ricordato in questo momento critico che il governo di Morsi ha respinto proposte di libere elezioni sindacali, una delle principali definizioni di qualsiasi democrazia industriale. John McCain può aver identificato come colpo di stato il rovesciamento di Morsi ma avrebbe difficoltà ad affermare che la Fratellanza sia stata a favore dei lavoratori. Beh, tutto questo, entro questo pomeriggio, può essere acqua passata sotto il ponte sul Nilo. Ma molti probabilmente sperano che il dibattito proseguirà e che vedremo altri stranieri in arrivo per ‘salvare’ l’Egitto.
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: The Independent
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2013 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0
http://znetitaly.altervista.org/art/11940
Quest'opera viene distribuita con Licenza Creative Commons. Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia.