10 giu 2016
Tutto cambia perché nulla cambi: l’iniziativa francese è destinata a fallire per il mancato equilibrio tra le parti e l’impunità israeliana. A Parigi interessa farsi leader del Medio Oriente
di Tareq Baconi e Alaa Tartir – Huffington Post*
Roma, 10 giugno 2016, Nena News – La Francia ha ospitato il 3 giugno la sessione preliminare di una conferenza internazionale di pace per Israele e Palestina. Questo ha segnato il primo vero sforzo di riattivare il processo di pace dopo il fallimento del piano del segretario di Stato Usa Kerry all’inizio del 2014. La Francia non ha ancora imparato la lezione che molti avevano sperato fosse seguita al fallimento di Kerry: senza una riforma significativa, il processo di pace che ha dominato gli ultimi due decenni di diplomazia su Israele e Palestina è destinato a fallire.
In preparazione della conferenza di Parigi, la Francia ha inviato una delegazione in Israele e Palestina. Si sono focalizzati principalmente su incontri con membri della delegazione israeliana per rispondere ai loro dubbi sull’iniziativa, anche se il premier israeliano Netanyahu ha chiaramente espresso il suo disinteresse. Invece di sostenere gli sforzi francesi, Netanyahu ha reiterato il suo dubbio impegno nei negoziati bilaterali tra le parti. Ha anche mostrato interesse per l’inatteso e in qualche modo sconcertante risveglio dell’iniziativa di pace araba da parte del presidente egiziano al-Sisi.
Al contrario, secondo fonti affidabili vicine al team di negoziatori francesi, la leadership palestinese è sembrata semplicemente troppo felice di fare qualcosa per essere al tavolo del negoziato. “Sono troppo entusiasti – ha detto la fonte francese – Molto più eccitati di noi”.
Questa breve parentesi sull’approccio francese ha reso chiaro che i problemi strutturali di base che hanno fatto fallire i precedenti tentativi diplomatici non sono stati affrontati. Al contrario, persistono sia il rigetto israeliano ad un accordo di pace finale che l’incapacità della leadership palestinese a sviluppare una sufficiente influenza diplomatica.
La storia del processo di pace è costellata di fallimenti proprio perché si basa su una simmetria tra le due parti che in realtà non esiste. Questa assunzione era di nuovo presente nei giorni precedenti l’iniziativa francese: gli israeliani non hanno alcuna ragione per abbandonare un’occupazione a costo zero e i palestinesi non hanno un mezzo efficace per obbligarli a farlo.
Altri lampanti ammanchi sono evidenti. Alla domanda su come il processo di pace potrebbe affrontare la questione di Gaza, le fonti citate prima hanno detto che, per la delegazione francese, “Gaza non è una priorità”. La divisione tra Gaza e Cisgiordania, che in molti modi persiste a causa di politiche internazionali che scoraggiano l’unità, sembra essere accettata e anzi addirittura integrata in ogni struttura della diplomazia. Questo non fa che erodere ulteriormente la capacità palestinese di premere per una soluzione giusta.
Lo spostamento al di fuori del processo di pace americano-centrico è di per sé uno sviluppo positivo, dovuto al record di fallimenti statunitensi nell’agire come mediatori onesti del negoziato. Il supporto dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, l’Olp, per questa iniziativa cresce al di fuori della natura internazionale della conferenza. L’internazionalizzazione non affronta di per sé lo squilibrio di base tra le due parti. A meno che il processo non venga riformato al fine di fare pressioni su Israele perché rispetti il diritto internazionale, e non solo per farlo negoziare, ogni tentativo è destinato a fallire con conseguenze disastrose per i palestinesi che vivono sotto occupazione israeliana e per i palestinesi cittadini israeliani.
Con l’attuale costellazione di potere dentro Israele, la coalizione più a destra della storia israeliana, ogni speranza per la ratificazione di una pace durevole basata sul diritto internazionale è poco più che una fantasia. Ma dopotutto è questo il punto. Il processo di pace continua a servire il suo scopo: è la farsa del processo in sè, invece che del suo risultato, che la Francia sembra rincorrere. La conferenza è poco più di una piattaforma dalla quale espandere la missione diplomatica francese e esportare il suo potere in Medio Oriente. In un periodo in cui gli Stati Uniti sono in ritirata, la Francia vede se stessa come futuro leader della regione. Inoltre, sembra usare la pace intorno a Israele e Palestina come punto di partenza per una più ampia diplomazia da qualche altra parte.
L’illusione del processo di pace è stato esacerbato dal conflitto negli ultimi 20 anni. Gli Accordi di Oslo, emersi dai negoziati bilaterali tra le due parti, non hanno posto fine al conflitto ma al contrario hanno rafforzato il controllo israeliano sui Territori Occupati Palestinese. Da allora una pletora di iniziative non è stata in grado di fermare l’espansione coloniale israeliana, la colonizzazione della terra e delle risorse palestinese e la strisciante giudaizzazione di Gerusalemme.
C’è bisogno di un approccio internazionale diverso verso Israele e Palestina, un approccio che cominci con l’imporre a Israele il costo dell’occupazione per renderla non più conveniente. I negoziati non possono procedere mentre Israele agisce con impunità. Con il fallimento dell’iniziativa di Kerry, anche gli Stati Uniti sembrano aver accettato che un impegno verso il processo di pace nell’attuale forma va rivisto. La Francia dovrebbe allo stesso modo riconsiderarlo. Riattivare tentativi sciupati a Parigi non aiuterà a produrre un risultato diverso.
http://nena-news.it/israelepalestina-ce-qualche-speranza-per-liniziativa-di-pace-francese/
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