31 gennaio 2012
Enrico Piovesana
E’ iniziato ieri pomeriggio nell’aula di Montecitorio l’esame del decreto di rifinanziamento delle missioni militari all’estero per l’anno 2012. Tra queste anche la missione in Afghanistan: una spesa di 780 milioni, più di 2 milioni di euro al giorno.
A ‘riscaldare’ il dibattito, solitamente rituale, sulla missione di guerra in Afghanistan interviene quest’anno la questioni sollevata dal ministro ‘tecnico’ della Difesa, Giampaolo Di Paola: la sua decisione di consentire ai nostri caccia di effettuare bombardamenti.
La volontà del governo di rimuovere d’autorità i ‘caveat’ che finora impedivano ai nostri caccia di usare le bombe, senza passare per l’approvazione del Parlamento, ha creato nervosismo in settori del Partito democratico, nei Radicali del Pd e nell’Italia dei Valori.
Secondo fonti parlamentari di E online sono prevedibili, da parte di queste forze politiche, iniziative formali – mozioni, interrogazioni e ordini del giorno – volte a chiedere conto al governo Monti di questa decisione, sollecitando il rispetto del ruolo del Parlamento e quindi un dibattito in aula.
Nei giorni scorsi il ministro Di Paola, che finora si è limitato a “informare” le commissioni Difesa ed Esteri di una decisione già presa, ha fatto capire chiaramente di non ritenere necessario l’avallo parlamentare a una così significativa modifica delle regole d’ingaggio della nostra aviazione militare in Afghanistan.
“Abbiamo il dovere, oltre che il diritto, di difendere i nostri uomini, i nostri amici afgani e i nostri alleati”, ha dichiarato Di Paola, aggiungendo che “in Parlamento c’è stato un forte sostegno alla necessità di proteggere i nostri militari. Quindi questa decisione è solo una conseguenza logica di questo sostegno”.
Nell’ottobre 2010 l’allora ministro della Difesa Ignazio La Russa riconobbe la necessità di un pronunciamento parlamentare, che poi nemmeno vi fu per l’esplicita opposizione in blocco del Pd (oggi non altrettanto scontata).
In quei giorni, il predecessore di La Russa alla Difesa, Arturo Parisi (Pd) disse che autorizzare bombardamenti aerei italiani in Afghanistan “apre la prospettiva del mutamento della natura della nostra missione, e questo può essere deciso solo dal Parlamento. Partecipare al pari degli altri a quella che gli altri definiscono ‘guerra’ equivale a riconoscere di fare o partecipare ad una guerra”.
“Ma la nostra Costituzione – ricordava Parisi – a differenza di quella di molti nostri alleati, non consente la guerra se non entro limiti estremi e precisissimi. E’ possibile continuare a partecipare a quella che altri definiscono guerra, alla sola condizione di farlo ma non dirlo? Non è una questione tecnica da lasciare sulle spalle dei militari. La domanda apparentemente tecnica che il Ministro della Difesa affida al Parlamento necessita di una risposta politica pienamente consapevole del suo rilievo storico”.
Fare la guerra, in violazione all’articolo 11 della nostra Costituzione, non era questione ‘tecnica’ nel 2010 per le opposizioni a Berlusconi. Lo diventerà oggi che i ‘tecnici’ di Monti sono al governo senza nessuna opposizione?
http://www.eilmensile.it/2012/01/31/italia-fare-la-guerra-non-e-una-questione-tecnica/
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