Israele: “Ci teniamo il 40% della Cisgiordania”

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Secondo fonti palestinesi, il team israeliano avrebbe proposto la creazione di uno Stato di Palestina sul 60% del territorio. Rimarrebbero colonie e basi militari.

(di Emma Mancini)

Betlemme, 06 settembre 2013, Nena News – Il silenzio che avvolge i negoziati in corso tra israeliani e palestinesi pare essersi rotto. Vuoi per la decisione di non far trapelare nulla dei contenuti degli incontri, vuoi perché più forte era il rumore delle notizie di nuove colonie della morte di altri giovani palestinesi, ma del dialogo riaperto un mese fa a Washington si sapeva ben poco.

Ora qualcosa esce dagli incontri a porte chiuse tra i team di negoziatori, guidati da Tzipi Livni e Saeb Erekat. Secondo alcune fonti palestinesi, citate dall’AP, Israele avrebbe proposto la creazione di uno Stato di Palestina con confini temporanei e che copra il 60% della Cisgiordania. Il restante 40% resterebbe sotto controllo israeliano. Ovvero, Tel Aviv vorrebbe mantenere nei Territori decine di insediamenti e di basi militari, in cambio della concessione di uno Stato.

“Una proposta inaccettabile – ha commentato il team palestinese – Lo ripetiamo. Accordiamoci sulle basi dei confini del 1967 e poi potremo giungersi passo passo”.

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L’ufficio del primo ministro Netanyahu ha preferito non commentare la notizia. Molto più loquace la controparte palestinese: almeno quattro funzionari dell’ANP hanno parlato con la stampa per rivelare gli attuali contenuti del negoziato. Secondo un altro funzionario palestinese, finora il dialogo si sarebbe incentrato sulla questione della sicurezza, con una lite scoppiata tra le due parti perché i palestinesi non intendono accettare una presenza militare israeliana in caso di creazione di uno Stato.

Accanto alle interviste anonime, leader storici di Fatah come Yasser Abed Rabbo e Nabil Shaath hanno espresso nei giorni scorsi un nero pessimismo verso il negoziato in corso. “Inutile e senza senso”, secondo Adel Rabbo. “Gestito solo da Israele”, secondo Shaath.

Quella di rivelare i contenuti del dialogo è una mossa forse diretta a mostrare ancora una volta quali sono gli ostacoli al dialogo: la mancanza di volontà di Israele che prima rifiuta qualsiasi precondizione e poi propone soluzioni inaccettabili per qualsiasi leadership.

Se dagli Accordi di Oslo qualcosa i leader palestinesi hanno imparato, è di non accettare le briciole prime, sperando di vedere dopo una pagnotta. Vent’anni fa gli errori di valutazione commessi da leader che vivevano in esilio da decenni e avevano percezioni erronee della situazione sul terreno, ha condotto a un vicolo cieco a cui ancora oggi il popolo palestinese paga un prezzo salato.

(Nena News)

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