ISRAELE. Confermata la condanna al soldato israeliano Azarya

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31 lug 2017

Il militare dovrà scontare 18 mesi di carcere per l’omicidio del palestinese al-Sharif avvenuto a Hebron nel 2016. I ministri israeliani, premier in testa, chiedono la grazia. Tensioni a Giaffa (Tel Aviv) dove sabato la polizia ha sparato e ucciso in circostanze ancora da chiarire un giovane arabo

Elor Azarya


di Roberto Prinzi

Roma, 31 luglio 2017, Nena News – Un tribunale israeliano ha confermato ieri la pena di 18 mesi di carcere per omicidio colposo per il soldato israeliano Elor Azarya che nel marzo del 2016 ha ucciso a Hebron il 21 enne palestinese Abd al-Fattah al-Sharif nonostante questi fosse a terra gravemente ferito.

I giudici della corte di appello, riporta il Times of Israel, hanno ieri ribadito (con 3 voti su 5) che quello dello scorso anno è stato un omicidio colposo, un atto “proibito, grave e immorale” contrario all’etica militare che è parte “fondamentale per la resistenza dell’esercito sia all’interno che all’esterno”.

Azarya – ai domiciliari da inizio mese e che ha trascorso finora soltanto nove giorni di carcere – dovrebbe ora essere trasferito in una prigione militare dove dovrebbe scontare la pena. Il condizionale è d’obbligo perché, osserva il quotidiano liberal Ha’Aretz, il team difensivo del soldato potrebbe fare ricorso ad alcuni escamotage legali che potrebbero fargli evitare di scontare la pena o, quanto meno, ritardare la sua implementazione. Le possibilità che si aprono alla difesa sono molteplici: il caso potrebbe essere portato alla Corte suprema israeliana chiedendo che la sentenza venga posticipata per una seconda volta. Oppure gli avvocati dell’imputato potrebbero cercare una riduzione della pena appellandosi al capo di stato maggiore dell’esercito. Possibilità, però, che implica come condizione indispensabile che il giovane militare ammetta pubblicamente le sue responsabilità sull’uccisione di al-Sharif. In ultima istanza, ci sarebbe anche la richiesta di grazia indirizzata al capo dello stato Reuven Rivlin.

Ma se il soldato non può dirsi contento della decisione di ieri del tribunale, delusione per il verdetto è stato espresso anche dalla procura militare che ha detto di non trovare congrua la pena scelta dai giudici (chiedeva più anni di carcere).

C’è poi chi, come Human Rights Watch (HRW), ha già osservato a giugno come il problema non è la condotta di un singolo soldato, ma “l’atmosfera d’impunità per le uccisioni dei palestinesi”. “La responsabilità per il rispetto delle norme legali ed etiche – ha affermato la ong statunitense – non deve essere data solo ad un soldato 20enne, ma anche agli alti ufficiali che hanno mandato a lui e a tanti altri come lui un messaggio sbagliato sull’uso della violenza”.

In pratica, denunciano HRW e molte organizzazioni di sinistra locali, si punisce uno (Azarya) per assolvere l’intero sistema basato su una “cultura dell’impunità”.“Un’impunità” che, a loro giudizio, ha riguardato però anche lo stesso Azarya che è stato condannato soltanto per omicidio colposo e non per essere stato l’autore di una “esecuzione extragiudiziaria”.

Tuttavia, la delusione e rabbia del giovane militare dopo il verdetto di ieri sono comprensibili: Azarya è stato l’unico soldato israeliano ad essere stato condannato nel 2016 per la morte di un palestinese (sui 108 uccisi quell’anno). Senza dimenticare poi che uno studio dell’ong Yesh Din ha mostrato recentemente come delle 186 indagini investigative aperte dall’esercito nel 2015 solo in quattro casi si sono avuti rinvii a giudizio.

Nonostante ciò, il soldato “eroe” (per la maggior parte degli israeliani) ha dalla sua parte il sostegno d’importanti esponenti politici: a mostrarsi subito solidali con lui sono stati ieri il premier Netanyahu e i ministri Lieberman (Difesa) e Bennet (Istruzione). “La mia opinione non è cambiata a riguardo” ha detto Netanyahu – quando la questione sarà presentata, invierò la mia raccomandazione alle autorità preposte per la grazia”. “Chiedo alla famiglia di Azarya di non fare un nuovo appello, ma di rivolgersi al Capo di Stato maggiore dell’esercito per ottenere la sua assoluzione” ha twittato il titolare alla Difesa Lieberman. Sulla stessa lunghezza d’onda Bennett, leader del partito di estrema destra Casa Ebraica, che ha dichiarato anche di avere “piena fiducia” nei vertici militari e ha chiesto ai cittadini israeliani di non criticare l’esercito e i suoi comandanti.

Ieri, però, il premier ha voluto anche tornare sulla sua decisione di rimuovere le controverse misure di sicurezze poste agli ingressi della Spianata delle Moschee. “Sono attento ai sentimenti della popolazione. Tuttavia, essendo il primo ministro d’Israele, essendo colui che ha la responsabilità della sicurezza del Paese, devo prendere decisioni a sangue freddo e con giudizio. Lo faccio tenendo presente le sfide e minacce che stiamo affrontando, non tutte note alla popolazione, e su cui, come è logico che sia, non posso entrare nei dettagli”.

E se si è calmata negli ultimi giorni la situazione a Gerusalemme, ha bruciato di rabbia nel week end Giaffa, quartiere a sud di Tel Aviv a maggioranza palestinese. La situazione è stata molto tesa negli ultimi due giorni dopo che un 22enne palestinese è stato ucciso sabato mattina dalla polizia. Secondo la versione ufficiale, la vittima ed un suo complice stavano scappando su due motorini quando, durante l’inseguimento, il 22enne Mahdi al-Saadi avrebbe sparato contro gli agenti che, minacciati, avrebbero risposto uccidendolo e ferendo l’uomo che era con lui. Una ricostruzione smentita dal padre di al-Saadi che accusa i poliziotti di aver ucciso il figlio “a sangue freddo” negando il coinvolgimento di Mahdi nella sparatoria. Secondo la famiglia, si sarebbe trattato di uno scambio di persona.

Qualunque sia la verità, la notizia dell’uccisione del 22enne ha acceso gli animi della comunità palestinese di Giaffa: sabato mattina alcuni giovani hanno dato fuoco ad alcuni pneumatici e lanciato pietre contro la polizia (tre persone arrestate). Gli scontri sono poi ripresi dopo i funerali del ragazzo nel pomeriggio: ruote, cassonetti dell’immondizia e alcune macchine sono stati bruciati in segno di protesta per la “brutalità e il razzismo della polizia”. La risposta delle forze dell’ordine è giunta ieri notte, quando, nel corso di alcuni blitz compiuti nel quartiere, sono state arrestate cinque persone (tre minorenni).

A giugno un palestinese cittadino d’Israele è stato ucciso da un colpo di arma da fuoco esploso da una guardia di sicurezza israeliana durante alcuni tafferugli avvenuti nella cittadina a maggioranza araba di Kafr Qasim. Allora il leader della Lista Araba Unita, Ayman Odeh, accusò la polizia israeliana di trattare i palestinesi d’Israele come nemici da combattere piuttosto che cittadini da proteggere. Un’accusa ripetuta anche questa volta. Nena News

Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir

 

ISRAELE. Confermata la condanna al soldato israeliano Azarya

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